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Mehdi Sefrioui

January 13, 2017 Leave a comment

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Mehdi Sefrioui è nato a Tangeri,  di professione fotografo,  e vive tra Parigi e Casablanca realizzando i suoi scatti che definisce “di strada” dal 2010.  Nelle sue immagini, Medhi cattura i momenti effimeri della vita, espressioni di varia umanità conditi da puro senso estetico e bellezza. Ultima sua creazione con Another Africa, debuttando nella fotografia di moda, celebrando il black body; un omaggio all’Africa nera dove uguaglianza, bellezza e moda possono convivere e coesistere creando bellezza, economia e benessere.

Fonte: My Amazighen

Categories: Ritratti

Marrakech, leggenda dei sette santi

November 9, 2016 Leave a comment

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La cifra sette ha una simbologia cosmica molto forte in diverse culture e religioni. Rappresenta la perfezione del Creato, i sette giorni della settimana, i sette anni dell’Età della Ragione. Nei libri sacri delle tre religioni monoteiste, Dio ha creato il mondo in sette giorni. A Marrakech la leggenda dei sette santi  sembra riscoprire una moltitudine di credenze profondamente radicate nelle popolazioni berbere (i Berberi erano animisti, in seguito vennero islamizzati). A Rissani, nel Tafilalet, il santuario di Sbaâ Rsan, i sette sposi, è dedicato a sette fratelli che si uccisero perché la famiglia proibì loro di sposare le ragazze che avevano scelto, di cui erano innamorati. Più vicino a Marrakech il pellegrinaggio dei Regraga che perpetua il Daour, la visita alle tombe dei sette santi fondatori della Confraternita dei Chiadma, situata nell’entroterra di Essaouira. Secondo la tradizione musulmana, i sette dormienti di Efeso sono chiamati Ahl al Kahf o Ashâb al Kahf: le persone della caverna o della grotta che si parla nella 18a sura del Corano (sura della caverna) è a loro consacrata. Secondo la leggenda intorno al 127 D.C., piuttosto di sacrificarsi agli idoli pagani, i sette giovani cristiani di Efeso(Turchia)  furono chiamati davanti ad un tribunale a causa della loro fede e vennero condannati ma momentaneamente rilasciati.

