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Verso Sud, nessun sostegno effettivo dal Libro Bianco di Mara Carfagna

Gentile Mara Carfagna, ho avuto modo di leggere causalmente la sua prefazione “Libro Bianco Verso Sud” ma nell’insieme di argomenti riscontrati al suo interno non ho trovato nulla di pertinente con la vera problematica del Sud, ossia l’aumento sistematico della disoccupazione dei territori del meridione. Sinceramente se il PNRR debba essere rivolto al Sud con le sue prerogative, posso tranquillamente asserire che quei finanziamenti non risolveranno le reali problematiche del meridione, ma alimenteranno soltanto un canale di assorbimento di quel denaro, che andrà ovunque, quindi nelle mani di non so chi, ma sicuramente non aumenterà il tenore di vita sociale, culturale, geopolitico del Sud Italia, il quale rimarrà nello stesso livello in cui si trova al momento, se non peggio! Quando edifichiamo impalcature di sostegno per il paese, cerchiamo di vedere chiaro, specialmente di focalizzare le vere problematiche del paese e non cercare di sviluppare teorie ambientaliste e digitalizzazioni stratosferiche lasciando la gente letteralmente alla fame. Cordialmente!
Marius Creati
Krill, catena alimentare a rischio
Oggi questo ecosistema è minacciato dalla pesca commerciale. Il tesoro più ambito è il krill, piccolissimi crostacei pescati per nutrire i salmoni d’allevamento e per produrre olio per le formulazioni di cosmetici e per integratori alimentari: ne viene pescato troppo e troppo in fretta. Sul krill si regge buona parte della catena alimentare antartica: è infatti nutrimento per balene, foche, pinguini e uccelli di mare. Con l’enorme e indiscriminato prelievo di krill si mettono in pericolo molte specie. La riserva non fermerà la pesca nell’Antartico, ma terrà le navi lontane dai luoghi ecologicamente più sensibili.
Fonte: Focus
Bambu, sempreverde salvezza futura del pianeta
Cibo preferito dei panda, urside simbolo del WWF e per riflesso specie a rischio d’estinzione per antonomasia, il bambù potrebbe davvero costituire l’arma vincente dell’umanità contro tutti i problemi ambientali che ci affliggono e di cui sentiamo parlare 24 ore su 24. Vediamo come questo sempreverde potrà guidarci verso il salvataggio del pianeta.
Perchè è sbagliato abbattere le foreste pluviali?
Appurato che potremmo scrivere un intero articolo sull’argomento, possiamo riassumere le conseguenze fondamentali della deforestazione spietata e incontrollata delle foreste pluviali in quattro punti:
La deforestazione in se è la causa di circa il 20% delle emissioni di gas serra, in pratica non solo ci tolgono i nostri polmoni planetari, ma lo fanno anche inquinando. Oltre al danno la beffa.
L’ abbattimento delle grandi foreste pluviali porterà alla scomparsa della biodiversità, maggiore rischio di malattia per le piante e conseguente utilizzo di pesticidi su larghissima scala.
Le piante che abbattiamo contribuiscono in modo determinante al ciclo dell’acqua attraverso l’ evaporazione che si opera attraverso le loro foglie. Eliminare queste foreste equivarrebbe a portare il ciclo dell’acqua a un brusco rallentamento.
L’ erosione e le frane maggiori sono causate molto spesso dalla deforestazione, visto che non ci sono gli alberi che con le loro radici trattengono il terreno.
In parole povere gli alberi regolano qualsiasi aspetto di una nostra serena interazione col mondo che ci circonda e un utilizzo maggiore del bambù può contribuire significativamente a rendere questa esperienza sempre migliore, anche perchè peggio di così è molto difficile.
Perchè il bambù è la pianta del futuro?
Il bambù impiega circa 4 anni per essere utilizzabile al 100%, mentre gli alberi “normali” impiegano dai 20 ai 50 anni. Inoltre ha una crescita giornaliera che può arrivare anche al metro.
