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Intervista a Laura Manfredi, madre di due bambini autustici
V.M.: Che cos’è l’autismo?
L.M.: La definizione tecnica è “una sindrome definita dalla presenza di una compromissione dello sviluppo, che si manifesta prima dei tre anni di vita, e da un tipo caratteristico di funzionamento anormale nelle aree dell’interazione sociale, della comunicazione e del comportamento, che è limitato e ripetitivo”. Nei fatti, una malattia molto complessa, che raggruppa in sé livelli diversi di gravità e caratteristiche non sempre perfettamente coincidenti, ma che comporta sempre un forte impoverimento della qualità della vita del soggetto autistico, come di tutta la famiglia.
V.M.: Come e quando viene diagnosticato?
L.M.: In genere, prima dei tre anni, anche se possono esserci diagnosi tardive nei casi ad esordio più lento e meno conclamato. Nei centri più qualificati predispongono dei ricoveri piuttosto lunghi, fino a due settimane, durante i quali i bambini vengono sottoposti a specifici test e a visite specialistiche, da parte di esperti neuropsichiatri, genetisti, psicologi. Quando la commissione è concorde sulla sussistenza della malattia, viene emessa la diagnosi.
V.M.: Si nasce autistici o si diventa?
L.M.: Possono succedere entrambe le eventualità. Da parte mia, sono certa che Niccolò, il mio piccolo, sia nato autistico, mentre Giacomo lo sia diventato. O, quanto meno, non abbia dato alcun segno di malattia prima dei tre anni.
V.M.: Quali sono le cause individuate sinora?
L.M.: Ci sono molto scuole diverse. Alcuni vedono i vaccini come causa dell’autismo e del suo spaventoso incremento nel tempo (siamo arrivati ad un bimbo autistico ogni 100 nati), anche se l’autismo esiste da molto prima della nascita dei vaccini. Certamente è una malattia genetica, che pare comporti un eccessivo proliferare di sinapsi neuronali nel bambino, già durante la gravidanza. Questo renderebbe i soggetti autistici sovrastimolati, continuamente, e la chiusura tipica dell’autismo sarebbe una forma di difesa da questo perenne “attacco sensoriale”. Ma, come dicevo, la malattia è complessissima ed ancor oggi piuttosto misteriosa.
V.M.: E’ una malattia in aumento nella popolazione?
L.M.: Si, i numeri stanno diventando epidemici. Un autistico ogni 100 nati, con un rapporto di 4 malati maschi ogni bimba affetta da autismo. In Italia, 360.000 famiglie devono combattere ogni giorno con le difficoltà che questa patologia comporta, in un Paese totalmente inadeguato ad offrire strutture, terapie e sostegno qualificato a scuola.
V.M.: Come si manifesta?
L.M.: I segni più tipici dell’autismo sono il fatto che spesso il bambino, quando chiamato, non risponde, tanto da sembrare sordo; evita vistosamente il contatto oculare; ripete in maniera ossessiva gesti, versi, movimenti; presenta interessi decisamente poveri, ripetitivi; reagisce con estrema ansia a cambiamenti ed imprevisti; è incapace di creare legami o anche solo di giocare con altri bambini. Molto spesso vi è un ritardo nell’uso del linguaggio. Il 50% dei bimbi autistici rimane non verbale per tutta la vita. La maggioranza degli autistici, contrariamente a quanto si crede, presenta un lieve ritardo mentale. Pochissimi quelli che hanno doti straordinarie e tratti di genialità.
V.M.: Si sa se si manifesta più in alcune zone geografiche che in altre?
L.M.: No, l’autismo presenta gli stessi tragici numeri in ogni parte del globo, ed in ogni classe sociale, con insignificanti variazioni da un paese all’altro. Ha numeri ancora più preoccupanti nelle isole (come in Sardegna), dove il minor “ricambio genetico” sembra aggravare le percentuali di bimbi affetti da autismo.
V.M.: E’ una malattia genetica?
L.M.: Si. Malattia genetica multifattoriale. Nel senso che diversi errori nel genoma danno esito alla stessa malattia. Purtroppo, ad oggi siamo riusciti a mappare solo il 10% del nostro patrimonio genetico: ancora troppo poco per avere risposte certe ed esami che possano predire, già in gravidanza, la malattia.
V.M.: L’ambiente che influenza ha sulla malattia?