Per evitare nuovamente l’arresto voluto dall’imperatore Decio, si nascosero in una caverna sul monte Celion, dalla quale uno di essi, Malco, vestito da mendicante, andava e veniva per procurare il cibo. Scoperti, vennero murati vivi nella grotta, che venne sigillata da un masso. I sette giovani si addormentarono nell’attesa della morte. Verso la metà del V° secolo vennero miracolosamente svegliati dai rumori di alcuni pastori che stavano costruendo un recinto per il loro gregge. Malco, tornato ad Efeso, scoprì con stupore che il cristianesimo eran diventata la religione dell’Impero. Vissero un giorno soltanto, per dimostrare il miracolo voluto da Dio per onorare il loro credo, e l’imperatore Teodosio II fece costruire una tomba ricoperta di pietre d’oro. Il culto dei sette dormienti si sviluppò velocemente in Oriente e nell’Occidente cristiano. Se sono il simbolo, nell’Islam, della fiducia in Dio, lo sono anche come testimoni della resurrezione per la quale sono venerati. Ad Efeso, si continua ad onorare i loro santuario e ogni anno migliaia di pellegrini, musulmani e cristiani, si raccolgono a pregare alla casa di Maria e alla caverna. Il culto è celebrato in altri paesi musulmani come a Damasco e in  in Algeria (presso Sétif). Il culto si spande dall’Inghilterra all‘Afghanistan, dalla Finlandia allo Yemen. Un cane accompagnava questi giovani cristiani, Qitmir, che si accuccio ai piedi del grande masso per vegliare i suoi compagni, ed è l’unico cane presente nel Corano ad avere l’accesso al Paradiso: “E li avresti creduti svegli, mentre invece dormivano, e li voltavamo sul lato destro e sul sinistro, mentre il loro cane era accucciato con le zampe distese, sulla soglia (…) rimasero dunque nella loro caverna trecento anni, ai quali ne aggiunsero nove“. Nell’Islam il sette è ugualmente un numero che simboleggia la perfezione: sette sono i cieli e i mari, sette le divisioni dell‘Inferno, sette sono le porte di ingresso al Paradiso. Sono sette i versetti dellaFatiha (la sura che apre il Corano), sette sono le lettere non utilizzatedall’alfabeto arabo “che sono cadute sotto la tavola“, sette sono le parole che compongono la professione di fede musulmana, la Sahâda. Durante il pellegrinaggio alla Mecca, i musulmani devono effettuare sette giri intorno alla Ka’ba e sette percorsi tra i monti CafâMarnia. Le sette porte del Paradiso si aprono davanti alla madre dei sette figli. Si legge, sul letto di una donna incinta minacciata di aborto, sette versi della sourate. In Iran al momento del parto, si accende una lampada e si orna con sette tipi di frutta e sette spezie aromatiche. I bambini, nell’Islam ricevono il nome il 7° giorno dalla nascita. Alla vigilia de matrimonio, la ragazza si reca al fiume e riempie e vuota per sette volte la sua brocca, poi getta nell’acqua sette manciate di grano, simbolo magico di fecondità. In Marocco, le donne sterili avvolgono la loro cintura sette volte intorno ad un tronco di un particolare albero, dove sono state fissate sette corde. Sette sono gli elementi essenziali nella parure delle donne. Per assicurare ad un defunto il perdono dei suoi peccati si tracciano sette linee sulla sua tomba; una volta interrato ci si allontana di sette passi e si ritorna davanti alla tomba, sempre di sette passi. Si pensa che l’anima dei morti resti nella tomba per sette giorni. Quando si chiede la grazia ad un santo la regola fondamentale è recarsi al santuario (Zaouia) per sette giorni consecutivi o quattro volte ogni sette giorni. Gli esempi sono innumerevoli e il  numero sette, generalmente benevolo, a volte diventa malefico. Uno scritto sacro dichiara che “il sette è difficile“. La celebre opera di Nizami, ” Le sette principesse”, unisce il simbolismo dei colori all’astrologia: “sette palazzi ognuno di un colore dei sette pianeti; in ognuno di loro si trova una principessa di uno dei sette pianeti“. I mistici musulmani dichiarano che il Corano comporta sette sensi (a volte si parla di 70 sensi); una tradizione del Profeta (hadith) afferma che il Corano ha un senso extra-esoterico e un senso esoterico; questo senso esoterico è composto, a sua volta, da sette sensi esoterici che a loro volta, posseggono cadauno sette sensi esoterici. La fisiologia mistica si caratterizza nel sufismo iraniano che si fonda sul numero sette. Autori comeSemnâni distingue sette organi (o involucri) sottili, “dove cadauno è la matrice di un profeta nel microcosmo umano“.  Il primo dei sette “involucri” è designato come “organo corporale sottile“; risponde al nome di Adamo del tuo essere”, il sesto è il “Gesù del tuo essere”. Questi involucri sottili sono associati a dei colori: nero per Adamo, blu per Noérosso per Abramo, bianco per Mosè, il giallo corrisponde a Davide, il nero luminoso a Gesù, verde per Maometto. I sette differenti stadi sulla via mistica sono simboleggiati da Attar, nel suo celebre poema intitolato “Il linguaggio degli uccelli“, da sette valli: la prima è quella della ricerca (talab), la seconda quella dell’amore (eshq), la terza della conoscenza (ma’rifat), la quarta valle è quella dell’indipendenza (istignâ), la quinta è quella dell’unità (tawhîd), la sesta quella della meraviglia (hayrat) e la settima valle corrisponde al denudamento e della morte mistica (fenâ).

Fonte: My Amazighen

Categories: Araba, Eventi Tags:

