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“Mangasia: Wonderlands of Asian Comics”, mostra sul fumetto asiatico al Palazzo delle Esposizioni di Roma

October 7, 2017 Leave a comment

MANGASIA- WONDERLANDS OF ASIAN COMICS

7 ottobre 2017 > 21 gennaio 2018

A cura di Paul Gravett
Mostra creata da The Barbican Centre

 

La mostra “Mangasia: Wonderlands of Asian Comics” presenterà la più ampia selezione di opere originali del fumetto asiatico, esposte accanto alle loro controparti commerciali, stampate per il mercato di massa.

Buona parte di esse non è mai stata mostrata fuori dal proprio paese d’origine. La mostra si concentrerà inoltre sul processo creativo che porta alla realizzazione delle storie, partendo dalle sceneggiature e passando per schizzi e layout, fino alle pagine complete.

Curata da Paul Gravett e un team di oltre venti esperti, “Mangasia: Wonderlands of Asian Comics” esplorerà l’intero reame di questo nuovo continente del fumetto asiatico, attraverso opere provenienti da Giappone, Corea del Nord, Corea del Sud, India, Cina, Taiwan, Hong Kong, Indonesia, Malesia, Filippine e Singapore, nonché dalle scene emergenti come quelle di Buthan, Cambogia, Timor Est, Mongolia e Vietnam. Percorsi tematici metteranno a confronto la varietà di folklore, Storia e sperimentazione di tutta la regione. La mostra darà spazio ai precursori dei fumetti riconducibili alla tradizione asiatica delle arti visive “narrative” e al loro impatto che supera i confini della carta stampata per vivere sotto forma di prodotti animati e live-action per cinema e televisione, musica, video game, moda e arte contemporanea.
Paul Gravett è uno scrittore, specialista, editore e curatore TV che lavora nell’industria del fumetto dal 1981. È autore di molti libri sul tema. Ha anche coordinato numerose mostre sull’arte del fumetto, è co-direttore di COMICA, the London International Comics Festival.
Immagine: Du Gu, Zao Dao, 2014, character design for “Le Vent traversant les pins”. Published by Editions Mosquito, 2015

Roma, vulcano alle porte della capitale

January 7, 2017 Leave a comment

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L’area vulcanica a una ventina di chilometri in direzione sud-est dal centro di Roma, conosciuta come Colli Albani, non è estinta. Gli scienziati hanno ricostruito la storia delle eruzioni avvenute in questo distretto vulcanico, insieme a quella delle deformazioni della crosta terrestre che hanno accompagnato nel tempo la sua evoluzione e hanno dimostrato che quest’area non solo è attiva, ma addirittura dà segni di risveglio. La quiete eruttiva dura ormai da 36.000 anni, un intervallo che si avvicina molto al tempo di quiescenza medio calcolato dai ricercatori. Non è però possibile fare previsioni sui tempi in cui potrebbe avvenire una nuova eruzione. Di sicuro ci vorranno secoli, più probabilmente millenni prima, che il magma trovi una via di risalita fino alla superficie.

Fonte: Le Scienze

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“Passione residuale”, personale di Francesca Romana Pinzari presso Interno 14 a Roma

February 23, 2015 Leave a comment

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FRANCESCA ROMANA PINZARI

PASSIONE RESIDUALE

Una mostra a cura di Francesco Paolo Del Re

Roma, Interno 14

24 febbraio – 6 marzo 2015

Il pubblico è chiamato a donare direttamente una piccola porzione di sé, del proprio corpo, in occasione della mostra personale di Francesca Romana Pinzari, intitolata “Passione residuale” e curata da Francesco Paolo Del Re, che inaugura martedì 24 febbraio alle 18.30 presso Interno 14 a Roma (via Carlo Alberto 63), lo spazio dell’AIAC – Associazione Italiana di Architettura e Critica. Non in senso figurato, ma in senso fisico. Infatti all’ingresso di Interno 14 i visitatori sono accolti da una piccola urna e da un paio di forbici, con le quali sono invitati – se lo desiderano – a tagliarsi una ciocca di capelli, da custodire come un reperto in una bustina di plastica trasparente su cui apporre il proprio nome e da raccogliere nell’urna. I capelli offerti dal pubblico diventeranno la materia prima dell’arte di Francesca Romana Pinzari (nata a Perth, in Australia, nel 1976 ma formatasi e operante a Roma – http://www.francescaromanapinzari.com).