L.M.: Questa è una domanda importante, molto. Un tempo si sosteneva che l’autismo fosse causato dall’indifferenza delle madri, definite “madri frigorifero”, che avrebbe portato ad una grave chiusura del figlio, ed all’incapacità di creare relazioni ed a sostenere comunicazioni verso l’esterno. Oggi, ringraziando il Cielo, si sono completamente superate queste teorie neolitiche. Ma resta il fatto che è fondamentale stimolare continuamente questi bimbi, cercare di agganciare la loro labile attenzione, migliorare la loro resistenza alle frustrazioni. Un allenamento eterno, faticosissimo per i nostri bimbi e per noi genitori, che non conosce fine. Che va fatto, per garantire la miglior qualità di vita possibile ai nostri figli.
V.M.: Alcuni sostengono che i vaccini possano avere una relazione con la malattia: è davvero così?
L.M.: Non lo so. Ho letto molto, ma le argomentazioni addotte non mi hanno completamente convinta.
V.M.: L’autismo è contagioso?
L.M.: Oddio…no! Assolutamente no! E’ contagiosa la forza che questi bimbi ogni giorno mettono nelle terapie, la loro pazienza nel rispondere alle nostre richieste, per loro così elevate e difficoltose, è contagiosa la loro anima incredibilmente candida, senza filtri, incapace di finzioni e delicatezze sociali, purissima.
V.M.: Qual è la differenza tra Autismo e Sindrome di Asperger?
L.M.: L’autismo è una sindrome, un ombrellone gigantesco sotto cui vengono raggruppate varie forme, gradi e manifestazioni di malattia. La sindrome di Asperger è un sottogruppo dell’autismo. E’ un disturbo pervasivo dello sviluppo di tipo autistico caratterizzato da un alto funzionamento. Questi bimbi, questi soggetti, sono decisamente più abili a gestire la quotidianità, hanno maggiori strumenti di adattamento, ed hanno sempre un quoziente intellettivo molto alto. Restano comunque soggetti chiusi, dediti a pochi ossessivi interessi, spaventati dal tumulto della vita.
V.M.: Cosa significa vivere con un bambino autistico?
L.M.: Vuol dire cambiare totalmente se stessi, la propria vita e le proprie aspettative. Significa sforzarsi continuamente di entrare in un mondo per noi difficilmente comprensibile, avere la forza ed il coraggio di affrontare il giudizio altrui, e la grande solitudine in cui la società e le istituzioni di abbandonano. Significa amare totalmente ed incondizionatamente.
V.M.: E con due?
L.M.: Il tutto, moltiplicato per cinque.
V.M.: Ci sono sostegni particolari? Cure particolari? Insegnamenti particolari?
L.M.: In Italia c’e’ una situazione drammatica. Pochissime strutture terapeutiche, lunghissime liste d’attesa, periodi di trattamento troppo brevi, assenza di figure di sostegno scolastiche preparate sulla malattia, e nessun piano di vita possibile. Con i numeri dell’autismo, e considerato che le terapie funzionano, e che si potrebbero recuperare ad una vita autonoma e dignitosa moltissimi di questi bambini, questa politica miope è suicida. Invece che pagare miliardi di pensioni di invalidità si potrebbe offrire un futuro a questi ragazzi. Ovviamente, a loro misura.
V.M.: E’ costoso allevare un bambino autistico?
L.M.: Molto. Chi riesce, si affida a strutture private. Ma i costi sono ingentissimi, si parte dai 1000 euro al mese, in su. Una fatica non sostenibile da molti.
V.M.: Ci sono precauzioni che un genitore deve prendere per tutelarlo?
L.M.: Un milione, ma non bastano mai. L’istinto vorrebbe tenerli sempre sotto la nostra ala, delicati come sono, impauriti fino allo sfinimento. Ma occorre metterli a confronto con il mondo, per quando feroce con loro, e con tutto ciò che è diverso. Un giorno noi genitori non ci saremo più, occorre prepararli.
V.M.: Un bambino autistico in che misura può avere una vita sociale?
L.M.: Dipende dalla gravità della malattia. Ma, in generale, per loro è molto difficile maturare relazioni sociali. Per i ragazzi ad alto funzionamento questo può diventare possibile fra cerchie ristrette di coetanei che condividano le passioni del soggetto autistico. Un ragazzo autistico appassionato, per esempio, di astrofisica, sarà senz’altro molto più preparato di tutti i suoi coetanei. E questa sua competenza potrebbe essere stimata all’interno di un circolo di appassionati. Ma, in generale, i soggetti autistici preferiscono la solitudine.
V.M.: Un bambino autistico è violento?
