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Breve compendio sulla canonicità dell’omosessualità odierna

Sul piano individuale concordo pienamente nella completa latitanza del buon gusto che negli ultimi anni ha trasformato la nostra società in quello che potrei definire blasfemia culturale epocale, che poi vediamo sfociare anche nella sacralità. Le immagini pittoresche della mostra di Elisabeth Ohlson Wallin a Bruxelles ne rappresentano un risultato evidente. Molto clamore virale per poche immagini al di fuori del consueto ampiamente riconosciuto.
Non posso asserire che rasentino il buon gusto o che abbiano una diafanìa spirituale che rispetti ciò che oggi molti ancora considerano come cristianità. Ma probabilmente l’impatto emotivo é un cliché dirompente desiderato dalla fotografa per sensibilizzare l’argomentazione attraverso una chiave di lettura visiva di facile riconoscibilità emotiva.
Negli ultimi secoli siamo stati abituati a vedere, quindi a recepire, una sacralità legata al divino, dedita ad un conformismo religioso piuttosto austero e subissato da una devozione assoluta, poi divenuta prostrazione negli anni più turbinosi della cristianità. Pur tuttavia questa prostrazione eccessiva era sbagliata sul piano umano, anche se all’epoca le popolazioni ignoranti ne erano sopraffatte!
Non bisogna assolutamente dimenticare che il sacrilego, per come noi oggi possiamo definire alcune di queste scene fotografiche, abbia trascinato la chiesa del passato e quindi tutta la cristianità in continui déjà-vu storici laddove più volte la rappresentazione artistica suscitasse, spesso e malvolentieri, la riluttanza di coloro che si sentivano conformi alla conservazione dell’austerità. Ciò non toglie che sotto l’egida dell’intransigenza sacrale della fede, molti alti prelati sfogavano ira e sadismo sessuale oltre misura a discapito di fedeli inermi ed impauriti dalla solennità.
Ma diciamo che per quanto riguarda il cattivo gusto estetico, nonché una mancanza apparente di rispetto verso coloro che pensano che il sacro debba essere assimilato in un certo modo piuttosto che in un altro, posso comprendere le recriminazioni subissate del momento… in un certo senso sono d’accordo!
Ma per ben inteso, sono un uomo che va oltre l’apparenza della realtà. Quindi sotto questo profilo non sono perfettamente d’accordo, poiché tutto ciò che noi vediamo – mi riferisco alla decadenza socioculturale odierna che ad esempio si discosta completamente dal decadentismo post accademico vissuto alla fine dell’ottocento – rappresenta un profilo scomodo di ciò che sia stato creato nel mondo che ci circonda.
Tutto quello che osserviamo, tutto quello che assimiliamo in maniera distorta, tutto ciò che recepiamo come fastidio culturale o sacrale, non è altro che induzione involontaria!
Mi spiego meglio… l’iconografia blasfema della sacralità non è altro che il risultato di ciò che sia stato creato nel corso del tempo dalle istituzioni plasmate dalle classi di potere e perseguite senza indugio dalle masse.
È l’uomo che con la sua riluttanza indotta ha creato l’ideologia omosessuale come la vediamo oggi, l’ha plasmata nel corso degli anni, l’ha resa debole, usurpabile, sacrificabile e ancor peggio prostitutiva! Ragion per cui l’iconoclastia omosessuale per come la si vede nel presente è un fallimento della società. Le classi elitarie avrebbero dovuto renderla conforme, piuttosto che spingerla nella diversità durante il corso dei secoli, mentre invece l’hanno resa sempre più povera di contenuti, alquanto ghettizzata, nonostante che gran parte del genio umano sia riconducibile ad una diversa sfera sessuale dell’uomo.
Le classi omosessuali oggi si vedono così perché siamo stati noi – la comunità cosmopolita, la società odierna, il genere umano – a dipingerle diverse, a renderle tali! E non possiamo colpevolizzarne lo status quo presente senza assumersi la responsabilità di ciò che sia stato creato involontariamente, ma volontariamente da chi ne ha strumentalizzato la fattispecie dal remoto passato fino ad oggi.