Una determinata superficie di terreno coperta di bambù produce più ossigeno della stessa superficie coperta di foresta pluviale.
Il bambù può crescere praticamente con qualsiasi clima. (no, al Polo Nord non cresce!)
In virtù della sua grande resistenza ai parassiti il bambù richiede un utilizzo di pesticidi che tende alla nullità.
I prodotti in bambù si decompongono totalmente in concimi per l’agricoltura estremamente nutrienti.
Applicazioni quotidiane
Vestiti
Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. Genesi, capitolo 3,7
No, non dovete andare in giro vestiti con germogli di bambù come fecero Adamo ed Eva con le foglie di fico; tuttavia le fibre della corteccia del bambù costituiscono un ottimo materiale da filare e vengono prodotti dei capi (acquistabili qui)che, a detta degli utilizzatori, danno al tatto una sensazione simile a quella del cashmere. Inutile dire che le emissioni di gas serra per questo tipo di produzioni sono molto ridotte rispetto a quelle del cotone.
Mobili, immobili ma estremamente attenti all’ambiente
La maggior parte dei mobili fatti di bambù è costruita nella maniera più ecologica possibile per allinearsi all’essenza verde di questa pianta. Infatti per produrre questi oggetti di estrema qualità viene usata solo colla di origine organica che si decompone naturalmente (ovviamente non mentre sta svolgendo il suo lavoro!). Inoltre date le proprietà del legno di bambù, molto resistente ed elastico allo stesso tempo, questi mobili hanno una durata straordinaria.
Fatti
Come abbiamo detto il bambù è la pianta con la crescita più rapida del mondo, è un’ ottima fonte di nutrienti sia per gli animali che per l’uomo ed è utilizzata da secoli in molte ricette della cucina cinese.
Il Bambù, piantato in zone strategiche produce molto più ossigeno rispetto alle altre piante e può effettivamente aiutarci a salvaguardare l’ambiente
Conclusioni
Che fate ancora davanti al computer? Andate immediatamente a comprare una felpa in bambù, sarebbe la felpa più green e geek di sempre (curioso come “green” e “geek” abbiano quasi le stesse lettere)! Contribuirete a salvare il mondo o quantomeno a “Lasciarlo un po’ migliore di come lo avete trovato“, tenendo sempre a mente un proverbio indiano che mi accompagna da anni: “Il mondo non lo ereditiamo dai nostri padri ma lo prendiamo in prestito dai nostri figli“. E’ così che dobbiamo ragionare se non vogliamo arrivare a un punto di non ritorno.
Roberto Collorafi
Fonte: Tasc
WWF Russia, petizione per la protezione delle foreste
Il WWF Russia ha lanciato nel 2013 una petizione per la protezione delle foreste, puntando a ottenere la firma di oltre 100.000 cittadini russi. L’obiettivo è una legge che torni a proteggere le foreste, che le recenti modifiche del codice forestale hanno aperto allo sfruttamento industriale indiscriminato, anche in molte aree protette. Se la petizione avrà successo, sarà in grado di proteggere un’area grande il doppio della Francia, mettendo sotto protezione il 18 per cento delle foreste del paese.
“Le risorse forestali della Russia sono già esaurita, a causa di un eccessivo sfruttamento nel periodo sovietico, e del taglio illegale degli ultimi decenni. Negli ultimi 150 non è cambiata la metodologia nel decidere la quantità di legname da prelevare delle foreste. Questo ha portato le compagnie del legno a cercare sempre nuove foreste per lo sfruttamento commerciale “, spiega Konstantin Kobyakov, del WWF Russia.
“Le recenti modifiche alla legge fanno di queste aree un obiettivo primario per le compagnie del legno”, ha aggiunto.
Le foreste da proteggere coprono 17 diverse categorie, tra cui zone umide, boschi che assicurano prodotti non legnosi (funghi, bacche, noci), le foreste montane, le foreste boreali di tundra, le zone verdi, i parchi, le foreste urbane e zone di riproduzione delle fauna e di deposizione delle uova.
