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Stefano Consiglio

Stefano Consiglio è regista di documentari dal curriculum disseminato di titoli (anche bizzarri, ma non per questo meno seri) che lavora principalmente in RAI.
Ideatore, fin dal 1982, e curatore di Ladri di Cinema, una serie di incontri con cineasti di tutto il mondo invitati a “confessare” in pubblico i “furti” perpetrati rispetto a film o registi o generi della storia del cinema, nel 1983, pubblica Bottega di Luce, un insieme di interviste con i direttori della fotografia. Successivamente, si avvicina molto di più alla cinepresa diventando l’aiuto regista di Roberto Benigni ne Tu mi turbi (1983) con Nicoletta Braschi, Claudio Bigagli, Carlo Monni, Mariangela D’Abbraccio e Serena Grandi.
Passa poi a Giuseppe Bertolucci, lavorando con lui ne Segreti segreti (1984), e alla realizzazione di documentari sui set cinematografici dei film di Sergio Leone, Ettore Scola e Richard Donner, trasmessi su Rai Tre. A questi si aggiungono anche i cortometraggi Stefania Sandrelli Story (1990), Non aprite all’uomo nero (1990), Lampi d’amore. Tre storie di donne che amano troppo (1990), Una prostituta allo specchio (1990), Adolescenti in bilico (1991), Via Abat, una strada verso l’Europa (1991), Mosca, crimini e misfatti (1991) e La camera da letto (1992), una versione filmata dell’omonimo poema di Attilio Bertolucci. Collaboratore della trasmissione Mixer, ritorna al documentario con Voci per un dizionario cubano (1996) e dopo alla fiction con Le strade di Princesa (1997). Tra il 1999 e il 2002, lavora ancora per la RAI nei documentari: Appunti per un mongolo sulla luce (1999), Argilla (2000), Il nostro futuro. Un anno dopo l’11 settembre (2002), L’uomo flessibile (2003), Appunti per un film sulla lotta di Melfi (2004) e Il futuro, comizi infantili (2007). Dopo essere stato aiuto regista di Mario Monicelli ne Panni sporchi (1999), dirige L’amore e basta (2009) che racconta con estrema leggiadria le cronache vere di internazionali amori omosessuali.
Simone Menegoi
Simone Menegoi (1970, vive a Bologna e Milano). Critico, curatore e docente d’arte contemporanea, dal luglio del 2018 è Direttore artistico di Arte Fiera (Bologna). è stato redattore di Tema Celeste e del Giornale dell’Arte e ha collaborato con numerose riviste d’arte e di design, tra cui Mousse magazine, Kaleidoscope e Artforum, testata su cui scrive con continuità dal 2011.
Dal 2005 cura regolarmente mostre in spazi privati e pubblici, in Italia e all’estero. Uno dei suoi interessi principali è il dialogo fra la scultura e altri media (fotografia, performance, video, suono), cui ha dedicato diverse esposizioni. Ha curato mostre in spazi espositivi in Italia e all’estero, tra cui: Nouveau Musée National de Monaco; Museo Marino Marini, Firenze; Triennale di Milano; David Roberts Art Foundation, Londra.
è autore di numerosi testi su aspetti dell’arte contemporanea e di scritti monografici su vari artisti, fra i quali Caroline Achaintre, Mirosław Bałka, Becky Beasley, Manon de Boer, Ulla von Brandenburg, Peter Buggenhout, Hubert Duprat, Attila Csörgő, John Duncan, Flavio Favelli, Francesco Gennari, Wolfgang Laib, Mark Lewis, Roman Ondák, Giulio Paolini, Joachim Schmid. I suoi scritti sono comparsi nelle pubblicazioni di varie istituzioni internazionali, fra le quali Tel Aviv Art Museum; Ludwig Museum, Budapest; Villa Romana, Firenze; Kunstforum Aachen; Fondazione Prada (Milano e Venezia); Camden Arts Centre, Londra; GAM – Galleria d’Arte Moderna, Torino; S.M.A.K., Ghent; Palazzo Fortuny, Venezia; Museion, Bolzano; MUDEC – Museo della Culture, Milano; Hangar Bicocca, Milano; MASI – Museo d’Arte della Svizzera Italiana, Lugano.
Nel 2008 è stato guest curator presso La Galerie (Noisy–Le–Sec, Parigi), dove ha realizzato la mostra Fables du Doute. Nel 2013 e 2014 è stato curatore dello CSAV – Artists’ Research Laboratory della Fondazione Ratti, Como. Nel 2016 è stato guest curator presso la XXIer Haus, Vienna. Dal 2009 al 2016 ha collaborato più volte, e in varie vesti, con Artissima – Fiera internazionale d’arte contemporanea, Torino. Dal 2012 al 2014, insieme a Cecilia Canziani, ha ideato e curato ZegnArt Public, un programma di commissioni di opere pubbliche in Paesi emergenti e residenze per artisti in Italia, sostenuto dal gruppo Ermenegildo Zegna.