Sloughi in the Arts

November 9, 2016 Leave a comment

E’ verso il 1830 che l’Italia si aprì  all’influenza e alle suggestioni di culture lontane e misteriose. La tensione e la propulsione verso l’ignoto, i soggetti storici o fantastici, le atmosfere e le narrazioni ispirate all’Oriente introdussero al singolare genere di esotismo che si impose con forza anche nella pittura, e che fu vissuto sin dall’inizio con una forte prenominanza romantico/erotica. “Orientalisti“ è il termine, di origine francese, con cui furono denominati i pittori o gli artisti, che a partire dal secolo XVIII° si dedicarono a dipingere atmosfere e ambienti di Paesi arabi, dall’Africa del nord (Maghreb) alla Persia, ritraendo costumi e luoghi ricchi di fascino e, il più delle volte erotici. La tendenza prese piede in Francia con Eugene Delacroix che nel 1882 partecipò  ad una visita di Stato in Marocco riempiendo quaderni di schizzi con disegni di vita quotidiana locale. Da questi schizzi nacquerono opere come “La Morte di Sardanapalo” del 1827, al Louvre. Altro grande pittore orientalista francese, Jean-Léon Gérome, produsse una serie di quadri che ebbero un successo internazionale ed esposti nelle più importanti gallerie europee, con sovente dipinti degli Sloughi. Forse sono state le opere di questi artisti ad offfrire il modello per i numerosi pittori italiani che si cimentarono nel genere, che si sviluppo in Italia nel periodo del Romanticismo Storico con Francesco Hayez (“I profughi di Parga abbandonano la patria” del 1826, “Ruth” del 1835). Il gusto dell’Oriente si diffuse dal nord al Sud della Penisola; nel 1839 il napoletano Raffaele Carelli, della Scuola di Posillipo, iniziò  il suo percorso orientalista partendo verso i lidi di levante, così  come il veneto Ippolito Caffi, negli anni ’40 del ’900, si imbarcò per la Grecia (allora molto esotica), la Turchia e l’Egitto, dipingendo suggestivi paesaggi come il “Cairo, strada principale”  e i costumi volutamente riproposti in chiave romantica e fiabesca. Molti furono gli artisti veneziani attratti dall‘Oriente, e in particolare verso Costantinopoli, che per secoli era stata una minaccia e una calamita culturale. Alcuni si trasferirono, come Pietro Bellò, architetto e scenografo, e Fausto Zonaro, artista che si colloca tra gli esponenti più coerenti dell’Orientalismo. Ciò che suscitava curiosità erano ovviamente le colonizzazionie le scoperte, gli scavi archeologici di G.B. Belzoni in Egitto e quelli di Ludwing Burckhardt, uniti alle suggestioni della letteratura. Mariano Fortuny y Madrazo, pittore catalano residente in Roma tra il 1858 e il 1874, lascio’ decine di quadri di soggetto arabo-andaluso, mostrando un Marocco nuovo e anti-retorico. L’orientalista del periodo più importante (non episodico) fu l’emiliano Alberto Pasinio, che lavorava per il celebre mercante Goupil, che viaggio’ per anni nei Paesi islamici ottendendo commisioni dai sovrani. Paesaggi desertici, carovane di Touareg, flora lussureggiante, costumi pittoreschi e altopiani infiniti rivivono negli spettacolari dipinti di Pasini come “Fontana Turca“, “Carovana dello Scià di Persia” o “Superando il valico nelle grandi steppe del Korassan” del 1890-95. Da ricordare poi il fiorentino Stefano Ussi, orientalista en passant, il cui dipinto “Trasporto del Mahamal alla Mecca“, commisionatogli durante una sua permanenza a Suez nel 1869 e acquistato in seguito dal Sultano Abdul Aziz per il suo Palazzo di Costantinopoli, venne esibito con grande successo all’EsposizioneUniversale di Vienna del 1873. Al pittore il Ministero degli Esteri italiano affidò composizioni importanti, come “Ricevimento dell’ambasceria italiana in Marocco“, oggi alla Galleria nazionale d’Arte Moderna di Roma. Le tendenze tra Ottocento e Novecento portarono gli artisti ad una interpretazione ambiguadell’Oriente, visto quasi sempre come luogo di evasione e di sensuali ed eroticheperformances. Il rapporto dell’arte con il colonialismo, nell’Africa oramai conquistata, proseguì  poi con temi folk o applicò i modelli europei di stile novecentista ai Paesi vinti, assorbendone tipologie e tecniche. Questa linea pittorica non si esaurì  però  con la fine del secolo XVIII° e durante il novecento molto artisti proseguirono questo cammino. Artisti come Anselmo Bucci, Felice Casorati, Alberto Savinio, Melchiorre Melis, Giuseppe Biasi, Enrico Prampolini, Achille Funi e altri ancora.

Fonte: Sloughi Marocco

“Sloughi” di Gabriele D’Annunzio

November 9, 2016 Leave a comment

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“Questo illustre predatore dalla lingua e dal palato nero, con un ossatura che si intravede attraverso la pelle fine, pare somigli ad un nobile fatto d’orgoglio, di coraggio, di eleganza, abituato come è a dormire su bei tappeti ed a bere il latte puro da un vaso immacolato.”