La sineddoche del feticcio, la metonimia del residuo, il polittoto della collezione sono alcune delle figure retoriche che articolano il discorso artistico di Francesca Romana Pinzari – scrive il curatore Francesco Paolo Del Re – che da sempre si interroga nel suo lavoro sui meccanismi di costruzione dell’identità individuale e collettiva e sulla responsabilità della memoria, spesso a partire da un dato biografico che si fa strumento per una riflessione universale e valorizzando un punto di vista femminile, un sapere corporeo e un’attitudine passionale e desiderante”.

Il percorso espositivo della mostra conduce il visitatore a soffermarsi su alcuni tra i più significativi esiti della ricerca recente di Francesca Romana Pinzari, attraverso videoinstallazioni, pitture, disegni materici e sculture.

Capelli e crini animali, pazientemente raccolti e intrecciati, sono la materia prima plasmata da Francesca Romana Pinzari per realizzare grandi sculture e opere grafiche (“Chimera”, “Nuda”, “Reliquiae”, “Ibridi”) dedicate alla meraviglia della metamorfosi e alle gabbie culturali dell’identità di genere, che imbrigliano la costruzione e la percezione del sé corporeo. Body art residuale, più che mera figurazione, annota il curatore, Francesco Paolo Del Re. Sempre i capelli si modellano, con la grazia minuta di tratti di inchiostro, in piccoli ex voto (“Hair Pray”) di sapore sensuale e feticistico.

L’articolato progetto multimediale “Love Preservation” colleziona testimonianze di un lavoro performativo sulla memoria dell’amore, attraverso un video e la conservazione di una serie di oggetti quotidiani (telefoni cellulari, bustine di zucchero, fiori secchi, un apribottiglie) che vengono meticolosamente custoditi in teche da entomologo o barattoli pieni d’olio.

I lavori pittorici sui cavalli, di grandi dimensioni oppure minimi e giocati sulla serialità e proiettati in una dimensione installativa, si cimentano con l’irrisolta dicotomia tra identità e differenza, pur partendo da un’ennesima, infinitesimale traccia autobiografica.

Lasciandosi alle spalle un’ambizione filmica, la ricerca ultima di Francesca Romana Pinzari nell’ambito della videoarte deriva con consapevolezza da un lavoro performativo. Così è, per esempio, in “I am not”, video che interpella la globalizzazione dei linguaggi e il valore del simbolo come passaporto delle culture, depositato come traccia liquida sul corpo nudo dell’artista. “L’incapacità (o la non volontà) di appartenere/appartenersi – scrive Francesco Paolo Del Reè esplicitata dall’artista attraverso atti compulsivi di computazione, con il sangue, e subitanea cancellazione di simboli politici, religiosi e di comunicazione. Interrogando, in questo modo, il corpo di fondo che l’immaginario collettivo deposita dentro di noi, per andare oltre il chiacchiericcio banalizzato di una mercificazione spersonalizzante”. Di particolare impatto inoltre la video installazione “Get Closer”, già presentata da Sponge Arte Contemporanea e al Festival di Pesaro e realizzata presso Interno 14 grazie alla sponsorizzazione tecnica di Grilli Grandi Arredamenti, storico negozio di Piazza Vittorio. Il corpo etereo che si adagia tra le lenzuola sembra brillare di luce propria nella penombra amiccante della stanza. Proiettata su un grande letto, l’immagine dell’artista, supina e abbigliata soltanto con una sottoveste, invita direttamente lo spettatore a penetrare la sua dimensione più intima, adagiandovisi accanto, in un cortocircuito tra reale e virtuale.

