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Franco Gatti, muore uno dei quattro componenti del gruppo musicale Ricchi e Poveri

Il gruppo: “Con Franco va via un pezzo della nostra vita”. Amadeus: “Mi piace ricordarlo sul palco dell’Ariston. Rividi la gioia nei suoi occhi”
Lutto nel mondo della musica: è morto all’ospedale San Martino di Genova Franco Gatti dei Ricchi e Poveri.
Lo hanno annunciato all’ANSA i Ricchi e Poveri insieme alla famiglia: “È andato via un pezzo della nostra vita. Ciao Franco”. Franco lascia la moglie e una figlia. I funerali si terranno giovedì alle 11.30 nella chiesa di San Siro nel quartiere Nervi di Genova.
Era uno dei quattro componenti del gruppo musicale Ricchi e poveri, nato nel 1967 e ribattezzato così da Franco Califano perchè, diceva, erano “ricchi di idee, ma poveri di soldi”. Nati come un quartetto polifonico, formato da due voci maschili, ‘il baffo’ Franco Gatti e ‘il biondo’ Angelo Sotgiu, e due voci femminili, ‘la brunetta’ Angela Brambati e ‘la bionda’ Marina Occhiena, i Ricchi e Poveri persero la stessa Occhiena, che lasciò il gruppo nel 1981, e continuarono il viaggio come trio.
Dopo una carriera costellata da grandi successi internazionali come Sarà perchè ti amo, Che sarà, Se m’innamoro, La prima cosa bella, Mamma Maria e Voulez vous danser, nel 2016 fu Franco Gatti a lasciare i Ricchi e Poveri per dedicarsi di più alla sua famiglia, dopo aver perso tragicamente il figlio. “Una semplice scelta di vita”, disse, augurando ai suoi compagni ancora tanti successi. Un anno dopo il suo abbandono, Angela e Angelo decisero di tentare l’avventura in duo. La grande reunion, sul palco di Sanremo, con il rientro trionfale di Franco e di Marina fu un colpo messo a segno dal manager Danilo Mancuso e consacrato sul palco del teatro Ariston da Amadeus, nel 2020, in occasione dei 50 anni del brano ‘La prima cosa bella’ e della prima partecipazione al Festival del 1970: una carrellata di hit e una divertente gag con Fiorello, un picco di ascolti di quel primo festival di Sanremo targato Amadeus. Per Franco tornare a cantare all’Ariston fu una sorta di risarcimento artistico e morale visto che proprio a Sanremo, pochi anni prima, nel 2013, era stato raggiunto dalla tragica notizia della morte improvvisa del figlio Alessio, a soli 23 anni, trovato senza vita nella sua abitazione di Nervi, a Genova. In quella circostanza Franco era stato costretto ad abbandonare Sanremo dove avrebbe dovuto esibirsi con i Ricchi e Poveri e ritirare un premio alla carriera.
Fonte: Ansa
Angela Lansbury, muore la “signora in giallo” della TV

L’attrice inglese è morta nella sua casa di Los Angeles. Aveva 96 anni. Nella sua carriera ha vinto cinque Tony Award per gli spettacoli a Broadway e ha avuto dodici nomination agli Emmy per il personaggio di Jessica Fletcher
Angela Lansbury, l’attrice inglese conosciuta per la serie tv La signora in giallo ma sulle scene di Hollywood fin dalla giovinezza, e poi star dei musical a Broadway, è morta nella sua casa di Los Angeles a 96 anni. La sua morte è stata annunciata in una dichiarazione dalla sua famiglia: “I figli di Angela Lansbury sono tristi nell’annunciare che la loro madre è morta nel sonno nella sua casa a Los Angeles, a soli cinque giorni dal suo 97esimo compleanno”, si legge in un comunicato della famiglia.
Nella sua carriera Angela Lansbury ha vinto cinque Tony Award per le performance da protagonista sui palcoscenici di New York, da Mame nel 1966 a Blithe Spirit nel 2009, interpretato quando aveva 83 anni, a testimonianza anche della sua straordinaria resistenza.
Nata a Londra il 16 ottobre del 1925, era figlia dell’attrice irlandese Moyna MacGill e di Edgar Lansbury, un commerciante di legname e politico, figlio di un leader del Partito Laburista, George Lansbury. A 14 anni, allo scoppio della guerra, Angela Lansbury lasciò l’Inghilterra per gli Stati Uniti.
Debutto a Hollywood
Aveva solo 18 anni quando, dopo aver ottenuto un diploma alla Feagin School of Dramatic Art di New York, ottenne il suo primo ruolo cinematografico, la temibile domestica che tormenta Ingrid Bergman nel thriller Angoscia diretto da George Cukor nel 1944, un debutto precoce che la portò a un contratto con la Mgm e a una nomination agli Oscar come migliore attrice non protagonista. Ricevette una seconda nomination nel 1946, per la sua performance in Il ritratto di Dorian Gray diretta da Albert Lewin. Un inizio vertiginoso ma, come dichiarò in un’intervista al New York Times nel 2009, non si sentiva “a suo agio nel salire quella scala: non ero tagliata per le tipiche foto da pin-up, insomma per quel genere di cose”.
Negli anni la Mgm la sceglierà regolarmente per i ruoli di donna anziana o cattiva. Degli 11 film cui ha partecipato dopo Dorian Gray, forse il suo ruolo più notevole è stato in Lo stato dell’Unione diretto nel 1948 da Frank Capra, al fianco di Katharine Hepburn e Spencer Tracy, in cui interpretava Kay Thorndyke, una cinica e spietata magnate dei giornali che cerca di far eleggere presidente il suo amante fedifrago.