Jack Kirby
Jack Kirby nasce a New York nel 1917 in una famiglia di immigrati austriaci di origine ebraica, come rivela il nome anagrafico Jacob Kurtzberg.
La sua prima serie di successo, e il primo dei suoi iconici personaggi, è stato Captain America, creato nel 1941 insieme allo sceneggiatore Joe Simon. È bene ricordare che, al momento della sua nascita, Capitan America non era una semplice icona patriottica, ma una precisa dichiarazione politica: un eroe antifascista che combatteva Hitler nel momento in cui gli Stati Uniti erano ancora lontani dall’entrata in guerra. Già in queste prime storie, Kirby inizia a riscrivere le regole della composizione della tavola a fumetti, una ricerca che porterà avanti per tutta la sua carriera.
Nel dopoguerra, Kirby e Simon continuano a realizzare fumetti di ogni genere, dal western al poliziesco all’horror, ma ottengono i maggiori successi nel genere rosa, con la serie Real Love. In questi racconti destinati al pubblico femminile, Kirby inserisce nell’intreccio temi sociali come la discriminazione razziale e lo scontro tra le classi, ma getta anche le basi di quell’iconografia sentimentale, ma già venata d’ironia, che diverrà pervasiva e verrà raccolta dalla pop art.
Nel 1961 avviene l’incontro con Stan Lee, uno spartiacque nella carriera di Kirby. La coppia riporta in vita il concept del supereroe, caduto in disgrazia dopo la Seconda Guerra Mondiale, e inventa tutti i principali personaggi della Marvel Comics: I Fantastici Quattro, Thor, Hulk, Iron Man, gli X-Men, Pantera nera… Il contributo di Kirby non è limitato al character design e alla realizzazione di molte delle storie, ma è fondamentale nello sviluppo della personalità e del significato dei personaggi: una rivoluzione nella cultura popolare ancora lontana dall’essere conclusa.
Per il resto della sua carriera, l’autore resterà legato ai supereroi e alla fantascienza, sempre più attraversate da luci mistiche e filosofiche, particolarmente evidenti nel mondo post-apocalittico di Kamandi e nella versione a fumetti di 2001 A Space Odissey.
Le sue tavole e le sue illustrazioni continuano a essere studiate e citate dagli autori del fumetto popolare come di quello d’avanguardia, e anche da artisti di altre discipline. Spesso indicato come “The King of Comics” dai suoi colleghi, Kirby ha stabilito gli standard del fumetto occidentale per concedersi poi, all’interno di questi standard, una sempre maggiore libertà creativa, sviluppata nell’equilibrio tra sapienza compositiva e un potente, a tratti inquietante, senso del meraviglioso.
Antonietta Raphaël
Antonietta Raphaël, artista cosmopolita e anticonformista, fu tra le voci femminili più aperte e libere del Novecento. Testimone delle immani tragedie del secolo, fu capace di fondere, nella sua incessante ricerca visionaria, la memoria della millenaria tradizione ebraica con l’utopia, amalgamando nella pittura e nella scultura l’angoscia con la gioia di vivere.
Nata in Lituania da famiglia ebraica – il padre era rabbino e la madre, di origini sefardite, esperta di teologia – alla morte del genitore nel 1905, a causa delle leggi di discriminazione delle minoranze ebraiche e lo scoppio della rivoluzione, si trasferisce con la madre a Londra dove studia musica e frequenta l’ambiente artistico, in particolare lo studio dello scultore di origini polacche, Jacob Epstein. Scomparsa la madre, un dolore profondo le impone di lasciare Londra; nel 1924 si ferma a Parigi e poi a Roma; qui porterà la vivacità e la ricchezza dei suoi viaggi e dei suoi incontri, scintilla essenziale per la nascita del sodalizio con Scipione e Mario Mafai che sarà chiamata «Scuola di via Cavour» o «Scuola romana». Da Mafai, che diviene compagno di vita, avrà tre figlie, Miriam, Simona e Giulia.
Raphaël affronta incessantemente il tema della maternità inteso come «l’inizio del mondo, l’inizio delle cose, di tutte le cose» e, attratta con energia crescente dalla scultura, lo trasferisce nel gesso, nella terracotta o nel bronzo.
Valeria Montaldi
È nata a Milano, dove ha seguito gli studi classici e si è laureata in Storia della Critica d’Arte. Dopo una ventina d’anni di giornalismo dedicato a luoghi e personaggi dell’arte e del costume milanese, nel 2001 ha esordito nella narrativa con Il mercante di lana (Premio Città di Cuneo, Premio Frignano, Premio Roma), a cui sono seguiti Il signore del falco, Il monaco inglese (finalisti Premio Bancarella), Il manoscritto dell’imperatore (Premio Rhegium Julii), La ribelle (Premio Città di Penne, Premio Lamerica, Prix Fulbert de Chartres), La prigioniera del silenzio.