‘Passione residuale’ – conclude il curatore – è una mostra che non si chiude in se stessa, ma si immagina come un punto di partenza per ulteriori evoluzioni, che fanno tesoro proprio del dono di quanti, fra i visitatori, avranno deciso di offrire anche un solo capello della propria chioma. Compresa nella contraddizione tra la parsimonia della formica che fa provvista di semi e briciole per l’inverno e il sontuoso spreco della cicala che si esprime in toto nel canto che magnifica la fuggevolezza del momento presente, della consunzione imperante, la materia viva del lavoro di Francesca Romana Pinzari si dilata, nella meraviglia del dono, fino a diventare un invito, una promessa, una dichiarazione d’amore rivolta a ogni possibile altro. E la sua arte trova corpo nel feticcio di una possibilità di relazione, che abita lo spazio infinito della fruizione, della metabolizzazione e dell’abbandono”.

“La coscienza espansa”, bipersonale d’arte contemporanea presso Orizzonte contemporaneO a Roma

October 2, 2014 Leave a comment

La coscienza espansa-w900-h900

Cos’hanno in comune l’arte e l’acqua, se non di essere una condizione primordiale?

L’immagine è la prima concezione per una struttura del linguaggio e della comunicazione, ben prima dell’invenzione della parola; allo stesso modo, l’acqua è luogo e principio della vita, è unità del mondo. Non per niente, noi stessi siamo esseri “acquatici” quando cresciamo nell’utero materno. Per un semplice caso – e forse per questo, ancor più significativo e rivelatore -, lo scultore Filippo Canesi e l’installatrice Barbara Matera, si trovano a trattare il tema dell’acqua tramite i loro distintivi codici artistici: per loro mezzo l’arte riassume il suo ruolo semioforo e di plasmatore di coscienze, capace d’intervenire come spunto di riflessione interiore e specchio dell’interiorità, nel caso di Canesi e, quale glossatore del vivere odierno, come monito di una maggiore attenzione verso ciò che ci circonda e che ci è indispensabile per la vita, nel caso di Matera.

La mostra dialogica La coscienza espansa, pone in essere i due caratteri degli artisti proposti, l’uno, Canesi, con una weltanschauung riflessiva; l’altra, Matera, con una poetica, si potrebbe dire da “attivista”, ma senza eccedere mai nella provocazione fine a se stessa e nel caos. Piuttosto, i due artisti, invitano lo spettatore, più o meno tacitamente e senza forzature, a concepire la propria coscienza come un sistema adattabile ed espandibile – esattamente come si comporta l’acqua -, che trova la sua dimensione più propria nell’intima spiritualità dell’essere o nella spinta verso l’interrogarsi e l’intervenire sul mondo. Così ci dimostrano, che l’arte può e deve essere uno strumento di denuncia, sia a livello interiore che sociale.

Come il corpo massimamente adattabile, quale è l’acqua, così la materia scultorea di Canesi diviene straordinariamente leggiadra e fluida sotto il suo tocco creativo. La sua arte ha in prima istanza un impatto più compassato sul sociale, nondimeno, è in grado di lavorare lentamente nel profondo, come l’acqua è capace di modellare la natura – con sistemi macro e microscopici ben più solidi e cristallini di lei -, grazie alla mistica e lirica ieraticità che contraddistingue ogni scultura di Canesi: un’acqua resa idea forgia, trasmuta, altera la materia plastica, come fosse capace d’intervenire sull’entropia di marmo e legno. Le installazioni di Matera si palesano in discorso attivo e partecipativo nel collettivo, dove l’arte trova la sua dimensione etica, nonché simbolica – ogni elemento delle sue installazioni veste una simbologia-, e non a caso utilizza materiali naturali (lana, cotone, legno…), nel momento in cui essi assumono la funzione perspicua di monito nei confronti della scellerata distruzione dell’ecosistema.