Sempre ruoli da cattiva: nel 1961 sarà la madre possessiva di Elvis Presley in Blue Hawaii e l’anno successivo l’inquietante madre di Laurence Harvey in Va’ e uccidi, con la regia di John Frankenheimer, un ruolo che le valse una terza nomination agli Oscar come attrice non protagonista: aveva solo tre anni più di Harvey, ma era del tutto convincente quando pronunciava la battuta: “Devi sparare in testa alla candidata alla presidenza”. Ha quindi interpretato una donna che uccide il marito in Mi dovrai uccidere!, e una madre prepotente in Come sposare una figlia di Vincente Minnelli.
A Broadway
Fece il suo debutto a Broadway nel 1957 in Hotel Paradiso che ricevette buone recensioni che la convinsero a impegnarsi di più a teatro e nel 1960 interpretò una madre single alcolizzata di un’adolescente incinta in A Taste of Honey. Nel 1964 venne scelta per interpretare un sindaco corrotto nel musical di Arthur Laurents e Stephen Sondheim Anyone Can Whistle in cui, nonostante il flop di pubblico, dimostrò di poter cantare con una buona voce da soprano. Ma è con Mame, l’adattamento musicale di Jerry Herman del romanzo di Patrick Dennis Zia Mame, che la rese una vera star. Lo spettacolo aprì a New York il 24 maggio 1966 e una recensione sul Times parlò di lei, dopo anni di ruoli non centrati a Hollywood, come “un bruco felice che si trasforma in una splendida farfalla”. Fu quello il primo Tony come miglior attrice, doppiato nel 1969 per il ruolo della contessa 75enne Aurelia in Dear World, un adattamento musicale della commedia di Jean Giraudoux, La Folle de Chaillot del 1943.
A sorpresa il successo in tv
Ma nonostante tutto il suo successo a teatro, Angela Lansbury avrebbe catturato il pubblico più numeroso della sua carriera con la tv nel 1984, quando venne scelta per il ruolo della scrittrice di gialli Jessica Fletcher nella serie Cbs Murder, She Wrote, nota in Italia con il titolo di La signora in giallo, che le è valsa 12 nomination consecutive agli Emmy ma mai una vittoria.
E sebbene non abbia mai vinto un Oscar o un Emmy, ha ricevuto un premio onorario dall’Academy of Motion Picture Arts and Sciences nel 2013 per aver creato “alcuni dei personaggi più memorabili del cinema” e per essere stata “una fonte di ispirazione per generazioni di attori”. Un anno dopo fu nominata dama dalla regina Elisabetta II.
Novantadue anni. Angela Lansbury, La signora in giallo, festeggia il suo compleanno senza proclami, con lo stile riservato che da sempre la contraddistingue, lontano dagli atteggiamenti da diva. Indimenticata interprete di un film per ragazzi come Pomi d’ottone e manici di scopa, premio Oscar alla carriera nel 2014, 5 Tony Award, 6 Golden Globe, Angela Lansbury è una delle attrici più amate del pianeta e un anno fa ha smentito la voce secondo la quale avrebbe partecipato alla serie Game of Thrones. “Voglio interpretare donne reali”, ha spiegato in un’intervista, “non stereotipi. Donne che sappiano ciò che dicono, siano attive e partecipino alla società in modo consapevole e al cento per cento. Intelligenti, brillanti anche se incidentalmente hanno compiuto 80 o 90 anni. Il fatto è che nessuno scrive ruoli così, c’è un pregiudizio nei confronti degli anziani che invece spesso, nei loro ambiti, sanno fare la differenza”.
Fonte: La Repubblica
Elizabeth Alexandra Mary di Windsor, muore Sua Altezza Reale la grande Regina Elisabetta II del Regno Unito

La regina Elisabetta II del Regno Unito è morta giovedì pomeriggio a 96 anni, «serenamente». Lo ha annunciato Buckingham Palace, dopo che stamattina si erano diffuse le prime notizie su un aggravamento delle sue condizioni di salute, che erano state seguite da estese apprensioni. Elisabetta II, che era regina da 70 anni, era nella sua residenza estiva del Castello di Balmoral, in Scozia, ed era stata raggiunta nelle ultime ore dalla famiglia reale. Carlo, primo nella linea di successione, è ora re e assumerà il nome di Carlo III.
I dettagli sui funerali e sull’incoronazione di Carlo non sono ancora stati diffusi, e non ci sono precedenti recenti su cui basarsi, ma il Regno Unito si preparava da tempo a questo evento, per il quale aveva predisposto un complesso e minuzioso protocollo: la cosiddetta “Operazione London Bridge”.
Carlo ha diffuso un comunicato:
«La morte della mia amata madre, sua maestà la regina, è un momento di grande tristezza per me e i membri della mia famiglia. Piangiamo profondamente la dipartita di una sovrana adorata e di una madre molto amata. So che la sua perdita sarà molto sentita nel paese, nel regno e nel Commonwealth, e da tantissime persone nel mondo. In questo periodo di lutto e di cambiamento, la mia famiglia ed io saremo rincuorati e sostenuti dalla consapevolezza del rispetto e del profondo affetto di cui godeva la regina»
La prima ministra Liz Truss ha fatto un discorso di omaggio alla regina, descrivendola come «la roccia su cui è stata costruita la Gran Bretagna moderna», la cui morte è un «enorme shock» per il Paese e il mondo.