I suoi romanzi sono pubblicati in Francia, Spagna, Portogallo, Germania, Grecia, Serbia, Ungheria, Brasile.
Andrea Chisesi
Andrea Chisesi nasce a Roma nel 1972, all’età di due anni Andrea e la sua famiglia si trasferiscono a Milano, qui frequenta il Liceo Artistico e il Politecnico. Nel 1998 apre il suo studio “Andrea Chisesi photographer” in Porta Venezia, studio nel quale si occupa principalmente di fotografia ma nel quale inizia a sperimentare quella tecnica che lui stesso definirà “Fusione” tra pittura e fotografia. Dal 1998 al 2008 , la fotografia di ritratto sarà per l’artista l’attività principale che lo porterà a pubblicare su prestigiose riviste come Vogue, Vanity fair, Max, Rolling Stone e a ritrarre nel suo studio e sui set cinematografici personaggi tra cui attori, scrittori, musicisti di fama mondiale come Harvey Keitel, Robbie Wiliams, Ken Follet, Steven Tyler e molti altri. Nonostante i suoi successi in campo fotografico Andrea Chisesi non ha mai smesso di dipingere, sperimenta le sue prime “Fusioni” tra pittura e fotografia e continua la sua ricerca iconografica nella pittura pura.
Nel 2008 apre il suo atelier di pittura in via Piranesi a Milano.
Fusioni e Vortici sono i suoi due percorsi, che porta avanti parallelamente.
Il primo percorso necessita di una rigorosa progettualità, la tela viene preparata pittoricamente per accogliere la fotografia, successivamente continua ad essere dipinta.
Il secondo al contrario, da libero sfogo a quella istintività ed al gesto che l’artista dal 2008 porterà davanti al pubblico con le sue live performance.
Proprio questa esigenza di essere rapido, incisivo nel tratto, davanti ad un pubblico attento lo portano ad adottare la tecnica del dripping, anche nella realizzazione di soggetti figurativi.
Anche se apparentemente molto diversi i due percorsi di “Fusione” e di pura pittura si intrecciano soprattutto nella fase preparatoria delle opere.
Camille Rose Garcia
Camille Rose Garcia nasce del 1970 a Los Angeles, in California. Le immagini sovversive di Garcia definiscono il suo stile basato su elaborate narrazioni sociopolitiche, che l’artista cela sotto strati di sfumature dal fascino fiabesco, che sottilmente criticano i fallimenti delle utopie capitaliste celebrate dalle controculture americane.
La scrittura spezzettata e i film surrealisti di William Burroughs, come anche i vecchi cartoni della Disney e della Fleischer influenzano le scene frammentate e descrittive di Garcia. Le superfici dei suoi dipinti, infatti, sono consumate come se fossero state ripetutamente ridipinte, e rimandano così ai vecchi film degli anni ’50. Le figure che dimorano nella surreale immaginazione dell’artista divengono le remote cugine delle fiabe classiche e dei cartoni dei primi del ‘900.
I lavori grotteschi di Garcia esplorano l’oscurità delle favole, riflettendo sulle memorie d’infanzia dell’artista, specchi della contro-cultura di Los Angeles, che risalta nel suo aspetto violento e sgradevole. Come afferma in una sua intervista: “Ciò che mi fa diventare matta mi motiva”.
Il lavoro di Garcia è stato esposto nelle gallerie e nei musei di tutto il mondo e presentato in numerose riviste tra cui Juxtapoz, Rolling Stone, e Modern Painter. Le sue opere d’arte sono state esposte al “Los Angeles County Museum” and nel “San Jose Museum of Art’s”, che ha ospitato la retrospettiva di Garcia “Tragic Kingdom”. Garcia ha inoltre collaborato con The Walt Disney Museum per la mostra “Camille Rose Garcia: Down the Rabbit Hole”, dove ha esposto una serie di illustrazioni ispirate alle storie Disney.
Oltre alle sue mostre personali, si annovera la sua presenxa all’ “Art from the New World” al “Bristol City Museum”, “Pop Surrealism” tenutasi al Museo delle Arti Visuali, del Palazzo Collicola, a Spoleto, in Italia, “Turn the Page” al “The Virginia Museum of Contemporary Art”
(MOCA), e “Cross The Streets” al “Museum of Contemporary Art” (MACRO) di Roma, in Italia nel 2017.