La cosiddetta decadenza morale dell’omosessualità è un prodotto ideologico studiato a tavolino, come nel tempo è stata studiata la decadenza morale dell’omofobia non meno importante della decadenza morale del femminicidio!
Mi fermo qui perché altrimenti dovrei inoltrare temi ancora più profondi.
Purtroppo questa trasformazione radicale e negativa della società andrà avanti! Andrà peggio fino a quando le masse non si renderanno conto che l’assoluto controllo delle cose porterà alla dissoluzione, quindi alla dissociazione e quindi al caos strutturale. Quando ci si renderà conto che la diversità, anche sessuale, non è altro che una parte dell’insieme, quindi dell’unicità del tutto, allora il caos culturale epocale svanirà nel nulla. Ma quando le masse riusciranno a comprendere che il potere della compensazione è nelle mani dell’armonizzazione… Probabilmente mai!
Marius Creati
foto di Elisabeth Ohlson Wallin (mostra di Bruxelles)

“Radical Voice. Woman, Life, Freedom”, exhibition of Fashion Revolution Iran at Fondazione Sozzani in Milan

JAN JIAN AZADI – ‘FREEDOM OF WOMEN’S LIFE’ IT IS THE SYMBOL OF COURAGE. IT IS BREAKING THE SILENCE OF IRANIAN WOMEN. THE PRINCIPLES OF THE PROTESTS IN DEFENSE OF WOMEN’S RIGHTS ARE ENCLOSED IN THREE WORDS, WHICH HAVE THEIR ROOTS IN HISTORY. THANKS TO THIS SLOGAN THE PROTEST HAS GROWN FROM IRAN TO THE WHOLE WORLD.
EXHIBITION OPENING
THURSDAY MAY 11, 2023 AT 5.30PM
FONDAZIONE SOZZANI, VIA ENRICO TAZZOLI 3, MILANO
WITH
LEILA & SARA SHIRVANI, VIOLONCELLIST AND PIANIST
MARTINA CASTIGLIANI, AUTHOR AND JOURNALIST OF IL FATTO QUOTIDIANO
NAZANIN KARIM KHANI, FASHION REVOLUTION IRAN COORDINATOR
SARA SOZZANI MAINO, FONDAZIONE SOZZANI CREATIVE DIRECTOR
SOMAYEH HAGHNEGAHDAR, IRANIAN DOCUMENTARY FILM DIRECTOR
TALK
SATURDAY 13 MAY 2023 AT 6.00PM
WITH
MARCO CARRARA, TELEVISION JOURNALIST AND UNICEF NEXTGEN AMBASSADOR
PEGAH MOSHIR POUR, HUMAN AND DIGITAL RIGHTS ACTIVIST
SENNAIT GHEBREAB, AUTHOR, ACADEMIC AND WINNER OF THE TALENTED YOUNG ITALIANS AWARD IN THE UK
RSVPMAILING@FONDAZIONESOZZANI.ORG
ON VIEW FROM THURSDAY MAY 11 TO SUNDAY 14, 2023
THE PHOTOS MAY BE PUBLISHED ONLY FOR ARTICLES ABOUT THE EXHIBITION RADICAL VOICE. DONNA, VITÀ, LIBERTÀ. ALL OTHER USES OF THESE IMAGES IS PROHIBITED, INCLUDING BUT NOT LIMITED TO ANY EDITING OR PARTIAL REPRODUCTION OF THE IMAGES FOR ANY PURPOSE WHATSOEVER, OR USED IN ANY RETAIL ITEM WITHOUT PRIOR WRITTEN APPROVAL. NO USE ON A PUBLICATION COVER WITHOUT A SEPARATE PERMISSION.