Diventata regina nel 1952, Elisabetta II è stata la sovrana più longeva del Regno Unito: aveva fatto in tempo a vedere come primo ministro Winston Churchill, e soltanto martedì aveva incontrato Truss dopo la sua recentissima nomina. In mezzo, di primi ministri ce ne sono stati quattordici. Elisabetta II era probabilmente il capo di stato più riconoscibile al mondo, e la maggior parte delle persone che vive nel Regno Unito e nei paesi del Commonwealth non ha mai conosciuto un tempo in cui non era a capo della monarchia.
Per ore, nel pomeriggio, nel Regno Unito e all’estero si era estesa l’apprensione ed erano arrivati messaggi di vicinanza. Annunci come quello arrivato giovedì erano piuttosto rari, perché intorno alla salute della regina veniva mantenuto solitamente un gran riserbo; l’arrivo di tutti i famigliari più stretti di Elisabetta II aveva poi confermato la gravità della situazione. I conduttori della BBC, che aveva trasmesso una copertura speciale, si erano vestiti di nero, come prevede il protocollo in caso di morte della regina.
La regina era nata col nome di Elizabeth Alexandra Mary della casa reale di Windsor il 21 aprile del 1926 a Londra. Suo padre era diventato re del Regno Unito con il nome Giorgio VI dieci anni dopo: gli era succeduta alla sua morte, venendo incoronata il 6 febbraio del 1952, pochi anni dopo essersi sposata con Philip Mountbatten, poi principe Filippo, morto l’anno scorso. Carlo, il loro primogenito ed erede al trono, era nato nel 1948.
Durante il suo lungo regno ebbe a che fare con gli avvenimenti più importanti del Novecento, vide passare sedici primi ministri e nonostante diverse crisi si guadagnò una grande popolarità nel Regno Unito e all’estero, alimentata di recente dal fatto che, ultranovantenne, continuò a presenziare alle cerimonie e agli eventi più importanti, pur riducendo le apparizioni in pubblico, specialmente dopo la pandemia. Pochi mesi fa aveva festeggiato il cosiddetto Platinum Jubilee (il giubileo di platino), ovvero i 70 anni di regno.
In un messaggio di cordoglio pubblicato sul sito della presidenza del Consiglio dei ministri italiana, Mario Draghi ha definito Elisabetta II «protagonista assoluta della storia mondiale degli ultimi settant’anni» e una sovrana che «ha raccolto rispetto, affetto, simpatia ovunque nel mondo». Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha inviato al nuovo re del Regno Unito «le più sentite condoglianze della Repubblica Italiana e mie personali» e ha detto che di Elisabetta verranno ricordate «l’autorevole saggezza e l’altissimo senso di responsabilità, espresso soprattutto nella generosità di spirito con la quale la Sovrana ha consacrato la sua lunga vita al servizio dei cittadini britannici e della più ampia famiglia del Commonwealth».
Fonte: Il Post
Darya Dugina, morte inutile di una giovane politica russa

Sono profondamente rattristato per la morte violenta di questa giovane donna russa, barbaramente uccisa solo per perseguire le sue ideologie. I responsabili dell’attentato dovrebbero essere condannati secondo la pena giudiziaria più severa che vige nel paese, tenendo conto dell’aggravante della situazione conflittuale tra le due nazioni. La sua morte non ha certo aiutato i suoi mandanti ad ottenere vantaggi strategici o diplomatici. Tutt’altro è l’intento! La sua morte è solo un aspetto deteriorante di una strategia strampalata e grottesca. R.I.P. Darya Dugina!
Marius Creati
Piero Angela, muore il giornalista inventore di Quark

È morto Piero Angela: addio all’inventore di Quark che ha insegnato la scienza agli italiani
Era nato a Torino il 22 dicembre 1928. La serie Quark a cui ha legato il suo nome è cominciata nel 1981
Piero Angela è morto. Il giornalista e divulgatore scientifico noto per i suoi programmi sulla Rai aveva 93 anni. Ad annunciarlo con un breve post su Facebook il figlio Alberto: «Buon viaggio, papà». Era nato a Torino il 22 dicembre 1928. La serie Quark a cui ha legato il suo nome è cominciata nel 1981. È stato anche inviato e conduttore del telegiornale della Rai. Angela era anche un musicista (suonava il pianoforte) e un estimatore del jazz. La storica prima sigla di Quark è una rivisitazione dell’Aria sulla 4a Corda (dalla suite n° 3 in re maggiore) di Johann Sebastian Bach nella versione eseguita dal gruppo The Swingle Singers e pubblicata nel loro album d’esordio del 1963 Jazz Sébastien Bach. La Camera ardente sarà allestita il 16 agosto dalle 11.30 in Campidoglio, a Roma. Nelle ore successive ci sarà un funerale laico.