Aree forestali situate sulla riva di fiumi, torrenti, laghi o mari, così come le zone verdi attorno alle grandi città, dovrebbero rientrare nella definizione di “boschi soggetti a protezione ‘ .
Queste foreste servono a proteggere i bacini idrogeologici, a fornire acqua potabile, ad assicurare la fertilità del suolo, a stabilizzare il clima, a pulire l’aria, così come a fornire cibo alla fauna selvatica (frutti di bosco, funghi e noci). Queste aree avranno anche un a funzione ricreativa per gli abitanti delle grandi città, e di reddito sussidiario per le famiglie delle aree rurali.
Il WWF ritiene che le foreste in grado di assicurare preziosi servizi non possono essere sacrificate allo sfruttamento industriale: “Per 70 anni di queste foreste ci hanno protetto. Ora è giunto il momento di proteggerle. Per questo la legge forestale deve tornare a vietarne lo sfruttamento industriale”, ha aggiunto Kobyakov.
Fonte: Salva le Foreste
Davidoff Cool Water e National Geographic Society, partnership per la salvaguardia degli oceani e di aree marine protette
A sostegno della salvaguardia degli oceani e della creazione di aree marine protette
Prosegue anche per il 2013 l’accordo di partnership per il programma Pristine Seas tra National Geographic Society e Davidoff Cool Water, a sostegno della salvaguardia di alcuni degli ultimi luoghi incontaminati degli oceani e della creazione di aree marine protette.
La partnership è iniziata lo scorso anno, con una spedizione alle Pitcairn Islands nell’Oceano Pacifico, guidata dal dottor Enric Sala, ecologista marino ed Explorer-in-Residence National Geographic. 384 immersioni hanno avuto luogo nelle acque delle Pitcairn Islands, per un totale di 450 ore a persona sott’acqua, 40.210 pesci, 14.500 alghe e 6.300 colonie di coralli contati e misurati. Dopo aver visto ciò che il team della spedizione ha trovato, la comunità Pitcairn nel Settembre 2012 ha votato all’unanimità per la protezione delle loro acque. Un enorme successo per l’iniziativa.
Ora, in seguito al risultato positivo di questa prima spedizione l’avventura di National Geographic Society e Davidoff Cool Water continua. A seguito del rinnovo della partnership, il marchio di profumi supporterà la nuova spedizione iniziata al largo del Cile il 7 Febbraio 2013.
“Questo rapporto con National Geographic è fondamentale per Davidoff Cool Water. Il legame che abbiamo creato con l’oceano è diventato più forte e riteniamo essenziale proseguire a lavorare a questa partnership”, ha commentato Jean Mortier, Presidente di Coty Prestige.
Anche i fan della fragranza potranno partecipare al progetto benefico, unendosi al brand nel supportare il programma National Geographic Pristine Seas. L’interazione con essi sarà implementata grazie a nuove animazioni in-store e ad attività digital.
Fonte: Olfatto Matto
Acqua, risorsa preziosa inestimabile
Il nostro pianeta è coperto da acqua per il 70% ma meno del 3% è a disposizione dell’uomo. Nonostante ciò, ogni giorno ne sprechiamo una quantità abnorme, senza renderci conto di ciò che stiamo facendo. La buona notizia è che esistono nuovi modi per aumentare le riserve di acqua, vediamo quali sono e come vengono realizzati.
Nuove forme di approvvigionamento idrico
Molta dell’acqua a nostra disposizione non è facilmente accessibile perché è intrappolata nei ghiacciai o sottoterra, quella che invece abbiamo maggiormente a disposizione si trova nell’oceano, nei fiumi e nel cielo (la pioggia). Ed è proprio da queste tre fonti di acqua che dobbiamo attingere per creare le nuove riserve.
Desalinizzazione
Con questo processo viene rimosso il sale dall’acqua di mare per produrre acqua potabile. Di solito gli impianti di desalinizzazione si trovano a terra e quindi risulta difficoltoso trasportare l’acqua potabile da un luogo ad un altro; in ogni tragitto, infatti, ne può essere trasportata una quantità limitata.