LIST OF CREDITS OF THE IMAGES ATTACHED. FOR ANY FURTHER REQUESTS REGARDING THE USES OF THIS OR ANY PUBLICATION PLEASE WRITE TO: RADICALVOICE.IRAN@GMAIL.COM
Elisabeth Ohlson Wallin, recensione alla personale di Marius Creati

Da un punto di vista puramente culturale, quindi in tal senso figurativo, posso dire che la fotografa Elisabeth Ohlson Wallin gode di un grandissimo talento fotografico riconosciuto… Diciamo che potrebbe essere paragonata al classicismo realistico di Bruce Weber, come d’altronde non citare il grandissimo fotografo di moda Steven Meisel con le sue iconografie sessuali storiche nel mondo della fotografia, colui che ha dato vita all’immagine iconografica erotomane di Madonna… possiedo un suo libro fotografico in edizione limitata di SEX acquistato negli anni 90… L’arte fotografica d’altronde rispecchia in chiave moderna quella figurativa dei secoli scorsi – ma anche di alcuni artisti attuali pedissequi del nudo sessuale contemporaneo – in cui il concetto di sessualità era applicato da molti artisti dell’antichità, oggi non fortemente conosciuti ma non bisogna dimenticare che il sesso, anche quello omosessuale, è sempre stato presente nella sfera della cultura umana.
Diciamo che la politica strumentalizza l’arte e ne fa un uso diverso da ciò che sembra. Quindi non mi sento compartecipe nel criticare la figurazione di una fotografa di grande impatto, che nel suo lavoro ha cercato di esprimere un concetto che va oltre la politica, e va oltre la bellezza intrinseca dell’immagine, ma tutt’altro scorgo dell’ideologia di rivalsa… certo l’artista per emergere cavalca l’onda, e l’onda viene trasportata dalla ventata politicante che ne strumentalizza l’operato. Laddove qualcuno veda la scabrosità di certe immagini, alcune delle quali possono essere in qualche modo riconducibili a vessazioni culturali o semplicemente blasfemie di natura religiosa, ribadisco la concettualità di ciò che si voglia esprimere in qualunque tipo di esperienza artistica, in tal caso fotografica.
Osservando le foto della mostra credo che il concetto di base che Elisabeth Ohlson Wallin desidera esprimere rientra nella sfera spirituale del mondo omosessuale, o in maniera più completa, LGBTQ+, termine oggi di gran moda in ambiente culturale e politico. Aldilà delle immagini grottesche, sessual pittoresche, magari iconograficamente sacrileghe sotto certi punti di vista, ciò che l’arte fotografica esprime rientra nella piena canonicità religiosa di cui gli stessi omosessuali si sentono compartecipi, poiché appartenenti allo stesso tessuto sociale contemporaneo di coloro che invece si sentono ancora avversi alla loro presenza nel mondo. Piuttosto scorgo un grido di rivalsa di natura religiosa, d’altronde da anni le classi omosessuali rivendicano il proprio diritto alla parità rispetto alle ingiustizie evase nel tempo.
Credo che il messaggio che vorrebbe infondere l’artista sia proprio connaturato all’ideologia di potersi identificare sul piano religioso, come sul piano umano, con le stesse rivendicazioni ideologiche e quindi teosofiche dell’uomo hÉteros. In sintesi le classi omosessuali non sono diverse dalle altre. Negli ultimi cinquant’anni sono stati costretti ad usare il linguaggio del corpo per emergere dall’emarginazione sociale, i gay Pride sono un classico esempio di come abbiano strumentalizzato l’esasperazione della carne attraverso l’immagine corporale per definire e quindi rivendicare la propria identità, allorquando la società moderna li aveva emarginati a classe inferiore.
Quindi aldilà del fronte politico che vede nella rivendicazione ideologica omosessuale un modo per sconvolgere l’opinione pubblica e quindi trarne vantaggio, ciò che evince dalle immagini della mostra personale di Elisabeth Ohlson Wallin è un grido di riconoscimento religioso: “l’omosessualità non ha una natura umana diversa, per cui l’omosessuale può amare Dio come tutti gli altri, esserne compartecipe nel credo e nella spiritualità della fede”, che fino ad oggi è stata spesso negata per incompatibilità ecumenica, e lo espone attraverso l’elemento ideologico che lo ha contraddistinto nel spazio del tempo, ossia il linguaggio del sessualità.