Innovazione e tradizione
La prima idea di Quark in Rai era innovativa. L’ispirazione veniva dai documentari della Bbc mentre l’uso dei cartoni animati di Bruno Bozzetto per spiegare i concetti era piuttosto nuova all’epoca. Dal programma-base nacquero diversi spin-off tra cui gli speciali su Economia ed Europa. Nel 1986 e nel 1987 Angela ha condotto due serate sul clima da Torino sulla Rai. Nel 1995 è nato SuperQuark mentre dal 2000 lui e il figlio Alberto sono autori di Ulisse, programma a puntate sulle scoperte storiche e scientifiche. Dal 2001 al 2006 ha diretto il mensile Quark, poi chiuso per mancanza di fondi. È stato autore di oltre trenta libri che complessivamente hanno venduto tre milioni di copie. Nel 2000 fu citato in tribunale per diffamazione da due associazioni omeopatiche sia nel civile che nel penale. L’accusa partiva da una puntata di SuperQuark dell’11 luglio 2000 in cui spiegava che la medicina omeopatica non aveva fondamento scientifico. Difeso da Giulia Bongiorno e Franco Coppi, fu assolto nel penale e vinse al civile. Il giudice gli diede ragione non riconoscendo la scientificità della disciplina.
L’addio al pubblico
Nei giorni scorsi Angela ha voluto lasciare al sito Internet del suo programma SuperQuark l’ultimo messaggio di saluto ai telespettatori:
“Cari amici mi spiace non essere più con voi dopo 70 anni assieme. Ma anche la natura ha i suoi ritmi. Sono stati anni per me molto stimolanti che mi hanno portato a conoscere il mondo e la natura umana. Soprattutto ho avuto la fortuna di conoscere gente che mi ha aiutato a realizzare quello che ogni uomo vorrebbe scoprire. Grazie alla scienza e a un metodo che permette di affrontare i problemi in modo razionale ma al tempo stesso umano. Malgrado una lunga malattia sono riuscito a portare a termine tutte le mie trasmissioni e i miei progetti (persino una piccola soddisfazione: un disco di jazz al pianoforte…). Ma anche, sedici puntate dedicate alla scuola sui problemi dell’ambiente e dell’energia.
È stata un’avventura straordinaria, vissuta intensamente e resa possibile grazie alla collaborazione di un grande gruppo di autori, collaboratori, tecnici e scienziati. A mia volta, ho cercato di raccontare quello che ho imparato. Carissimi tutti, penso di aver fatto la mia parte. Cercate di fare anche voi la vostra per questo nostro difficile Paese. Un grande abbraccio”.
Fonte: Open
Olivia Newton-John, muore la meravigliosa “Sandy” di Grease

È morta Olivia Newton-John.
Aveva 73 anni.
La dolce Sandy di Grease, la biondina timida con il golfino color del cielo sulle spalle e il nastro nei capelli che si trasforma in una pantera sexy inguainata in un total black di pelle nera e capigliatura cotonata nel film cult che l’ha resa indimenticabile accanto a John Travolta, è deceduta dopo una lunga battaglia contro il cancro. Lo ha annunciato il marito, John Easterling, su Instagram, sottolineando che la cantante e attrice si è spenta “serenamente nella suo ranch nel sud della California, circondata da familiari e amici”. “Olivia – ha scritto – è stata un simbolo di trionfi e speranza per oltre 30 anni condividendo il suo viaggio con il cancro al seno. La sua ispirazione curativa e la sua esperienza pionieristica con la fitoterapia continuano con il Fondo Olivia Newton-John Foundation, dedicato alla ricerca sulla fitoterapia e sul cancro.
Al posto dei fiori, la famiglia chiede che qualsiasi donazione sia fatta in sua memoria alla @onjfoundation”. Il suo calvario era iniziato nel 1992 con un tumore al seno, che inizialmente aveva sconfitto, diventando una fiera e battagliera sostenitrice dello screening del cancro al seno: a Melbourne, in Australia, un centro per la lotta al cancro porta il suo nome. Poi nel 2013 la doccia fredda e la recidiva, estesa anche alla spalla, che l’aveva costretta a rinviare un tour negli Stati Uniti e in Canada. “Paura? No. Mio marito mi è sempre accanto, mi sostiene e sono convinta che sconfiggerò la malattia: questo è il mio obiettivo”, aveva spiegato. Nel 2017 le era stato diagnosticato un tumore alla schiena, alla base della colonna vertebrale. Nata a Cambridge nel 1948, dopo l’infanzia e l’adolescenza in Australia, nel 1966 Olivia Newton-John si trasferì nel Regno Unito dove iniziò la carriera nella musica incidendo il suo primo singolo “Till you say be mine”. Nel 1974 si classificò al quarto posto all’Eurovision Song Contest con il brano “Long Live Love”. A darle la grande popolarità, nel 1978, fu Grease, il musical di maggior successo nella storia del cinema. Da allora ha pubblicato numerosi singoli di successo, diventati numero uno, collezionato tour a livello internazionale e diversi premi Grammy.
Nel 2017 ha girato gli Stati Uniti con l’album “Live On”, inizialmente sospeso per i dolori alla schiena causati dal tumore. “Amo cantare, è tutto ciò che so fare – aveva detto in un’intervista -. Tutto ciò che ho fatto da quando avevo 15 anni, quindi è la mia vita”. Tra i suoi più grandi successi, nel 1981 il singolo Physical seguito dall’omonimo album, vincitore di diversi dischi d’oro e di platino. Nello stesso era stata consacrata dalla stella sulla Hollywood Walk of Fame.