La società Water Standard Company ha pensato di risolvere questo problema installando un impianto di desalinizzazione a bordo di una nave in modo da poter produrre acqua potabile ovunque. Pensate che una loro nave può produrre fino a 280 milioni di litri di acqua potabile al giorno, sufficienti a rifornire 750 mila persone!
Ma non è tutto così semplice. La desalinizzazione, infatti, ha un costo molto elevato perché necessita di tanta energia: per separare il sale dall’acqua dolce, bisogna spingere l’acqua attraverso un filtro microscopico, grande più o meno come un atomo. Questo processo, inoltre, potrebbe anche alterare gli ecosistemi marini perché il sale concentrato che viene separato dall’acqua, viene ributtato in mare.
Pulizia dei fiumi
Molte cittá utilizzano l’acqua dei fiumi, ma molti di questi sono inquinati perché ci vengono gettati dentro metalli, plastica, e tantissime altre sostanze che avvelenano l’ecosistema marino. Uno dei fiumi più inquinati è, ad esempio, il Mississipi ed un ragazzo di nome Chad Pregracke ha ben pensato di fondare un’organizzazione chiamata Living Lands & Waters che dal 1998 si è occupata inizialmente di pulire solo quel fiume, ma oggi si occupa di bonificare tutti i fiumi d’America, affinché gli abitanti possano utilizzarne la loro acqua.
Tutti i volontari che ne fanno parte, raccolgono ogi giorno migliaia di bottiglie, pneumatici, palle da bowling, frigoriferi e ogni genere di oggetto gettato nei fiumi, lo portano a riva e lo suddividono per riciclarlo.
Raccolta di acqua piovana
La pioggia è stata da sempre utilizzata nei millenni come acqua nelle società agricole in quanto è un elemento piuttosto puro. Se si riuscisse a trovare un modo di raccogliere grosse quantità di acqua piovana e mantenerla pura, è ragionevole pensare che questa possa essere utilizzata anche come acqua potabile.
A San Juan ad esempio, Tim Pope ha ideato un efficace sistema di raccolta dell’acqua piovana: la pioggia cade sul tetto che possiede delle scanalature verso l’interno, scende nella grondaia, va in un tubo sottoterra e attraverso una pompa viene spinta in una cisterna da 113mila litri dove viene immagazzinata. L’acqua piovana, però, per essere potabile deve essere purificata con una combinazione di filtri e luce ultravioletta, che, comunque, sono facilmente sostituibili all’occorrenza.
Conclusioni
L’acqua è una risorsa preziosa che non deve essere sprecata perché è insostituibile; non dobbiamo darla per scontata pensando che non possa esaurirsi perché è proprio quello che sta succedendo. Se saremo in grado di creare riserve d’acqua accessibili, soprattutto nei luoghi dove ci sono persone che ne hanno bisogno, perché rischiano la vita, avremo trovato la soluzione giusta per salvare il pianeta e noi stessi.
Fonte: Tasc
Energia, sguardo allo sviluppo sostenibile
Oggi, nell’era del consumo, sembra che l’attenzione alla materie prime e la salute dell’ambiente siano argomenti di cui nessuno si interessa, o di cui nessuno parla. Purtroppo il pianeta è più fragile di quanto si pensi, quindi ecco una piccola guida su tutto quello che c’è da sapere delle energie pulite!
Partiamo dalla definizione
Wikipedia detta:
In economia e ingegneria energetica con il termine energia sostenibile (o energia verde) si considera quella modalità di produzione ed utilizzazione dell’energia che permette uno sviluppo sostenibile.