L’esposizione è al contempo, un’occasione di dialogo tra i codici intrinseci dell’arte – ancora oggi iniquamente etichettati come antitetici -, intesa in senso tradizionale ed etimologico di technē, propria dell’abilità e sapienza tecnico-manuale di Canesi, contro la cosiddetta morte dell’arte di cui Matera ne è esponente. Al contempo e curiosamente, i due discorsi portanti dell’arte contemporanea, con i nostri due autori, finiscono per interpolarsi, poiché le forme adottate da Canesi, così astratte e denotate, sono stilemi propri della contemporaneità, mentre, l’esecuzione pratica e artigianale delle installazioni di Matera, presuppongono una conoscenza realizzativa non solo tecnica, ma che è traccia di una lunga tradizione artigianale della lavorazione dei tessuti, di cui l’Italia è sempre stata testa di serie.

Le opere esposte nella restaurata sede della Casa della Cultura, a Villa De Sanctis, concepita come nuovo spazio aperto alle forme espressive culturali e intesa come una diramazione della cultura in tutti i luoghi della capitale, si faranno voce di un attuale sentore di rivalsa della coscienza e dell’arte, verso un tacito e distruttivo consenso durato troppo a lungo.

Genere: bipersonale d’arte contemporanea

Luogo: Casa della Cultura, via dei Gordiani 5, Roma

Periodo: 2- 12 ottobre 2014

Artisti partecipanti: Filippo Canesi, Barbara Matera

Patrocini: Regione Lazio

Roma Capitale

Curatore: Marina Ciangoli

Organizzazione: Orizzonte contemporaneO

“The Seductive Destruction”, personale di Claudio Orlandi presso Cascina Farsetti – Villa Doria Pamphilj di Roma

June 12, 2014 Leave a comment

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“The Seductive Destruction”
The Ultimate Landscapes from the Last World
Claudio Orlandi
Personale di Fotografia di:
Claudio Orlandi
LocationCascina Farsetti – Villa Doria Pamphilj
Via Leone XIII 75 – Roma
Tel: 06.9360201 – 392.3327575
Opening: Venerdì 13 Giugno 2014 – Ore 18.30
Orari: tutti i giorni feriali e Domenica dalle 09.30 alle 13.00. Sabato chiuso o telefonare per appuntamento.
Angelo Andriuolo – ARS IMAGO DEI
Carlo Gallerati – GALLERIA GALLERATI
Cristina Di Battista & Nausica Matarazzo – ART G.A.P.

“Alessandro Guzzi”, personale presso l’Universale di Roma

May 22, 2014 Leave a comment

Alessandro Guzzi

Il giorno 23 Maggio alle ore 18:00 all’UNIVERSALE, LIBRERIA-GALLERIA DELLE ARTI, Via F. Caracciolo 12 a Roma (adiacenze Piazzale degli Eroi) sarà inaugurata la mostra di ALESSANDRO GUZZI. La mostra sarà visitabile dal 23 Maggio al 23 Giugno 2014, tutti i giorni (esclusi festivi) dalle h 17 alle 20.
L’artista romano espone opere recenti che rafforzano la sua chiave di lettura: una figurazione che da visione di un mondo di bellezza, parallelo alla crisi profonda del mondo attuale. Scrive Vincenzo Centorame nel testo di presentazione della mostra :
«La poetica di Alessandro Guzzi è interamente al di fuori dei canoni artistici prevalenti nel nostro tempo. Eppure egli appartiene del tutto al confronto delle idee di questa nostra epoca incerta, contraddittoria e, per molti versi, confusa nelle prospettive e nei valori di riferimento.
Pittore d’immagine, di segno e disegno, da molti anni si dedica, in maniera approfondita e molto personale, alla esplorazione della figura femminile. Si tratta di donne al di fuori dei contesti abituali di tempo e di spazio. In qualche modo proiettate in una dimensione metafisica in virtù di una concezione della figurazione che rende molto riconoscibili e, per alcuni aspetti, inconfondibili, i suoi lavori.»
L’Universale è uno spazio diretto da Maurizio Messina che propone da alcuni anni conferenze, dibattiti, presentazioni di libri, concerti, mostre.
In galleria sarà a disposizione dei visitatori un esauriente catalogo con testi di Vincenzo Centorame, Sandro Giovannini, Roberto Guerra, Marco Guzzi, Maurizio Messina e Don Mauro Tranquillo (FSSPX). In appendice al catalogo due interviste all’artista a cura di Roberto Guerra e le note biografiche.