Fonte: Ansa
Catherine Spaak, muore la famosa attrice francese

Attrice, cantante e conduttrice: è scomparsa a Roma a 77 anni dopo una lunga malattia. Tra le interpretazioni più note, “Il Sorpasso”, “L’Armata Brancaleone” e “Febbre da cavallo”. In tv lanciò Forum, poi per anni fu il volto di “Harem”, primo talk al femminile
Il mondo dello spettacolo ha perso oggi una delle sue rappresentanti più note ed eclettiche. È morta a 77 anni in una clinica romana Catherine Spaak: malata da tempo, l’attrice, conduttrice, cantante, ballerina e scrittrice è stata colpita da un’emorragia cerebrale. La conferma è stata data dal ministro della Cultura Dario Franceschini: “Apprendo con dolore della scomparsa di Catherine Spaak, artista poliedrica, colta ed elegante che nel nostro Paese ha trovato una casa che l’ha accolta e amata. Mi stringo ai familiari e agli amici in questa triste giornata”.
DAL CINEMA ALLA TV
La Spaak era nata in Francia, a Boulogne-Billancourt il 3 aprile del 1945 da una famiglia belga. Naturalizzata italiana, qui aveva ha conosciuto la fama negli anni Sessanta e Settanta. Il suo debutto nel cinema italiano ad appena 15 anni, nel film Dolci inganni di Alberto Lattuada. La consacrazione è arrivata con La voglia matta di Luciano Salce e soprattutto con Il sorpasso di Dino Risi. Da non dimenticare la sua partecipazione ad altre pellicole amatissime dagli italiani come L’armata Brancaleone di Mario Monicelli e Febbre da cavallo. Nella musica trovò il successo grazie soprattutto alla cover di Tous les garçons et les filles di Françoise Hardy e L’esercito del surf. Negli Anni 80 trovò spazio anche nel piccolo schermo: fu la prima conduttrice di Forum che guidò per le edizioni del 1985 e 1986 ma soprattutto volto di Haremche, su Raitre, fu il primo vero talk al femminile, quindi alcune partecipazioni in Un posto al sole e Un medico in famiglia e persino una breve partecipazione all’Isola dei famosi 2015 che lasciò dopo poco tempo dall’inizio.
QUATTRO MATRIMONI
Catherine Spaak riempì le pagine di rotocalchi e settimanali anche grazie alla sua movimentata vita sentimentale. È stata infatti sposata quattro volte. La prima negli anni Sessanta con Fabrizio Capucci, incontrato sul set della pellicola La voglia matta, da cui ebbe una figlia, Sabrina. Più tardi, dal 1972 al 1979, con Johnny Dorelli, da cui ha avuto un altro figlio, Gabriele. Quindi con l’architetto Daniele Rey, dal 1993 al 2010, e tre anni più tardi con Vladimiro Tuselli, che lasciò nel 2020.
Fonte: La Gazzetta dello Sport
Monica Vitti, muore un talento smisurato del cinema italiano

Aveva 90 anni, da anni ritirata dalla vita pubblica per la malattia che l’aveva colpita. Ha lavorato con i più grandi: musa di Michelangelo Antonioni, compagna di avventure di Alberto Sordi. Autrice e regista. La notizia data dal marito Roberto Russo
È morta Monica Vitti, talento smisurato del cinema italiano. Aveva compiuto 90 anni a novembre, da anni si era ritirata dalla vita pubblica per la malattia che l’aveva colpita. Ha lavorato con i più grandi: musa di Michelangelo Antonioni, compagna di avventure di Alberto Sordi ma anche autrice e regista. La notizia è stata data dal marito Roberto Russo attraverso Walter Veltroni che su Twitter ha scritto: “Roberto Russo, il suo compagno di tutti questi anni, mi chiede di comunicare che Monica Vitti non c’è più. Lo faccio con dolore, affetto, rimpianto”.
La grandezza di Monica Vitti si misura sulla distanza tra due battute cinematografiche: “Mi fanno male i capelli” e “Ma ‘ndo hawaii se la banana non ce l’hai”. Lei è stata capace – unica nella sua generazione – a coprire tutta la gamma di espressioni del cinema italiano. La donna borghese, nevrotica, dolente dell’incomunicabilità di Michelangelo Antonioni. La popolana, sguaiata, di un’allegria contagiosa, con Alberto Sordi. Punto di riferimento imprescindibile per tutte le attrici venute dopo di lei, Monica Vitti è stata tutto: profonda, enigmatica, sensuale, spiritosa. Intellettuale, popolare, malinconica, intelligente. Bellissima.
Negli ultimi anni, a causa di una malattia degenerativa, non è più apparsa in pubblico ma la sua eredità è rimasta fortissima nel mondo del cinema che, in occasione di anniversari e compleanni, non ha mancato di tributarle affetto con mostre fotografiche e rassegne dei suoi più di cinquanta film. Una carriera straordinaria e molti riconoscimenti: 5 David di Donatello come migliore attrice protagonista (più altri quattro riconoscimenti speciali), 3 Nastri d’Argento, 12 Globi d’oro (di cui due alla carriera) e un Ciak d’oro alla carriera, un Leone d’oro alla carriera a Venezia, un Orso d’argento alla Berlinale, una Cocha de Plata a San Sebastián, una candidatura al premio BAFTA.
Quella nuca bellissima: dal teatro al cinema
E pensare che al cinema Monica Vitti non aveva nessuna intenzione di dedicarsi. La sua passione era il teatro, scoperto ancora bambina durante la guerra (era nata a Roma il 3 novembre del 1931 con il nome di Maria Luisa Ceciarelli) quando giocava con i fratelli mettendo in scena spettacoli con i burattini per distrarli dalla realtà che li circondava.