Lo sviluppo sostenibile è un processo finalizzato al raggiungimento di obiettivi di miglioramento ambientale, economico, sociale ed istituzionale, sia a livello locale che globale. Tale processo lega quindi, in un rapporto di interdipendenza, la tutela e la valorizzazione delle risorse naturali alla dimensione economica, sociale ed istituzionale, al fine di soddisfare i bisogni delle attuali generazioni, evitando di compromettere la capacità delle future di soddisfare i propri. In questo senso la sostenibilità dello sviluppo è incompatibile in primo luogo con il degrado del patrimonio e delle risorse naturali (che di fatto sono esauribili) ma anche con la violazione della dignità e della libertà umana, con la povertà ed il declino economico, con il mancato riconoscimento dei diritti e delle pari opportunità.
Si evince dunque dal concetto precedente che sensibilizzarsi nel rispetto dell’ambiente è delle risorse non è solo una questione economica, ma è una cosa da fare nel proprio interesse, nell’interesse degli uomini e della propria sopravvivenza.
Energie rinnovabili
Tra le tecnologie rinnovabili più utilizzate troviamo:
Impianti fotovoltaici: impianto elettrico costituito essenzialmente dall’assemblaggio di più moduli fotovoltaici, i quali sfruttano l’energia solare incidente per produrre energia elettrica mediante effetto fotovoltaico.
Impianti solari termici: dispositivi che permettono di catturare l’energia solare, immagazzinarla e usarla nelle maniere più svariate, in particolare ai fini del riscaldamento dell’acqua corrente in sostituzione delle caldaie, generalmente alimentate tramite gas naturale.
Impianti eolici: producono energia eolica che viene per lo più convertita in energia elettrica tramite una centrale eolica, mentre in passato l’energia del vento veniva utilizzata immediatamente sul posto come energia motrice per applicazioni industriali e pre-industriali (come ad esempio nei mulini a vento).
Ci sono tanti altri modi per produrre energia pulita, come le centrali geotermiche e idroelettriche. Oggi si riesce a produrre energia perfino dal movimento delle onde marine.
Da alcuni esperimenti si è riuscito a creare motori che consumano lo 0% di carburante! Essi vengono messi in azione tramite energia magnetica (grazie al semplice concetto “poli opposti si respingono, poli uguali si attraggono”). Inspiegabilmente, o per ovvie ragioni, queste tecnologie non vengono finanziate, e quindi non sviluppate e messe in commercio.
Un investimento per il futuro
Istallare un impianto tra quelli sopra descritti, è un investimento che comporta si una grande spesa, ma sicuramente anche un grande guadagno! nel corso degli anni si può risparmiare su gas e luce, e se istallate un impianto abbastanza potente che produce più energia di quanto consumate, potete vendere quella in eccesso venendo retribuiti dall’Enel. Inoltre lo Stato mette a disposizione per i cittadini vari finanziamenti.
Antonio Carbone
Fonte: Tasc
Ambiente, cosa fare del vecchio cellulare
Al giorno d’oggi, cambiare il cellulare appena un nuovo modello esce sul mercato, è diventato quasi una routine. E man mano che compriamo i nuovi modelli, quelli vecchi rimangono abbandonati in un cassetto o buttati via, il più delle volte senza seguire le regole della raccolta differenziata. Quindi, per evitare sprechi e per non danneggiare l’ambiente, vediamo insieme come assicurarci che il nostro vecchio cellulare “muoia” dignitosamente.
5 utili consigli
1. Conservalo
Innanzitutto un vecchio cellulare può servire come sostituto del nuovo nel caso si guasti. Infatti è dimostrato che i nuovi cellulari sono molto propensi a guastarsi rispetto ai vecchi modelli che duravano veramente tanto, e che ancora oggi girano nelle tasche degli italiani (un esempio è il classico Nokia 3310, di cui non a caso circolano molte parodie nel web). Quindi tenetene sempre uno di riserva e mi raccomando: i contatti salvateli nella SIM!
2. Vendilo
Il secondo modo più veloce, ed anche più redditizio, per liberarsi del vecchio cellulare è quello di venderlo. Molti negozi ritirano telefonini usati per poi rivenderli. Prima di portarlo da un rivenditore, però, assicuratevi di controllare bene lo stato in cui si trova il vostro cellulare, poiché se è molto danneggiato ovviamente nessuno lo vorrà comprare, ma se è tenuto bene ed è un modello raro, potrebbe valere molto di più di quello che pensate!