L.M.: No, assolutamente. Il bambino autistico può avere delle profondissime crisi d’ansia, in certe situazioni. E tende a diventare violento verso se stesso, facile che batta la testa contro il muro, che si graffi o che si picchi. Tende, semmai, all’autolesionismo.
V.M.: Un ragazzo autustico può compiere una strage? Una strage come quella di cui si parla in questi giorni?
L.M.: Mi sembra altamente improbabile. Quell’atto mostruoso, inconcepibile è stato pianificato, organizzato. E’ stato necessario dimostrare una freddezza ed una padronanza di sé che un autistico non avrebbe mai, in nessuna occasione. Un autistico odia i rumori forti, figuriamoci gli spari! Un autistico non odia il mondo, ne è spaventato. E sarebbe sotto choc più di chiunque altro di fronte ad una tale mattanza. Ricordiamoci che sono soggetti ipersensibili.
V.M.: Dal tuo punto di vista personale il ragazzo che ha compiuto la strage nella scuola del Connecticut era autistico, era affetto da qualche altra patologia?
L.M.: Assolutamente si. Ritengo che si sia fatta grande confusione fra disturbo della personalità di tipo schizoide (che è una malattia psichiatrica) ed autismo (che è una malattia neurologica). Non sono un medico, ma ho conosciuto tantissimi bambini e ragazzi autistici. Sono più che certa che nessuno potrebbe anche solo concepire un atto del genere. Non sarebbe proprio nelle loro capacità, oltre che nelle intenzioni.
V.M.: Che idea ti sei fatta su quanto scritto dai giornali?
L.M.: Ho paura. I nostri bambini sono già sufficiente emarginati dalla società, dalle persone, da tutti. Nulla si sa sull’autismo e quello che non si conosce, spaventa. Lo si evita. In una vita per tutti noi indicibilmente difficoltosa, ci manca solo che le persone inizino a pensare che questi bimbi speciali, un po’ strani, siano capaci di gesti così aberranti. Io credo che i giornalisti, pur nel dovere di dare la notizia, avrebbero dovuto approfondire l’argomento con esperti, invece che parlare con qualche ragazzetto di provincia americano. Come, infatti, alcune testate di sono premurate di fare, parlando del rischio concreto di stigmatizzare delle persone che, nei fatti, sono vittime. Non certo carnefici.
V.M.: Che cosa pensi prima di addormentarti la sera?
L.M.: Prego di vivere a lungo, tanto a lungo.
Fonte: Vivianamusumeciblog’s
Intervista di Marius Creati agli avvocati di Maurizio Iori
Il caso del Dottor Maurizio Iori è una tragica vicenda accaduta lo scorso Luglio 2011 che ha commosso l’Italia poiché la giovane figlia dell’indagato ha trovato la morte.
Di seguito l’intervista gli avvocati difensori del Dott. Maurizio Iori:Dott. Cesare Gualazzini (Foro di Cremona) e Dott. Marco Giusto (Foro di Crema)
M.C.: Secondo la vostra opinione, quanto si è vicini alla verità sul caso di Maurizio Iori?
C.G./M.G.: Il procedimento penale a carico del Dott. Iori, come da me evidenziato sin dal giorno del suo arresto, si e’ sempre fondato su mere illazioni da parte degli inquirenti a cui non hanno fatto riscontro le prove scientifiche che la Procura ha ricercato a mezzo dei suoi C.T. ma che, anziche’ dare le risposte che quest’ultima si attendeva, hanno portato fondamentali elementi di prova a favore della tesi difensiva.
In particolare la perizia relativa alla cd. Tracce biologiche ha evidenziato che:
la pastiglia di xanax trovata nel lettino della piccola Livia e’ stata da quest’ultima vomitata (i succhi gastrici hanno infatti sciolto”l’involucro”)
sui blister vi sono tracce della Sig.ra Ornesi e non del Dott. Iori
sul quadro elettrico della casa non vi sono tracce del Dott. Iori
sul “rubinetto” della bombola non vi sono tracce del Dott. Iori, mentre vi e’ una traccia “mista” della Ornesi e della figlia: cio’ si spiega perche’ quando la bambina ha vomitato la pastiglia, la madre le ha pulito la bocca dal rigurgito (che era copioso dato che sono serviti ben 3 fazzoletti che hanno le tracce di Livia) e poi, essendosi sporcata le mani, ha trasferito il DNA di Livia anche sulle bombole.