Marius Creati
Verna Oro presenta David Ferrante, 25 marzo a Pescara

“Racconti di streghe, fantasmi e di me”, libro di David Ferrante
Superficialmente sono 5 storie che parlano di…
Scurnacchiera
Lupo mannaro
Il fantasma di Salle
Il fantasma di Popoli
La pantafica e una strega
Sono storie gotiche metafore dell’amore e della vita
Parlo di me anche se non facilmente comprensibile
Tutto il libro è un’analisi personale e anche una metafora della vita e dell’amore….
Quarta di copertina
Il passato ha ombre lunghe e radici profonde che possono abbracciarci o, al contrario, avvolgerci così strettamente da ucciderci. La ricerca della luce si fa esigenza vitale, ma è accompagnata dalla sofferenza – la stessa del neonato che spinge per uscire dal grembo materno, e del morente proteso verso la luce che è liberazione da ogni suo male. In quella terra di mezzo tra la vita e la non-vita, anche le visioni assumono una corporeità a volte consolatoria, a volte angosciante. È lo spaesamento dell’uomo solo davanti all’inconoscibile: inerme, confuso, inadeguato, per quanto si sforzi di lottare, non ha modo di opporsi alla ferocia di un destino ineluttabile. In questi cinque racconti David Ferrante fa rivivere la memoria dell’antica sapienza abruzzese intrisa di rituali, superstizioni, rimedi magici e credenze sopravvissute alla polvere del tempo. Animano le sue pagine leggendarie figure mostruose, personaggi ambigui, maestri d’inganni e donne affascinati nella loro inafferrabile unicità. È un viaggio tra passato e presente, tra fantasia e verità, che si traduce in un sofferto, emozionante amalgama di crudeltà e amore.
VERNA ORO, nell’occasione presenterà “Dalle spezie alla moneta”, un incontro culturale a cura dei maestri orafi Giampiero verna e Fabio Verna per dissertare sulla diffusione dei metalli e delle spezie nel nostro passato.

“BOOM! La moda italiana”, mostra artigianato moda e made in Italy a Lucca

Moda, artigianato e Made in Italy: “BOOM! La moda italiana” è la mostra organizzata dalla Fondazione Banca del Monte di Lucca su proposta e ideazione di Sabrina Mattei, a 70 anni dalla prima sfilata nella “Sala Bianca” di Palazzo Pitti a Firenze, e ha inizio sabato 6 agosto 2022 a Villa Bertelli a Forte dei Marmi (LU).
Il progetto è partito nel 2021 con il convegno “BOOM! La moda italiana – Economia e rinascita” tenutosi nel settembre 2021 a Villa Bertelli (Forte dei Marmi) per celebrare due ricorrenze: il settantesimo anniversario della prima sfilata di moda che Giovan Battista Giorgini realizzò, il 12 febbraio 1951 a Villa Torrigiani a Firenze, dando di fatto il via al primato della moda italiana sul panorama internazionale, e il cinquantesimo anniversario dalla sua scomparsa.
La mostra “BOOM! La moda italiana”, parte dello stesso progetto, volutamente si svolge quest’anno, sempre in omaggio all’imprenditore fiorentino che nel 1952, 70 anni fa, organizzò l’evento con i buyer internazionali nella famosissima “Sala Bianca” di Palazzo Pitti. Giorgini è infatti senza dubbio colui che ha acceso i riflettori internazionali sulla unicità della moda italiana e, in tema di anniversari, Lucca non potevano non celebrarlo, dal momento che le sue origini sono lucchesi e i suoi natali a Forte dei Marmi (LU).