Il debutto, ancora ragazza, con La nemica di Dario Niccodemi, poi l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica (dove si diplomò nel ’53), e una breve ma intensa attività teatrale, da Shakespeare a Molière, da Brecht a Sei storie da ridere di Luciano Mondolfo. Poi arrivò il doppiaggio e fu proprio lì, dalla cabina di regia, mentre Monica stava prestando la sua voce a Dorian Gray ne Il grido che Antonioni disse quella frase destinata a cambiare la sua carriera e la sua vita: “Ha una bella nuca, potrebbe fare del cinema”.
Antonioni e il cinema dell’incomunicabilità
L’incontro con Antonioni fece saltare tutti i progetti dell’attrice che stava per sposarsi con un fidanzato architetto. Via il fidanzato, via la carriera teatrale Vitti divenne la musa del regista e di quella pagina del suo cinema dedicata alla nevrosi della coppia, alle inquietudini della donna moderna. Uno dietro l’altro arrivarono L’avventura (1960), La notte (1961), L’eclisse (1962) e Deserto rosso (1964): quattro donne diverse ma simili, quattro variazioni sullo stesso tema, la tormentata Claudia che cerca l’amica tra le isole delle Eolie, la tentatrice Valentina che “ruba” Mastroianni a Jeanne Moreau, la misteriosa e scontenta Vittoria che si fa corteggiare senza entusiasmo dall’agente di cambio Alain Delon e la depressa e tormentata Giuliana, moglie di un imprenditore insoddisfatta della vita.
Benvenuta commedia da Monicelli a Sordi
Nella seconda metà degli anni ’60, archiviato il cinema di Antonioni e lo stesso regista da cui si era separata (ma rimasero a vivere uno sopra l’altro per anni), Monica Vitti passò al genere della commedia che aveva ben frequentato a teatro. Con Mario Monicelli (La ragazza con la pistola, 1968) potè finalmente liberare la sua vis comica, già lucidamente preannunciato dal suo maestro di Accademia Sergio Tofano. Essendo bella ed elegante fu tra le prime attrici a saper dimostrare che per far ridere sul grande schermo non bisognava essere per forza bruttine o poco desiderabili. Accanto ad Alberto Sordi (che soffre molto per lei in Amore mio aiutami) cominciò un sodalizio che li porterà al grande successo di Polvere di stelle del 1973. In mezzo ci sono le collaborazioni con i nostri più grandi registi: Ettore Scola (Dramma della gelosiaaccanto a Giannini e Mastroianni), Dino Risi (Noi donne siamo fatte così), Luciano Salce (L’anatra all’arancia), Nanni Loy, Luigi Comencini (due degli episodi di Basta che non si sappia in giro).
L’amore con Di Palma, i suoi film e un po’ di tv
Negli anni Settanta l’attrice fu diretta per tre volte dal compagno di allora, il direttore della fotografia di Antonioni, Carlo Di Palma, passato alla regia. È lei Teresa la ladra, il film di debutto di Di Palma (1973), poi verrà Qui comincia l’avventura (1975), motociclista tuta in pelle e casco integrale nel film a due con Claudia Cardinale (sorta di Thelma e Louise ante litteram) e infine la farà diventare una regina di tabarin (Mimì Bluette…fiore del mio giardino,1976). Negli anni Settanta ecco anche alcune incursioni televisive, mentre continua a frequentare il teatro, nel ’74 si misura con due stelle del piccolo schermo come Raffaella Carrà e Mina cantando con loro Bellezze al bagno nel varietà Milleluci, quattro anni dopo recitò per la televisione nella commedia Il cilindro, di Eduardo De Filippo.
Anni Ottanta e debutto alla regia
Dagli anni Ottanta Monica Vitti cominciò a diradare le apparizioni sul grande schermo, figurando soprattutto nei film diretti dal suo nuovo compagno, il fotografo di scena poi diventato regista Roberto Russo, (Flirt, 1983; Francesca è mia, 1986) che dopo 27 anni di fidanzamento sposò nel 2000 in Campidoglio. Di dieci anni prima il suo debutto come regista per il film Scandalo segreto da lei scritto e interpretato che le regalò un’ultima grande soddisfazione, il David di Donatello per il miglior esordio. È la storia di Margherita, la stessa Vitti, che riceve in regalo da un amico regista una telecamera molto moderna, automatica, completa di telecomando; la sua vita cambierà radicalmente e la macchina le rivelerà non solo il tradimento del marito con la sua migliore amica (Catherine Spaak) ma anche la desolazione della propria esistenza. Nella sua vita ha scritto due libri: nel ’93 Sette sottane, autobiografia che prendeva il titolo dal soprannome che aveva da bambina “sette vestiti” dal momento che, se andava di fretta, era capace di mettersi un abito addosso all’altro e poi, nel ’95, Il letto è una rosa in cui scriveva “Lo smarrimento mi stringe alla gola come un boa trasparente. Non posso dimostrare che ci sia, ma lui mi avvolge e mi striscia sul viso, promettendo orrori…”.
55 donne in una sola
In 35 anni di cinema ha realizzato 55 film. Dando l’addio a Monica Vitti possiamo dare l’arrivederci alle tante donne che ha raccontato con grazia, femminilità e coraggio. Alle donne tormentate di Antonioni, alla spia Modesty Blaise di Joseph Losey, alla siciliana sedotta e tradita che vola a Londra per vendicarsi e scopre la libertà, alla Giuliana di Natalia Ginzburg portata sullo schermo da Luciano Salce in Ti ho sposato per allegria, alla donna che inventò la mossa: Mimì Tirabusciò. E ancora alla fioraia Adelaide divisa tra il muratore Mastroianni e il pizzaiolo Giannini, alla Tosca di Gigi Magni, alla soubrette Dea Dani nella Roma occupata dai nazisti, alla Mimì Bluette di Di Palma… tantissime donne in una sola, Monica: una nessuna e centomila.