L’assunto secondo il quale il Dott. Iori avrebbe fato in modo di non lasciar tracce e’ falso giacche’ vi sono tracce biologiche sue (oltre che certamente su molti oggetti non esaminati) anche sulle ciabatte (dove vi sono tracce di altri soggetti maschili non identificati) e soprattutto su di una bombola- tracce pero’ si bada miste con quelle della Ornesi, circostanza che prova che anche lei le ha toccate-da questo si desume che Iori non ha ne’ agito per non lasciare tracce, ne’ che si e’ premurato di cancellarle (circostanza questa molto difficile se non impossibile a parere dei C.T. biologici incaricati da accusa e difesa). Anche le perizie medico legale farmacologica del C.T. del P.M. contengono elementi tutti favorevoli alla difesa, mentre nulla porta alla tesi accusatoria la perizia informatica e pertanto non si puo’ che concludere che, allo stato, non e’ emersa alcuna prova da cui si possa sostenere la posizione dell’accusa.
M.C.: Esiste una perizia consegnata al Tribunale di Brescia dal Consulente Tecnico del P.M. che può scagionare il vostro assistito?
C.G./M.G.: Nessuna perizia e’ stata consegnata al Tribunale di Brescia che peraltro si e’ occupato del caso per l’ultima volta nel mese di febbraio u.s.; la perizia biologica del P.M. e’ stata in parte depositata dal Consulente in parte a fine gennaio ed in parte ad inizio maggio e, come ho gia’ detto, le emergenze sono palesemente favorevoli alla difesa; preciso che in questo procedimento come in quasi tutti quelli di questa natura, la prova biologica e’ la vera prova regina su cui si fonda quasi sempre la decisione del Giudicante.
M.C.: Qual è la situazione fisico-emotiva di Maurizio Iori, ad oggi ancora detenuto nel carcere di Cremona?
C.G./M.G.: Il Dott. Iori e’ certamente molto provato dalla lunga detenzione, che egli ritiene ingiusta, che si protrae da quasi 8 mesi, soprattutto perche’ si chiede legittimamente: perche’ mai , nonostante tutte le prove scientifiche disposte dalla Procura siano risultate a lui favorevoli, devo continuare a rimanere in carcere? E’ chiaro che non intravvedere un certo momento finale contribuisce ad ulteriormente peggiorare la sua situazione emotiva che e’ gia’ stata messa a dura prova dagli eventi e dalla detenzione stessa.
M.C.: Cosa potrebbe accadere nei prossimi mesi?
C.G./M.G.: Nei primissimi mesi e’ prevista per ora soltanto l’udienza inerente alla revoca della custodia cautelare in carcere, prevista vanti la Corte di Cassazione per il 19/07/2012; per quanto concerne il merito, la difesa auspica che, visto che, nonostante quanto sopra evidenziato, non pare esservi intenzione da parte del P.M. di richiedere l’archiviazione, venga fissata quanto prima l’udienza preliminare avanti il G.U.P. del Tribunale di Crema.
M.C.: Come ha preso la notizia della seconda parte della perizia Maurizio Iori?
C.G./M.G.: Come ho gia’ detto il Dott. Iori e’ quasi incredulo di fronte al fatto che, nonostante quanto emerso dalla C.T. del P.M., non giunga “alcun segnale” che lasci presagire la revoca o quantomeno l’attenuazione della misura cautelare disposta nei suoi confronti.
M.C.: Secondo la vostra analisi, il Tribunale di Brescia che tipo di valutazione ha fatto sulle risultanze delle attività difensive?
C.G./M.G.: E’ evidente che il tribunale di Brescia, in qualita’ di Giudice di Appello non abbia, a mio parere, valutato compiutamente gli elementi che gli sono stati sottoposti; prova di tale assunto e’ la confusione che e’ stata compiuta allorquando e’ stata comparata la perizia relative alle impronte digitali (che non ha rilevato alcunché) con quella relativa alle tracce biologiche, che sono cosa ben diversa rispetto alle prime. Questa, come tutte le altri motivazioni contraddittorie espresse dal tribunale di Brescia, sono state sottoposte al gravame della Cassazione che dovra’ esprimere le proprie valutazioni a riguardo. Non e’ stata inoltre motivata l’esistenza del requisito previsto ex art.274 c.p.p. lett. C), costituito dal rischio di reiterazione del reato che, nella fattispecie, sin dall’inizio e’ apparso palesemente insussistente, stante che il reato contestato al Dott. Iori e’ un reato che non risulta per sua natura reiterabili, in quanto non vi e’ al mondo alcuna persona che si trovi nelle medesime condizioni della Sig.ra Ornesi.
M.C.: Secondo le indagini sul DNA rinvenuto dai reperti probatori risultano tracce compromettenti che possono indirizzare l’accusa nei confronti di Iori?