“La mostra ‘BOOM! La moda italiana’ si basa su alcuni masterpiece di quegli anni – spiega Sabrina Mattei, ideatrice e curatrice del progetto e della mostra per la Fondazione Banca del Monte di Lucca – realizzati da Schubert, Gucci e la scarpa Kimo in gentile prestito dalla Fondazione Ferragamo tra gli altri, e sulla restituzione che l’alta moda nascente ebbe sulla provincia italiana. Un punto di vista originale che ha aperto collezioni pubbliche e private non solo toscane e fiorentine, ma anche provenienti dal nord e sud Italia. È il frutto di una rete di collaborazioni, in primis quella con il comitato scientifico, che con grande generosità ha supportato il progetto, certificando la scientificità delle scelte e suggerendo importanti chiavi di lettura. Un tema sugli altri è stato quello di aprile gli archivi delle famiglie della provincia italiana, molto caro alla professoressa Beatrice Romiti dell’Università La Sapienza di Roma, che purtroppo ci ha lasciati prematuramente e a cui sarà dedicata la mostra e il catalogo”.
In mostra saranno esposti anche gli scatti dell’archivio Locchi (il più grande archivio fotografico sulla storia di Firenze e della Toscana) e del grande fotografo di moda: Mario Semprini, la cui figlia Marina ha aperto in esclusiva l’archivio di famiglia. E di Mario Semprini è la foto della modella con un abito di Schuberth simbolo della mostra.
Tra le altre curiosità esposte c’è la Barbie originale del 1959 (collezione Paglino/Grossi), in omaggio alle donne americane che tanto apprezzarono il nostro Made in Italy. Una sala, con arredi vintage (collezione Torcigliani), sarà dedicata alla proiezione di alcuni filmati d’epoca provenienti dall’Istituto Luce e da Rai Teche.
La mostra vede il prezioso contributo delle seguenti aziende storiche fiorentine, che hanno fatto la storia della moda a livello mondiale e hanno aperto i propri archivi storici per la mostra: Atelier Giuliacarla Cecchi (sartoria di Alta Moda italiana), Mazzanti Piume (piume), Flora Lastraioli Studio & Atelier (lingerie), Mode Liana (Cappelli e accessori di modisteria), Verniani (Pelletteria di Lusso), del Museo Daphné della Moda e del Profumo di San Remo.
“BOOM! La moda italiana”
Villa Bertelli, Via Giuseppe Mazzini, 200, 55042 Forte dei Marmi LUApertura sabato 6 agosto ore 11, chiusura domenica 28 agosto.
Palazzo delle Esposizioni di Lucca, piazza San Martino, 7, 55100 Lucca
Apertura venerdì 10 settembre ore 18, chiusura domenica 16 ottobre.
“Figurarsi il Tempo” al Museo delle Arti – Castello De Sterlich-Aliprandi, recensione di Marius Creati

La mostra bipersonale é davvero affascinante…
Giorgio Cutini non lo conoscevo, possiamo definirlo un vero maestro e cultore della fotografia, in alcuni tratti evoca il mistero dell’essere presenti, perlomeno persistenti… ho apprezzato molto i suoi scatti annichiliti nella nebbia del tempo immortalati in quell’istante di realtà.
Marco Stefanucci é fine a se stesso! Formidabili le sue Vanitas, mi colpisce molto il suo stile, i suoi volti carichi di espressione, simbolicamente metafisica dell’eternità in cui il tempo si disperde in quelle forme che non sono più neanche immagini di volti, ma figure ectoplasmatiche indissolubili. Lo sfondo noir accentua la carica estetica… Il volto femminile all’ingresso della mostra è fenomenale con il suo squarcio frontale evoca una visione prospettica del tempo che nuoce alla realtà.
Due artisti fenomenali seppure diversi nel loro stile. Complimenti al curatore d’arte Anthony Molino per la scelta emblematica.
L’arte è un godimento dei sensi!
Marius Creati
“Espressioni e Verità – Il gruppo Die Brücke e oltre”, mostra sull’Espressionismo presso l’Imago Museum di Pescara

Sabato 2 luglio, a partire dalle ore 18,00 presso l’Imago Museum di Pescara, sarà aperta al pubblico la mostra “Espressioni e verità – Il gruppo Die Brücke e oltre”, la più importante e completa collezione in Italia sull’Espressionismo.