Gary Chang
Gary Chang
Gary Chang, nato a Hong Kong nel 1962, si è laureato in architettura nel 1987. Ha diretto lo studio Edge dal 1994 fino al 1998, quando ha aperto il proprio ufficio Edge (HK) Ltd. Assistente alla facoltà di architettura dell’Università di Hong Kong dal 1995, ha tenuto lezioni alla Technische Universiteit di Delft (1997), al Royal College of Art di Londra (1999) e al Politecnico di Milano e di Torino (2002). Ha partecipato a numerosi convegni e workshop internazionali d’architettura. Suoi progetti sono stati esposti nella rassegna «Archilab 2001» a Orleans, in Francia (2000), alla VIII Biennale di architettura di Venezia (2002) e nella mostra monografica «Play Lab», organizzata all’Hong Kong Art Centre (2000). Tra i principali premi nazionali e internazionali vinti: il concorso di design indetto dalla XXII Triennale di Milano (1985), il 25° concorso Central Glass (Tokyo, 1990), gli Asia-Pacific Interior Design Awards (Hong Kong 1993, 1994, 1998, 1999, 2000, 2001), il premio del presidente dell’Istituto degli architetti di Hong Kong (1996), il Grohe Design Award (Singapore, 1997) e l’Hong Kong Young Architect Award 1996. Tra i progetti recentemente realizzati si possono ricordare la clubhouse Cannes Garden a Guangzhou (2002) e una casa per i week-end nel Comune della Grande muraglia a Beijing (2001-02), nella Repubblica Popolare Cinese, e il complesso residenziale Gifu Kitagawa II a Gifu, in Giappone (2001-02).
Born in Hong Kong in 1962, Gary Chang graduated in architecture in 1987. He was director of edge 1994-98, then set-up his own office edge (hk) ltd 1998. Assistant Professor in Hong Kong University from 1995-2000, he lectured at the Technische Universiteit in Delft (1997), the Royal College of Art in London (1999) and at the Polytechnics in Milan and Turin, Italy (2002). Panel-speaker at various architectural conferences-workshops. His projects were displayed at Archilab 2001 in Orléans, France (2000), the 7th (2000) and 8th (2002) International Biennale of Architecture in Venice and had his first solo exhibition, Play Lab, at the Arts Centre in Hong Kong (2000). He has won representative awards internationally and regionally: the 22nd Triennale of Milan (1985), 25th Central Glass Competition in Tokyo (1990), the Asia-Pacific Interior Design Awards in Hong Kong (1993, 1994, 1998, 1999, 2000, 2001), President Prize of the Institute of Architects Annual Awards in Hong Kong (1996), the Grohe Design Award in Singapore (1997), and the Young Architect Award in Hong Kong (1996). Recent projects include the Cannes Garden Clubhouse at Guangzhou (2002) and a weekend house in the Commune by the Great Wall, Beijing (2001-02), in China, and Kitagata Housing Phase II at Gifu, Japan (2001-02).
Fonte: Alessi
Achille Castiglioni
Achille Castiglioni
Nato a Milano nel 1918, inizia nel 1938 l’attività di architetto e designer in collaborazione con i fratelli Livio e Pier Giacomo. Uno dei grandi Maestri del design italiano, è stato negli anni ’50 membro fondatore dell’Adi. Tra i numerosi premi ricevuti, otto edizioni del Compasso d’Oro. La sua attività di designer è caratterizzata da un inconfondibile mix di semplicità, ironia e divertissement uniti a una attenta curiosità per il modo in cui gli oggetti sono usati, per la tecnologia e per i nuovi materiali. Muore nel dicembre del 2002.
Fonte: Alessi
Manolo Blahnik
Nato nelle Isole Canarie, Blahnik si trasferisce a Londra e inizia a lavorare nella calzatura negli anni Settanta. Blanhik ancora oggi si reca ogni stagione nei laboratori italiani vicino a Milano per alcune settimane l’anno per creare le nuove collezioni. Ogni scarpa viene sviluppata a partire dai suoi bozzetti che sono poi tradotti in prototipi nei laboratori artigianali. Le forme finite e i tacchi che ne derivano sono tutt’oggi perfezionati da lui stesso.
Negli anni Manolo ha ricevuto molti premi come il Couture Council of America.
Nel 2007 il designer ha ricevuto dalla regina Elisabetta II, l’Honorary Commander of the Most Excellent Order of British Empire (CBE). Ha vinto il premio Year Award by Footwear News, per la collezione SS17 VetementsxManoloBlahnik. Numerose le pubblicazioni sul suo lavoro, tra cui “Fleeting Gestures and Obsessions”, pubblicato da Rizzoli International, nel 2015. Le sue calzature sono nelle più importanti collezioni museali del mondo, tra le mostre, Manolo Blahnik al Design Museum di Londra nel 2003, The art and craft of shoes al Victoria and Albert Museum nel 2015 e The art of shoes a Palazzo Morando a Milano nel 2016.
manoloblahnik.com