Attenzione comunque: nel momento in cui decidete di venderlo assicuratevi di aver eliminato ogni informazione presente su di esso. Una recente ricerca ha dimostrato, infatti, che il 60% degli utenti che decide di vendere il vecchio cellulare è assolutamente convinto di aver rimosso tutti i dati sensibili, ma in realtà il 54% dei telefoni usati contiene molte informazioni sui loro proprietari precedenti. Quindi come è possibile cancellare completamente i dati dal cellulare?
Gli esperti che si occupano della sicurezza dei dati dicono che eliminarli manualmente non è sufficiente perché sarà possibile recuperarli con gli strumenti giusti. Consigliano perciò di ripristinare le impostazioni di fabbrica, dopo di che rimuovere la scheda SIM e la scheda di memoria, se presente. Inoltre bisogna eliminare ogni backup effettuato sia sul telefono che sul PC.
3. Regalalo
Una ovvia seppur scontata soluzione è quella di regalarlo. Oggi come oggi la gente è sempre più affezionata ai beni materiali e non si rende conto che possiede oggetti che non userà mai! Quindi, facendo un atto di benevolenza, si può regalare il vecchio cellulare ad un parente che ne ha bisogno, magari un nipote o un cugino che è alle prime armi, e che sicuramente non ha bisogno di uno smartphone di ultima generazione.
Ci sono inoltre alcune aziende che si occupano di ritirare i cellulari usati, recuperare le parti riutilizzabili e smaltire in maniera ecocompatibile quelle non più utilizzabili. Una di queste è “Cellulari per Beneficenza” che effettua, per ogni cellulare raccolto, una donazione a “SOS Villaggi dei Bambini”. Se siete dirigenti di un attività commerciale o azienda sappiate che tramite il loro sito internet è anche possibile richiedere dei raccoglitori per la raccolta dei cellulari usati: in questo caso, al raggiungimento del 20° telefono sarà possibile avere un ritiro gratuito.
4. Rottamalo
Alcuni gestori telefonici offrono, di tanto in tanto, incentivi per la rottamazione del vecchio cellulare se si acquista un loro prodotto. È il caso di un’azienda Americana (non c’è nulla da fare, sono avanti!), la “Erecyclingcorps”, che si occupa di riciclare e smaltire il vostro cellulare in cambio di buoni acquisto. Ma non c’è da temere! Anche in Italia si sta muovendo qualcosa. Infatti l’azienda 3 sta proprio lavorando su un programma che prevede incentivi per gli utenti che decidono di riciclare i vecchi cellulari.
Se invece siete solamente amanti dell’ambiente e non vi interessa ricevere incentivi ma solamente “liquidare” ecologicamente il vostro cellulare, potete rivolgervi a Vodafone, che si sta occupando di smaltire i cellulari in modo pulito. Il progetto è partito nel 2000 e prende il nome di “My Future”, e prevede il ritiro di vecchi cellulari in 800 negozi Vodafone One e 130 centri assistenza indipendenti, in cambio di punti Vodafone One.
5. Trasformalo
Infine, se nessuna delle soluzioni precedenti vi convince, è possibile trovare nel web tantissimi modi di “trasformare” un vecchio cellulare. Ci sono tutorial per generare uno spettroscopio o addirittura un microscopio. Addirittura, tramite alcune modifiche, si può far diventare il cellulare uno spy-phone, con tanto di avviso di chiamata nel caso venga scoperto! Con alcune conoscenze tecniche si può anche decidere di farne un modem o il telecomando per un vecchio televisore.