 

“Alma-Tadema e i pittori dell’800 inglese”, collezione Pérez Simòn presso Chiostro del Bramante di Roma

February 26, 2014 Leave a comment

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ALMA-TADEMA E I PITTORI DELL’800 INGLESE. COLLEZIONE PEREZ SIMON
dal 16/02/2014 al 6/06/2014
Non è un caso e non è da poco se Oscar Wilde abbia raggiunto fama e popolarità tenendo nella Londra vittoriana e bigotta conferenze sull’Aesthetic Movement. Più i nobili si rinchiudevano nei loro manieri tappezzati dai Canaletto, più i borghesi, nuovi ricchi e in linea con quel che stava diventando la Gran Bretagna – prima potenza mondiale – apprezzavano i lavori di sir Alma Tadema, Edward Burne-Jones, John William Godward, Arthur Hughes, Albert Moore e compagni, più compravano i loro quadri, arredavano le loro case secondo i dettami del nuovo gusto; cercavano insomma una loro strada e un’identità che desse aria e vita alla polvere puritana dell’Inghilterra della regina Vittoria.
Il tempo si sarebbe dimostrato tiranno perché l’arte e il mondo avrebbero cancellato, rimosso, stracciato i quadri di questo gruppo di artisti per salvarne giusto le cornici. Ma il tempo è anche galantuomo e da dimenticati, disprezzati e denigrati, hanno riconquistato estimatori e fan. Tra questi il mecenate messicano Juan Antonio Pérez Simòn, ma anche sir Andrew Llloyd Webber, il celeberrimo compositore di musical.
Della collezione di Pérez Simòn fanno parte le 50 magnifiche opere che si potranno ammirare nelle sale del Chiostro del Bramante per un’esposizione che, reduce dal successo parigino, approda in Italia per volare poi a Madrid: ALMA-TADEMA E I PITTORI DELL’800 INGLESE. COLLEZIONE PÉREZ SIMÒN a cura di Véronique Gerard-Powell.
Dal 16 febbraio fino al 5 giugno 2014 il visitatore potrà riapprezzare o conoscere il mondo creato dai padri dell’Aesthetic Movement, accomunati da tendenze simili, ma ognuno con la sua personalità, i suoi temi prediletti, il suo personalissimo stile: da Millais e Rossetti, i padri preraffaelliti, insieme al poco più giovane Burnes Jones, fino al genio di sir Alma Tadema e le sue tele dedicate al mondo della Grecia e della Roma Imperiale, che hanno ispirato i film mitologici fino agli anni Settanta; ma anche i lavori di sir Frederic Leighton, accademia pura nel miglior senso del termine, mitologia e introspezione profonda come nella magnifica “Antigone”, che ipnotizzerà il visitatore; ma anche John William Waterhouse, capace di unire lo stile preraffaellita con l’impressionismo, il pittore di “La sfera di cristallo”, delle leggende celtiche e delle fiabe inglesi, dipinti di un simbolismo incantatore.
Sono tele, quelle in mostra, che ruotano intorno alla mitologia (come la bellissima “Crenaia, la ninfa del torrente Dargle” di Leighton), al Medioevo e ai drammi shakespeariani, ma anche a scene di apparente quotidianità che si trasformano in quadri di enigmatica bellezza come “Una nube passa” di Arthur Hughes fino all’apoteosi della storia antica che diviene leggenda, come nel capolavoro di Alma Tadema “Le rose di Eliogabalo”, una tela colossale esposta alla Royal Academy nel 1888 e ispirata sia dalla Historia Augusta, sia soprattutto al romanziere Huysman, autore di À rebours, destinato a sconvolgere una generazione di scrittori tra cui Oscar Wilde, Gabriele D’Annunzio e Marcel Proust. In essa si vede il crudele imperatore romano di origine siriana che schiaccia gli ospiti sotto una cascata di rose. Decadente e al tempo stesso precisissima: la sala dei banchetti è ispirata a una descrizione di Gibbon, il Bacco sullo sfondo è quello dei Musei Vaticani, le rose dipinte con certosina perizia e pazienza.