Il progetto espositivo raccoglie il corpus delle più originali tendenze estetiche e ideologiche dell’arte espressionista “storica”: 66 opere (acquarelli, inchiostri di china, xilografie, litografie) di Fritz Bleyl, Erich Heckel, Ernst Ludwig Kirchner, Karl Schmidt-Rottluff e altri esponenti del gruppo Die Brücke (Il Ponte). La mostra rappresenta un evento culturale tra i più importanti del 2022 per la città di Pescara e per il Medio Adriatico Italiano, rafforzando il carattere internazionale del polo espositivo Imago Museum.
La collezione, proveniente dall’impegno del regista teatrale e drammaturgo Rocco Familiari e della consorte, è stata acquisita in proprietà dalla Fondazione Pescarabruzzo sarà resa visitabile presso il museo, con un allestimento che condensa in sé una delle più significative esperienze dell’arte avanguardista del Primo Novecento. Se l’Impressionismo è l’approdo anche eversivo di ben cinque secoli, l’Espressionismo apre, rompendo gli schemi, le successive principali stagioni dell’arte del XX secolo e che continua tuttora nella sua spinta innovativa.
Il visitatore sarà immerso nell’identità più pura dell’Espressionismo, frutto di un atteggiamento di rivolta contro la tradizione culturale, oltre che etico-civile, largamente diffuso tra le giovani generazioni intellettuali della Germania dei primi del Novecento. Il gruppo Die Brücke, infatti, irrompe sulla scena della modernità con l’esperienza espressionista nel 1905 a Dresda, grazie all’impegno iniziale di alcuni studenti di architettura, tra i quali: Fritz Bleyl, Erich Heckel, Ernst Ludwig Kirchner, Karl Schmidt-Rottluff. Questi giovani artisti coltivano fin da subito l’idea di una rappresentazione volta all’essenziale, capace di produrre immagini di grande immediatezza, tanto nella forma quanto nel colore. L’esigenza di ricerca espressiva, ossia di “trarre fuori” gli elementi costitutivi dell’opera dall’interiorità dell’individuo, porta il gruppo ad adottare uno stile “abbreviato”, ed è soprattutto la xilografia che diventa lo strumento espressivo decisivo nelle principali opere realizzate. Il gruppo Die Brücke acquisisce negli anni una dimensione internazionale dei suoi membri, distinguendosi in mostre itineranti in tutto il Nord Europa.
Il percorso espositivo in mostra da oggi permette di attraversare i vari aspetti sui quali si sono soffermati gli artisti, dai ritratti alle nature morte, dalla figura femminile o maschile alle passioni, alle follie, al tema della morte, fino all’apoteosi dell’arte xilografica più essenziale.
Al periodo berlinese degli Espressionisti rivolge il suo omaggio anche la pittrice Giosetta Fioroni, esponente della Scuola di Piazza del Popolo, con l’opera “Berliner” (in mostra) a rafforzare il concetto di oltre per il gruppo Die Brücke, con la sua capacità di influenzare tutta l’arte del Novecento.
“Figurarsi il tempo”, mostra bipersonale presso Castello Museo delle Arti di Nocciano

Figurarsi il tempo
Bipersonal Exhibition con Giorgio Cutini e Marco Stefanucci. A cura di Anthony Molino
con il patrocinio del Comune di Nocciano
dal 2 al 31 Luglio 2022 | Castello De Sterlich / Museo delle Arti di Nocciano (Pe)
Istituzione Castello e Museo delle Arti di Nocciano -Nocciano (Pe) www.castellonocciano.it/
Mystic, personale di Riccardo Paternò Castello presso la Galleria SACCA di Pozzallo

Domani alle ore 18 appuntamento con l’arte contemporanea alla Galleria SACCA di Pozzallo (Ragusa) per l’inaugurazione di MYSTIC, la personale di Riccardo Paternò Castello (Catania 1980, vive e lavora a Milano).