L’idea green
Se ancora non siete certi che l’ambiente venga rispettato e avete l’animo davvero green, in Olanda è nato quello che fa per voi: il cellulare biodegradabile! Il designer olandese Gert-Jan van Breugel ha infatti progettato Bamboo. E’ un telefonino che, al termine del proprio ciclo di utilizzo, può essere sotterrato: l’involucro è, infatti, fabbricato in bioplastica, derivata da materie prime rinnovabili come il mais e il bambù. Una volta buttato, Bamboo riserva una piacevole sorpresa: dopo poche settimane l’involucro si disintegrerà e i semi di bambù contenuti al suo interno inizieranno a germogliare. Per fare l’albero, ci vuole il seme…o il cellulare!
Pensateci prima!
Insomma da oggi in poi, prima di gettare il cellulare nel primo cassonetto trovato per strada, pensateci bene perché le alternative ci sono, e sono molte. Basterebbe riflettere un po’ di più su ciò che facciamo per rendere il mondo un luogo migliore.
Antonio Carbone
Fonte: Tasc
Ibride, auto del futuro sempre più green
Come si evolverà nel futuro il settore automobilistico? Quali rivoluzioni porterà? Da bambini ci veniva raccontato che avremmo viaggiato su auto volanti, o altre fantasie che ai giorni nostri sono più adatte ai film di fantascienza che alla vita di tutti i giorni. Il futuro che ormai si prospetta davanti a noi sembra sempre più indirizzato a ridurre i consumi e le emissioni di gas serra, a prescindere dalla tecnologia (Elettrica, Ibrida, Idrogeno ecc.). Agli attuali mezzi di locomozione a motore viene sempre attribuita la colpa dell’inquinamento delle nostre città: sono infatti responsabili del 36% della CO2 presente nell’aria, dell’83% delle polveri sottili, dell’86% dell’ossido d’azoto e del monossido di carbonio. Ora, finalmente, l’auto è in una fase di evoluzione tecnologica mirata all’ecologia.
Tutti seguono il trend
Su scala mondiale tutte le principali aziende del settore automobilistico si stanno impegnando per realizzare prototipi di “eco-car” a bassa emissione di CO2: basti pensare che allo scorso salone di Ginevra, gran parte delle presentazioni di prototipi o di conceptcar erano indirizzati verso una mobilità più ecocompatibile.
Anche l’UE di recente ha approvato nuove leggi che fissano ad oggi un tetto di emissione per ogni auto di 130gr/km di CO2, e che prevedono un graduale processo di abbassamento fino ad arrivare nel 2020 a 95gr/km, come stabilito dal protocollo di Kyoto. Se pensiamo che attualmente la media delle autovetture è di 150gr/km è subito chiaro che le case automobilistiche dovranno trovare soluzioni innovative.
Ma quale sarà la tecnologia trionfante?
In lotta ci sono le auto ibride, che stanno riscuotendo un notevole successo, quelle elettriche, sulle quali c’è ancora molta strada da percorrere per incrementarne l’autonomia (il vero tallone d’Achille di questo tipo di auto) quelle ad idrogeno, come il prototipo di auto a fuel cell di idrogeno presentato recentemente a Bergamo (tecnologia molto promettente sulla quale scriveremo un articolo prossimamente) e per ultime le auto a biocombustibili, tecnologia ancora in fase di sperimentazione per le auto.
L’elettrica si fa avanti
Tra le varie opzioni sovra indicate quella che per ora sembra ricevere più attenzioni è sicuramente l’auto a motore elettrico. E ciò per vari motivi: il litio è una risorsa ampiamente disponibile (le batterie sono costituite da polimeri di litio), livello di sicurezza dei motori altissimo, hanno un’efficienza energetica del 90% (notevolmente maggiore rispetto al 25% dei classici a benzina e del 40% dei diesel), non emettono gas di scarico, sono silenziosi, sono più performanti in accelerazione, in quanto il propulsore elettrico eroga immediatamente la coppia massima (ci si è finalmente resi conto che la convinzione “le auto elettriche sono di serie B” è totalmente infondata)… ecc.. Un esempio di una casa automobilistica che sta scommettendo su questa tecnologia è la BMW, che con la nuova serie i si sta impegnando per progettare un’auto nata per essere elettrica (quelle attuali spesso sono normali auto a cui viene sostituito il motore con uno elettrico)
Nonostante questi pregi hanno anche alcuni difetti, che sono quelli che non ne permettono una veloce diffusione: Ci sono pochi punti di ricarica pubblici, anche se ormai tutte le auto elettriche sono dotate di sistema plug-in (la possibilità di ricaricare l’auto solo con una normale presa), costano più di una vettura normale (anche se il costo si ammortizza con gli anni) ma soprattutto hanno un’autonomia piuttosto scarsa, difetto non da sottovalutare (anche se con il progresso tecnologico le batterie migliorano di giorno in giorno) visto che in media le auto elettriche hanno un’autonomia di 100km, e, che rimangono piuttosto scarsi anche considerando che l’87% degli spostamenti in europa è inferiore a 60km.