In ogni quadro di ogni artista al centro c’è sempre la donna: muse o modelle, femmes fatales, eroine d’amore, streghe, incantatrici, principesse; l’essere angelicato che può diventare demonio, la salvezza che può diventare tentazione. Perché la donna è soggetto principale dell’Aesthetic Movement. Nelle opere di questi artisti il corpo femminile non è più prigioniero come nella vita quotidiana, bensì denudato, e simboleggia una forma di voluttà. Le donne sono tutte eroine dell’Antichità e del Medio Evo; natura lussureggiante e palazzi sontuosi fanno da sfondo a queste figure sublimi, lascive, sensuali.
Un contesto non immaginato né studiato sui classici perché i pittori viaggiano in Italia, in Grecia e in Oriente e si impegnano a restituire con precisione l’architettura dei templi egiziani, dei paesaggi greci e dei bassorilievi persiani, per farne la cornice di episodi storici celebri in un ambiente di vita quotidiana reinventato. Spesso i loro viaggi erano finanziati dai mecenati, come nel caso dell’ingegnere e deputato tory John Aird che comprò “Le rose di Eliogabalo” ad Alma Tadema e ne fu così soddisfatto da invitarlo con lui in un viaggio in Egitto.
Mecenati che erano appunto i nuovi ricchi delle manifatture e dei porti, solidi borghesi di Liverpool, Manchester e Birmingham, golosi di scene da antichità classica minuziosamente ricostruita con visite e visite al British Museum, di nudi femminili solo ufficialmente casti e quindi accettabili per il puritanesimo vittoriano, ma che tali non sono, se solo si pensa alla citata “Crenaia” di Leighton che nulla ha da invidiare alla “Giuditta” di Klimt.
Le sorti del destino però erano mutevoli e questi pittori conobbero il disprezzo. Come scrive la curatrice Véronique Gerard-Powell: Pochi periodi hanno altrettanto sofferto dei diktat del gusto. Di questi diktat chi ha fiuto e non si fa travolgere dal gusto imperante, riesce anche a trarre profitto. E’ il caso del mecenate messicano Pérez Simòn, industriale colpito da ‘insana’ passione per l’arte che decide, circa 25 anni fa, di investire immense risorse economiche per l’acquisto di dipinti fino ad avere una delle raccolte private più importanti dell’America Latina. Va sul sicuro con i Rubens e i Bronzino ma segue anche il cuore acquistando opere che ancora non erano state riportate agli onori della critica come quelle appunto dei pittori dell’Aesthetic Movement. La sua passione è l’amore per la bellezza, oltre che la pittura raffinata. E chi meglio di questi artisti riesce a unire in un connubio così pregevole queste due passioni?
La mostra è un progetto di Culturespaces realizzato con il patrocinio di Roma Capitale, in collaborazione con Musee Jacquemart-Andre, Chiostro del Bramante, Museo Thyssen Boernemisza, e con il supporto della Fondazione Japs, prodotta e organizzata da Dart – Chiostro del Bramante e Arthemisia Group. Dopo la tappa romana l’esposizione sarà, a partire dal 23 giugno fino al 5 ottobre 2014, presso il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid.