La mostra, a cura e con un testo critico di Giovanni Scucces, focalizza l’attenzione sulle opere più recenti, realizzate fra il 2020 e il 2022, in particolare quelle tratte dalle serie “Pitture nere” e “Tabula rasa”.
Due corpus molto diversi fra di loro, sia esteticamente che tecnicamente. Infatti, il primo è il risultato di operazioni eseguite con solventi su supporti in tessuto nero, sbiancati in modo da plasmare diffondendo luce e intervenendo, poi, con dei pigmenti di colore. Egli agisce su una superficie monocroma, decolorandola con bagni e colpi di pennello. E come fosse uno scalpellino, ciò che viene rimosso non può più essere aggiunto, corretto.
Le opere dell’altra serie, invece, sono frutto di un lavoro basato su un disegno che fuoriesce in maniera delicata e appena percettibile dal fondo bianco della tela. Con l’uso di grafite e/o carboncino traccia un disegno labile concentrandosi sugli aspetti principali dell’opera originaria. Poi, come a negare il suo operato, interviene con la gomma e l’acrilico bianco a sfumare, purificare, dissolvere, dando un’aurea di misticità, una sensazione di trasognato che ben si adatta alle rappresentazioni a carattere sacrale qui presentate.
Il fil rouge fra i vari lavori è dato dal legame che l’autore intrattiene con alcune opere e artisti del passato; non un confronto su base tecnica, che risulterebbe poco utile e sterile, ma sulla costruzione formale della composizione.
Le opere di riferimento da cui scaturiscono i suoi lavori sono tratte principalmente dal repertorio rinascimentale e barocco. Le scene vengono distillate di tutti gli “orpelli”, dei significati reconditi e portati all’essenza della rappresentazione. I personaggi, talvolta, perdono le loro caratteristiche fisionomiche pur mantenendo una propria riconoscibilità data dalla posizione o dalla postura assunta.
I suoi lavori sembrano avere anche un legame recondito con gli affreschi. Le Pitture nere ricordano infatti delle pitture murali erose dallo scorrere dei secoli, seppur prive della stratificazione di stucchi e colori; mentre le Tabula rasa hanno il sapore di uno spolvero intaccato dal tempo su un intonaco bianco. Anche in questo caso, lo spolvero aveva un legame diretto con l’affresco, dato che veniva utilizzato come disegno preparatorio per la sua realizzazione.
Pertanto, attraverso un modus operandi sperimentale, antitetico e contemporaneo, si respirano secoli di storia. Sta a noi riconoscerli e immergerci nei loro meandri, alla scoperta di nuove possibili e più attuali letture.
La mostra potrà essere visitata fino al 30 giugno, dal martedì al sabato, secondo i consueti orari d’apertura o su appuntamento.
Informazioni
SACCA gallery – Contenitore di sicilianità – Via Mazzini, 56 – Pozzallo (RG)
Titolo della mostra: MYSTIC – Riccardo Paternò Castello.
Inaugurazione: 8 maggio 2022 ore 18
Periodo: 8 maggio – 30 giugno 2022
A cura di Giovanni Scucces
Apertura al pubblico: dal mar. al sab. ore 16.30-19.30 / mar. e gio. anche di mattina ore 10-13. Domenica, lunedì e fuori orario su appuntamento.