Funerali e camera ardente
Venerdì in Campidoglio la camera ardente dell’attrice scomparsa all’età di 90 anni. L’apertura al pubblico, che vorrà darle l’ultimo saluto, dalle 10 alle 18. I funerali invece si terranno sabato 5 nella Chiesa degli Artisti a piazza del Popolo alle ore 15.
di Chiara Ugolini
Fonte: La Repubblica
Thierry Mugler, muore lo stilista visionario della moda francese

Esploratore dei diversi ambiti artistici, dalla fotografia, al teatro, aveva 73 anni. La notizia della sua scomparsa è stata annunciata sui social, con un post completamente nero. Attivo dagli anni ’70, Mugler ha vestito con i suoi abiti star come Diana Ross, Lady Gaga, George Michael e Madonna
Thierry Mugler, lo scandaloso stilista che ha dominato le passerelle europee tra la fine degli anni‘80 e l’inizio degli anni ‘90, è morto domenica. Aveva 73 anni: la sua scomparsa (“per cause naturali”) è stata diffusa in modo social, pubblicata sul profilo Instagram ufficiale del suo marchio. “#RIP – recita il testo – Siamo devastati nell’annunciare la morte del signor Manfred Thierry Mugler domenica 23 gennaio 2022. Possa la sua anima riposare in pace”.
Thierry Mugler, lo scandaloso stilista che ha dominato le passerelle europee tra la fine degli anni‘80 e l’inizio degli anni ‘90, è morto domenica. Aveva 73 anni
Arrivati domenica sera, due dei suoi amici più cari hanno confermato la sua morte ma hanno rifiutato di essere intervistati, dicendo che erano troppo sconvolti.
Il brand
Dal 1975 ad oggi, il brand Mugler è sempre stato sinonimo di moda alternativa: il capolavoro dell’eccesso. Lo stilista è stato uno dei principali artefici di un’estetica della fine degli anni‘80, il creativo che ha coniugato sadomasochismo e haute couture.
La sua silhouette era una specie di triangolo rovesciato con spalle giganti e una vita stretta. Amava il lattice, la pelle e le curve. Le sue prime muse includevano Grace Jones e Joey Arias. Ha avuto una lunga collaborazione creativa con David Bowie e lo ha persino vestito per il suo matrimonio con Iman. La sua spiccata sensibilità lo ha portato dall’haute couture alla messa in scena di uno spettacolo di grande successo delCirque Du Soleil a Las Vegas. Molto tempo dopo essere entrata in uno stato di semi-pensionamento la sua creatività, all’inizio degli anni 2000 è arrivato il suo profumo “Angel”, diventato un enorme successo.
L’elegante sensibilità punk di Alexander McQueen deve molto al lavoro di Mugler. Proprio come il look iniziale di “Bad Romance” di Lady Gaga. Mugler è anche noto per aver vestito alcuni dei più grandi nomi di Hollywood e non solo, tornando nel 2019 vestendo Kim Kardashian per il Met Gala. Il meraviglioso abito a sirena che Mugler ha disegnato per la Kardashian per il Met Gala del 2019, l’ha fatto conoscere a milioni di nuovi fan.
Il cordoglio
“Manfred, sono così onorato di averti incontrato e di lavorare nel tuo meraviglioso mondo – il saluto del suo attuale direttore creativo, Casey Cadwallader – . Hai cambiato la nostra percezione di bellezza, fiducia, rappresentazione e auto-potenziamento. La tua eredità è qualcosa che porto con me in tutto ciò che faccio. Grazie“.
La morte dello stilista francese è stata annunciata anche su Facebook dal suo agente, Jean-Baptiste Rougeot. “Siamo devastati nell’annunciare la morte del signor Manfred Thierry Mugler domenica 23 gennaio 2022”. Il post, condiviso sulla pagina ufficiale dello stilista, è stato un colpo al cuore per tutte le amanti della moda, ma non solo. Perché nella sua carriera, Mugler di successi ne ha raggiunti.
Le sue origini
Nato a Strasburgo il 21 dicembre del 1948, Mugler ha vissuto l’arte e la creatività sin da bambino. Oltre alla danza, da giovane ha subito il fascino del design d’interni. La sua vita, tuttavia, è cambiata quando si è trasferito a Parigi: nel 1970, ha iniziato a lavorare come vetrinista nella boutique Gudule. E, nel suo tempo libero, come chiunque rincorra un sogno, disegnava abiti, seguiva corsi di arte, ricercava il suo stile
La grande mostra a Parigi
“Ma la sua non era ‘una donna oggetto’, bensì un ‘soggetto donna’, che esaltava il corpo cosciente”, sottolinea Thierry-Maxime Loriot, curatore della mostra retrospettiva in corso al Muséee des Arts Décoratifs di Parigi, inaugurata a settembre con una festa, dal titolo “Thierry Mugler: Couturissime”, la prima rassegna dedicata allo stilista: raccoglie circa 150 capi realizzati tra il 1977 e il 2014. “Sono molto felice che una selezione così armoniosa del mio lavoro venga mostrata all’Arts Decoratifs, perché il mio lavoro è strettamente legato alla scultura, alla pittura e a tutte le altre arti decorative”, aveva detto lui stesso della retrospettiva.