Le ibride, una via di mezzo che sembra accontentare tutti
Come accennato sopra, le auto ibride stanno avendo molto successo. Esse infatti uniscono i vantaggi del motore elettrico (tecnologia che come detto ha ancora molti difetti e quindi da perfezionare) a quelli di un normale motore a benzina. Le auto ibride infatti sono alimentate da due motori: uno elettrico e uno a benzina, i quali possono funzionare contemporaneamente o singolarmente. La loro forza sta nel fatto che la gestione dei motori viene effettuata automaticamente, dunque se l’autonomia della batteria sta per esaurirsi il computer metterà automaticamente in funzione il motore a benzina, il quale potrà o caricare la batteria o prendere il posto del motore elettrico.
Conclusioni
Le auto ibride rappresentano quindi l’inizio di un processo di transizione che, con l’innovazione tecnologica e il miglioramento delle batterie agli ioni di litio, e con il supporto degli incentivi statali (seguendo come esempio l’UE, gli USA e la Cina, dovrebbero arrivare anche in Italia nel 2013) consentiranno di liberarci dalla schiavitù dell’oro nero. Tutto per iniziare a vivere in un mondo migliore senza distruggere le risorse del nostro pianeta.
Fonte: Tasc
Greenpeace, richiesta creazione parco nell’Artico
Al Rio+20 i negoziatori sono incapaci di produrre documenti incisivi e mentre l’unica preoccupazione presa in considerazione è quella di evitare un fallimento formale, le associazioni ambientaliste,non che una parte del mondo imprenditoriale, hanno intenti ben più propositivi.
Infatti Greepeace ha volutamente mobilitato ambientalisti, attori, famosi imprenditori e rock-stars per lanciare il progetto ambito di un grande parco nell’Artide, un’area protetta per far si che vengano bloccate le trivellazioni e la pesca eccessiva.
Alla campagna di adesione si sono uniti già Paul McCartney, Penelope Cruz, Robert Redford, la “boy band” One Direction, Sir Richard Branson, il regista Pedro Almodovar, il leader dei Radiohead Thom Yorke, Emily Blunt, Baaba Maal, Lucy Lawless, Javier Bardem, la star di Boolywood Dev Patel e molti altri, tra cui 9 vincitori di Oscar e 10 vincitori di Golden Globe.
Greenpeace ha stillato un elenco con i nomi di coloro che hanno aderito all’iniziativa, celebrità in primis nella lista, sperando di raggiungere la quota di 1 milione, la quale verrà inserita in una capsula e adagiata sul fondale del mare artico.
Paul Mc Cartney afferma: “L’artico è una delle regioni più belle e incontaminate del pianeta, ma è sotto attacco. Alcuni paesi e alcune aziende vogliono aprirlo alle trivellazioni per la ricerca di idrocarburi e alla pesca industriale e fare all’artico quello che hanno fatto al resto del nostro fragile pianeta. Mi pare una pazzia andare alla fine del mondo per strappare gli ultimi barili di petrolio quando la scienza ci dice che dobbiamo uscire dai combustibili fossili per dare ai nostri figli un futuro. Un giorno, da qualche parte, dovremo ribellarci a tutto questo. E io dico che il momento è adesso e il posto è l’Artico”.
Marius Creati