Contatti:
web www.sacca.online
social (Facebook, Instagram, LinkedIn) sacca.online
e-mail info@sacca.online
phone +39 338 1841981 (Giovanni Scucces)Link Evento Facebook (confermaci la tua presenza)
“The Red Hot”, mostra giapponese a Carrara



The Red Dot una grande mostra di arte giapponese a Carrara presso Vôtre Spazi Contemporanei – dal 9 aprile al 26 giugno
Dal 9 aprile al 26 giugno 2022, le sale di Vôtre Spazi Contemporanei presso Palazzo del Medico a Carrara ospitano la mostra The Red Dot, a cura di Nicola Ricci e Federico Giannini, con testo critico di Federico Giannini e patrocinio dell’ambasciata del Giappone in Italia. The Red Dot è una mostra che raduna circa quaranta opere di quindici artisti giapponesi contemporanei. La selezione include opere di scultura e pittura di artisti storicizzati, mid-career ed emergenti, con l’obiettivo di fornire al pubblico una panoramica sulle attuali tendenze dell’arte giapponese. Gli artisti in mostra sono Takako Hirai, Misaki Kawai, Ayumi Kudo, Fumitaka Kudo, Kazumasa Mizokami, Tomoko Nagao, Hidetoshi Nagasawa, Maki Nakamura, Yoshin Ogata, Akiko Saheki, Yuji Sugimoto, Isao Sugiyama, Sisyu, Kenji Takahashi, Kan Yasuda.
The Red Dot: il rosso richiama il colore dell’Hinomaru, il “disco solare” che campeggia al centro della bandiera del Giappone, mentre dot, letteralmente “punto” in inglese, vuol essere, oltre a un ulteriore richiamo alla forma dell’Hinomaru, anche una sorta di dichiarazione d’intenti. Stabilire dunque un punto fermo, senza pretesa di esaustività, per operare una prima ricognizione, una panoramica a volo d’uccello sull’arte giapponese dei giorni nostri, in un momento storico in cui le produzioni nipponiche cominciano a riaffacciarsi con decisione sul mercato, grazie anche a una nuova generazione di artisti che, lavorando sulla lezione dei grandi maestri (alcuni dei quali presenti in mostra: Kazumasa Mizokami, Maki Nakamura, Hidetoshi Nagasawa, Yoshin Ogata, Kan Yasuda) e assorbendo l’estetica tipica del paese, dànno luogo a risultati oltremodo interessanti.
La mostra di Vôtre vuole gettare uno sguardo sulle produzioni di alcuni importanti artisti giapponesi dei giorni nostri, orientando l’indagine su tre linee: la scultura contemporanea giapponese (in particolare quella in marmo), l’arte legata alla cultura pop del Giappone, e le produzioni di illustratori e artisti più legati alla tradizione. L’obiettivo è quello di far emergere la ricchezza di un panorama che, dagli anni Sessanta-Settanta a oggi, non ha smesso di rinnovarsi, guardando alle produzioni occidentali ma senza mai perdere il legame con la tradizione e giungendo pertanto a risultati di assoluta originalità.
“In un momento in cui l’arte contemporanea asiatica viene comunemente associata alle produzioni cinesi e coreane, anche nel nostro paese, la scena giapponese rimane in realtà molto vitale”, dichiarano i curatori Ricci e Giannini. “La mostra The Red Dot intende pertanto fornire al pubblico alcuni spunti per cogliere questa vivacità, senza naturalmente porsi l’obiettivo di restituire ai visitatori una veduta completa su ciò che il Giappone delle arti oggi riesce a offrire, dal momento che il panorama è ben più vasto. È stata comunque operata una selezione rappresentativa di alcune delle principali tendenze che, emerse alcuni decenni fa, continuano a informare gli attuali sviluppi dell’arte in Giappone. Da molto tempo non si teneva una mostra sull’arte giapponese con questi obiettivi e di questa portata. Inoltre, un particolare focus, dal momento che la mostra si tiene a Carrara, è stato dedicato alla scultura in marmo, materiale molto apprezzato dagli scultori giapponesi attivi in Italia, che hanno ampliato le possibilità di espressione che il marmo offre”.
The Red Dot è visitabile presso le sale di Vôtre Spazi Contemporanei (Palazzo del Medico, piazza Alberica 5, Carrara) dal lunedì al sabato dalle 15:30 alle 19:30, dal 9 aprile al 26 giugno. Inaugurazione aperta a tutti sabato 9 aprile dalle 18 alle 21. La mostra è a ingresso gratuito. Per informazioni telefonare al numero +39 3384417145, inviare una mail all’indirizzo associazionevotre@gmail.com oppure visitare il sito https://www.votrespazicontemporanei.it.