C.G./M.G.: Ho gia’ risposto in precedenza a questa domanda: tutte le emergenze riguardanti le prove biologiche spiegano in modo non equivoco che si e’ trattato di un suicidio e che il Dott. Iori non ha avuto alcuna parte nella causazione della morte della Sig.ra Ornesi e della figlia Livia.
M.C.: Su quali basi si fonda il castello accusatorio a carico del vostro assistito?
C.G./M.G.: Il “castello accusatorio” si fonda su mere illazioni sul conto del Dott. Iori , persona che forse in un piccolo centro come Crema puo’ non apparire simpatico in conseguenza della sua condotta relativa ai suoi rapporti personali con la Sig.ra Ornesi: a riguardo pero’ bisogna ricordare che il procedimento in questione non attiene ad una valutazione dei comportamenti del mio Assistito sotto il profilo della morale popolare, ma bensi’ ha per oggetto la commissione o meno di un delitto in relazione al quale il Dott. Iori risulta chiaramente estraneo. A suo carico vengono evidenziati l’acquisto di bombole e fornelli (acquisto peraltro pacificamente ammesso e concordato con la Sig.ra Ornesi medesima) , evento che non ha pero’ nessuna rilevanza penale (se uno regalo ad un amico un coltello e quest’ultimo lo usa per suicidarsi il primo non verra’ certo condannato per omicidio), e il piu’ volte citato alibi falso che, oltre a non essere processualmente utilizzabile, in quanto reso in assenza del difensore, dimostra solo che il Dott. Iori temeva di dire di essere stato a casa della Ornesi la sera prima perche’ tale circostanza gli avrebbe creato gravi difficolta’ con la attuale moglie e lo avrebbe fatto considerare immediatamente l’autore del tragico evento, cosiccome e’ accaduto poi. Infine si e’ sostenuto che in caso di omicidio-suicidio madre e figlia vengono sempre trovate abbracciate: la difesa poco convinta di fronte a tale assunto ha incaricato una C.T. al fine di farle svolgere un’indagine in proposito: da tale indagine, estesa a tutto il territorio nazionale per il periodo 2000-2011, e’ emerso che, salvo i casi in cui tale vicinanza e’ necessaria (se i soggetti si butano dal balcone o si suicidano all’interno di un automobile) mai madre e figlia sono state trovate abbracciate: cio’ dimostra che anche alea sunto che era considerato assodato non e’ per nulla rispondente al vero.
M.C.: Per la misura cautelare nei confronti del vostro assistito, secondo la vostra opinione, è possibile richiedere la revoca della misura della custodia in carcere?
C.G./M.G.: Anche in tal caso ho gia’ in precedenza evidenziato come non sussistano nel caso di specie ne’ i gravi indizi di colpevolezza, ne’ il rischio di reiterazione del reato: mi auguro che tali valutazioni vengano condivise dalla Suprema Corte in occasione dell’udienza all’uopo fissata per il 19 di luglio, dove verra’ appunto richiesta la revoca della custodia cautelare in carcere in capo al Dott. Iori.
M.C.: Maurizio Iori, alla luce di tutto ciò che è accaduto, ha piena fiducia nel decorso della giustizia?
C.G./M.G.: Il Dott. Iori ha senz’altro fiducia nella giustizia, nonostante i dinieghi ricevuti a fronte della richiesta di revoca della misura cautelare non abbiamo contribuito a rafforzare questa sua fiducia e gli abbiano ingenerato preoccupazioni a riguardo, proprio a causa della notevole quantita’ di elementi probatori di natura scientifica emersi a suo favore, non comprendendo egli come, in una simile situazione probatoria, egli possa continuare a rimanere in carcere.
M.C.: C’è la possibilità che il procedimento venga celebrato entro la fine del 2012?
C.G./M.G.: La difesa si augura che il procedimento venga celebrato quanto prima, ritenendo di poter, in tale occasione, dimostrare l’innocenza del Dott. Iori. E’ senz’altro auspicabile, non essendovi piu’ alcuna attivita’ di indagine da svolgere che il giudizio venga disposto quanto prima e, considerando che non dovrebbe avere durata particolarmente ampia, stante la convergenza assoluta tra le emergenze scientifiche dell’accusa e quelle della difesa, dovrebbe essere certamente possibile addivenire ad una sentenza entro la fine dell’anno: inutile precisare che tali tempi non sono in alcun modo dettabili dalla difesa e che pertanto quanto da me sopra espresso e’ un auspicio ma non una certezza.