“Sante Muro. Viaggio nella Città”, personale dell’artista presso la Caffetteria del Chiostro del Bramante a Roma

February 26, 2014 Leave a comment

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Caffetteria del Chiostro del Bramante | Sante Muro. Viaggio nella Città
dal 11/02/2014 al 11/03/2014
Si inaugura martedì 11 febbraio alle ore 17.00 presso la Caffetteria del Chiostro del Bramante, la mostra personale di Sante Muro a cura di Antonietta Campilongo. Viaggio nella Città è il titolo della rassegna. L’esposizione sarà visibile fino all’11 marzo 2014.
La mostra allestita negli spazi della caffetteria del Chiostro del Bramante a Roma, propone attraverso le opere dell’artista Sante Muro, il tema del viaggio. L’artista presenta attraverso i suoi più recenti lavori pittorici, una mappa emozionale delle città vissute, condivise o semplicemente attraversate. Il viaggio spiega l’artista è stato preziosa fonte d’ispirazione, generando un percorso per immagini, che ricostruisce le tappe più significative.
Le opere di Sante Muro non forniscono vedute complete della metropoli; rappresentano il ricordo di un viaggio, nel tempo e nello spazio, alla ricerca del significato perduto, mostrano la necessità di ristabilire una relazione. Una coniugazione di sensibilità poetica e di razionalità, su cui s’innesta il ciclo delle sollecitazioni personali e dei luoghi contemplati. Un sistema dai confini labili che si misura sul valore del limite, inteso come margine ma anche come punto di fusione e integrazione fra le parti.
Una ricerca dei luoghi attraverso l’elemento cromatico e il tratto al di là dell’immagine stessa rappresentata, non dipinge un luogo simbolo ma una percezione, una memoria, una visione collegata a quel luogo, un ritratto sul quale riflettersi.

“Le città”, personale di Alberto Garbati presso la Galleria Cândido Portinari a Roma

January 20, 2014 Leave a comment

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AMBASCIATA DEL BRASILE
presenta
LE CITTÀ
mostra di
Alberto Garbati
a cura di Hamilton Moura Filho Desivel
Galleria Cândido Portinari | Palazzo Pamphilj
Piazza Navona 10 | Roma
MOSTRA
dal 14 febbraio al 7 marzo 2014
dal lunedì al venerdì ore 11 > 17
apertura straordinaria sabato 15 e domenica 16 febbraio ore 11 > 19
INGRESSO LIBERO
Info: eventos.roma@itamaraty.gov.br | 06.68398.456
La pittura di Alberto Garbati ha lo straordinario pregio di indurci a molteplici percorsi, geografici storici ed interiori. Il vero dono di un artista è di interpretare il quotidiano trasfigurandolo sulla base della sua esperienza di vita e sensibilità, fissandolo su tela, marmo, carta, regalandoci emozioni e diletto estetico. Ma se l’artista è anche architetto, l’osservazione delle sue opere può stimolare in noi ulteriori riflessioni. La mostra Le Città narra di un viaggio, fisico e metafisico allo stesso tempo, attraverso l’architettura di città internazionali e brasiliane. La sensazione è quella di essere trasportati negli scenari di una Gotham City di fumettistica memoria, in una reinterpretazione particolare ed onirica di città dove il vero protagonista non è l’uomo – sempre assente – bensì il cemento, il mattone, il vetro, l’acciaio. Attraverso una selezione di circa 20 opere, Le Città si propone quale visione globale e contemporanea di urbanità, un viaggio dello sguardo e dell’immaginazione capace di dialogare arrivando al Brasile attraverso il mondo e di ritornare al mondo con la conoscenza dell’evoluzione architettonica brasiliana.
Alberto Garbati traduce nelle sue tele gli insediamenti umani nelle aree urbane. Guardando i suoi quadri vengono in mente i “film noir” delle metropoli del mondo, un set naturale per questo genere. Con una tecnica personale e particolare inserisce grattacieli, case e strade dove tutto è cemento e vetro e tutti gli elementi si intersecano tra loro. Sono città deserte, ma qualche particolare di vita quotidiana o i cartelloni pubblicitari ricordano che c’è comunque la presenza umana. Sembra quasi che la città si prepari ad un temporale o che sia appena passato. Le Città di Alberto Garbati è un viaggio dove si esprimono solitudine e bellezza.
L’Autore
Dopo il Liceo Artistico e gli studi di Architettura al Politecnico di Milano, a partire dagli anni ’80 e ’90 Alberto Garbati si è dedicato alla regia delle più importanti sfilate di moda in Italia e all’estero (quando la moda era spettacolo) e alla progettazione di eventi. Il rapporto con personaggi del calibro di Versace, Moschino, Valentino, Cavalli, Gattinoni, Laura Biagiotti, Vivienne Westwood e tanti altri ha influenzato la sua creatività, unendo l’architettura alla moda e all’arte e stimolando la ricerca di tecniche innovative. Ha curato la regia di Donna sotto le stelle a Roma, con RAI e Mediaset. Per un lungo periodo ha diretto le sfilate di “Pitti filati” e di “Alta Roma”, nonchè diverse scenografie per convention quali Mercedes Benz, Ford, Black & White a San Paolo e Camel. Attualmente si dedica al lavoro di architettura e alla creazione pittorica.