“Sono sempre stato affascinato dall’animale più bello della terra: l’essere umano diceva un entusiasta Thierry Mugler – . Ho usato tutti gli strumenti a mia disposizione per sublimarlo: non sono un uomo che guarda al passato, a Parigi ho voluto mettere in scena le mie creazioni e immaginare una visione artistica globale, libera e reinventata. Così mi sono immerso in questa avventura creativa! Oggi si apre un capitolo molto bello per noi, questa è la città che mi ha aperto le braccia, e al Musée des Arts Décoratifs, che per me è il più bello degli scenari”.
Già presentata a Montreal, Rotterdam e Monaco – la mostra è stata inaugurata il 30 settembre dello scorso anno ad apertura della fashion week parigina. Esposte le creazioni di Mugler dal ’73, anno della prima sfilata, al 2003, quando il multiforme genio francese ha deciso di abbandonare il mondo della moda.
Le mostra “Thierry Mugler hierry Mugler: Couturissime“, inaugurata il 30 settembre 2021 al 24 resyterà a perta fino al 24 aprile al Musée des Arts Décoratifs de Paris, 107 rue de Rivoli, 75001 Parigi
“La danza mi ha insegnato molto rispetto al linguaggio del corpo, l’importanza delle spalle, come tenere la testa, camminare e posizionare le gambe”, spiegava il designer parlando del suo modo di interpretare il movimento.
Iconico, eccentrico e indipendente
A soli 25 anni, il primo negozio, Cafè de Paris, trampolino di lancio verso quella che un anno dopo sarebbe diventata l’azienda Thierry Mugler. Alla fine degli anni ‘90, il lancio del suo profumo, “Angel“, in una bottiglia a forma di stella, diventato uno dei profumi più venduti della storia, capace di rivaleggiare persino con il leggendario “Chanel N 5“.
Eccentrico e con enorme senso di indipendenza, Mugler aveva rifiutato la proposta di Bernard Arnault di dirigere Dior, proprio come aveva rifiutato qualche anno prima di lavorare al guardaroba di un film di Francis Ford Coppola.
Body-building e chirurgia plastica
L’uso della corsetteria e il suo esagerato approccio al corpo femminile gli aveva attirato critiche, ma lui stesso nel 2019, posando per un photoshot con Interview Magazine, aveva spiegato la sua passione per il body-building, lo yoga e la chirurgia plastica. “Penso che sia importante per le persone arrivare a una completa realizzazione di se stessi: sono sempre stato affascinato dal corpo umano e ho volute rendere omaggio a cosa puo’ fare”. Iconico il tributo pubblicato sulla sua pagina Instagram: “Un visionario la cui immaginazione ha consentito alle persone in tutto il mondo di essere più audaci e sognare in grande ogni giorno”.
Fonte: Luce La Nazione
Gaspard Ulliel, la tragica morte del giovane attore francese

Tragico incidente: perde la vita l’attore Gaspard Ulliel
Il giovane interprete di Hannibal Lecter ha tragicamente perso la vita mentre sciava, in un violento incidente. Una notizia spaventosa che ha colpito il mondo del cinema. Conosciuto in Italia per la sua interpretazione di Hannibal Lecter nel film Hannibal Begins, è morto a seguito di un tragico incidente avvenuto martedì 18 gennaio 2022, nel primo pomeriggio. Secondo le ultime ricostruzioni, Gaspard Ulliel si sarebbe scontrato con un altro sciatore e così ha perso la vita, tra due piste a La Rosiere, in Savoia. Su quanto accaduto è stata avviata un’indagine.
Il primo ministro francese Jean Castex ha commentato la prematura scomparsa di Ulliel in un post su Twitter: “È cresciuto con il cinema e il cinema è cresciuto con lui”. La notizia è stata riportata dalla famiglia del giovane attore attraverso l’agenzia France Press. Gaspard non è morto subito: quando è avvenuto l’impatto, è stato portato in elicottero al Policlinico universitario di Grenoble. Le sue condizioni si sono rivelate subito molto gravi ed è morto in ospedale.
Gaspard Ulliel, chi era: carriera, figlio e fidanzata: Questa è sicuramente una notizia che nessuno vorrebbe mai leggere, e il mondo del cinema francese ora piange. Gaspard Ulliel è stato scoperto all’età di 19 anni con Anime erranti di André Techiné, insieme a Emmanuelle Beart. Nel 2005 ha vinto il César per il suo ruolo di soldato in Una lunga domenica di passione. Nove anni dopo, ha interpretato il ruolo del famoso stilista Yves Saint-Laurent in una biografia di Bertrand Bonello.
La madre di Gaspard è una stilista e suo padre è un designer. Pertanto, è certamente molto importante per lui vestire questi panni. Tre anni dopo, ha vinto un secondo Premio César per il suo ruolo di scrittore in È solo la fine del mondo, che ha vinto il Grand Prix de la Jury a Cannes. In Francia è noto non solo per le sue interpretazioni nel mondo del cinema.
Infatti, negli anni l’abbiamo visto sfoggiare la sua bellezza come protagonista di vari spot pubblicitari, come quello di Chanel. È difficile per gli spettatori dimenticare il complicato personaggio di Hannibal Lecter, che ha interpretato nel 2007.
Infine ha partecipato anche alla serie Moon Knight. Gaspard Ulliel era il padre di un bambino di cinque anni con la sua attuale compagna, la modella Gaëlle Pietri.
Fonte: Primo Articolo