“Visioni apocrife”, personale di Giacomo Costa presso spazio smArt di Roma

October 12, 2013 Leave a comment

GIACOMO COSTA Roma
E’ con Giacomo Costa, artista interdisciplinare, multimediale e transnazionale, che smART – polo per l’arte sceglie di inaugurare i propri spazi espositivi.
In mostra nove grandi opere, paesaggi urbani e naturali, che l’artista crea utilizzando frammenti di immagini che prendono forma d’istallazioni inquietanti al confine tra fotografia, architettura e science fiction, opere capaci di sfidare le leggi della fisica e la forza di gravità e che incorporano effetti speciali tipici della tecnica cinematografica.
Le sue immagini, apparentemente iperrealistiche, sono visionarie e in continuo divenire. Vengono abilmente e quasi magicamente manipolate, smantellate e rimontate in un caleidoscopio inesauribile di possibilità, al limite tra figurazione e visione onirica.
Accanto alle nove opere, vengono presentati per la prima volta alcuni autoritratti ironici, in cui l’artista indossa parrucche, costumi e materiali scenici, interpretando così una serie di personaggi in una poliedrica gamma di angolazioni e interpretazioni. Questo inedito aspetto ludico stempera in modo rassicurante anche la più cupa visione del mondo ed evidenzia come Costa esplori la fotografia non solo per documentare e premonire, ma anche per definire la propria molteplice identità.
Visioni apocrife è il titolo della personale di Giacomo Costa a cura di Francesca Valente con cui smART, il nuovo centro culturale multifunzionale di Roma, affianca all’attività didattica e culturale un percorso espositivo, che fino al 28 novembre vedrà una serie inedita di ironici autoritratti dell’artista che si contrappone a nove enigmatici quanto inquietanti paesaggi urbani e naturali, al confine tra fotografia, architettura e science fiction.
“In questi lavori Giacomo Costa coniuga l’assoluta padronanza delle nuove tecnologie con il grande patrimonio della tradizione artistica italiana; rappresenta in modo emblematico il superamento dalla fotografia tradizionale in immagini visionarie e ipertecnologiche che incorporano effetti speciali che rimandano alla tecnica cinematografica, passando da Piranesi, per arrivare a una tecnica di pittura digitale del tutto personale e originale” dichiara Francesca Valente.
GIACOMO COSTA
Visioni Apocrife
15 ottobre 2013 – 28 novembre 2013
Opening: martedì 15 ottobre 2013 | ore 18.30
Piazza Crati, 6/7 Roma
orario: dal martedì al sabato, 11.00 – 13.00 / 15.00 – 19.00
opening: martedì 15 ottobre 2013   (18:30)