Mohammed, umiltà dello stile

March 27, 2016 Leave a comment

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Quando passi davanti alla sua bottega non ti accorgi di lui. E’ un buco, una tana, qualche metro quadrato mal rassettato e soffocante. Vedi due mani che impastano, con tecnica, mucchi di lana cotta, sapone e pigmenti. Lo confondi con il nero delle pareti, della fuliggine del braciere dove cuoce la materia, è un tutt’uno con la sua sopravvivenza. Davanti al buco una arcobaleno di colori, di forme e disegni, appesi senza una apparente logica, ma tutto ha un senso. lanacotta1Quando ti sporgi all’interno per capire, il sorriso di Mohammed è disarmante, una cascata di neve candida che emerge dal viso sporco e dagli abiti consunti. E le sue mani impastano, e creano. Creano babouches, cappelli, borse di ogna forma e colore, collane e bracciali, il tutto fabbricato con della semplice e povera lana cotta. Dei capolavori di colori, alchimie azzardate che diventano uno stile, quello di Mohammed. Non ha studiato Mohammed, fa parte della tribù degli ex bambini lavoratori dei souks; lavora da sempre, non ricorda la scuola, a malapena spiaccica due parole in francese, ma è il suo sorriso d’avorio puro che parla, i suoi occhi neri che ti raccontano la sua passione per quello che fa, il suo riscatto sociale, la sua bravura, la sua arte. Sembra incomprensibile pensare che un così umile ragazzo, con la sola cultura della vita, possa creare questi oggetti di rara bellezza da cui traspaiono cultura e arte. Le sue mani, sporche e callose, riescono a produrre delle forme originali, mescolando colori, creando fantasie, nuances e raffinati inserti geometrici. Mohammed è uno stilista, allo stato puro, con sensibilità e amore per il Bello, con la grazia della non sapienza, con la tragica consapevolezza degli ultimi. Penso al lungo corteo dei maghi del fashion, alcuni macchiette di loro stessi, che nulla o poco hanno inventato, ma che vivono con spudorata ricchezza le loro vite dorate. E poi guardo Mohammed, rinchiuso nella sua tana, tra i vapori della lana che cuoce, guardo il suo giovane bel viso e nei suoi occhi intravedo la spensieratezza perduta tanto tempo fa e lo Ammiro, come si ammira un capolavoro, un tramonto, un alba nel deserto, un prezioso scrigno ritrovato. Cercatelo nel souk Sebbaghine, subito dopo i tintori della lana, nella sua piccola tana troverete tanti oggetti che con la loro umiltà vi faranno riscoprire un mondo antico, arcaico e immateriale, doni preziosi non ancora persi nel tempo, come il sorriso di Mohammed. E pensare che i suoi oggetti sono stati fotografati su importanti riviste di moda straniere e a Parigi, l’inverno scorso, le borse in lana cotta erano un must!.

Fonte: My Amazighen

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Aïd el Kébir 2015, festa del sacrificio in Marocco

September 17, 2015 Leave a comment

preghiera Aïd el Kébir

L’Aïd el Kébir (festa del sacrificio) si svolgerà in Marocco entro il 23 e il 24 settembre 2015 (fasi lunari permettendo). Questa festa ha la durata di alcuni giorni ed è la più importante in assoluto per l’Islam, simbolo di sottomissione totale di Abramo e, per estensione, di tutti i credenti in Dio (Allah). Ha luogo il 10° giorno del Dhou al Hijja, ultimo mese del calendario musulmano e segna la fine del pellegrinaggio alla Mecca. Secondo il CoranoAbramo, inviato di Dio, obbedendo ad un comandamento divino, si apprestò a sacrificare il suo unico figlio, Ismaele, nato dalla sua unione co Hajar, una ex serva della sua prima moglie Sarah, quando l’Arcangelo Gabriele sostituì, nel momento dell’uccisione, un montone a Ismaele. Questo avvenimento è situato in prossimità della Mecca e, per sottomissione a Dio, Abramo è considerato come il migliore dei musulmani (secondo la Bibbia invece, Abramo è un discendente di Noè). Obbedendo a Dio si apprestò a sacrificare il figlio Isacco, nato dalla sua prima moglie Sarah, e tre erano gli angeli presenti.  L’intervento di Dio salvò poi Isacco e l’avvenimento è situato a Gerusalemme. L’animale da sacrificare (il montone) non deve essere ucciso all’istante ma dissanguato. Secondo la legge islamica, questa operazione spetta al capofamiglia, che può delegare un sacrificatore riconosciuto, e deve essere compiuta dopo la preghiera dell’Aïd, venti minuti circa prima dell’alba, annunciata da un Imam. Il montone deve essere poi diviso in tre parti uguali; una per la famiglia, una per i vicini e amici e l’ultima, composta dai pezzi più prelibati, deve essere donata i poveri. Nel Maghreb e in Egitto si utilizza il nome Aïd el Kébir (grande festa) per distinguerla dall’Aïd el Seghir (piccola festa), che segna la fine del Ramadan. In diversi paesi dell’Africa come il Mali, il Niger, il Senegal e il Benin la festa dell’Aïd El Kebir è chiamata Tabaski, mentre  per una parte degli Amazighs (berberi) dell’Africa del nord è chiamata Tafaska. In Arabia Saudita e negli altri Paesi musulmani è chiamata Aïd el AdhaPosterò in seguito sugli aspetti socialiculturali e folcloristici di questa festività, importante e spettacolare, che può  essere poco tollerata dai turisti occidentali in quanto sono  momenti abbastanza forti e violenti; si calcola che oltre 5 milioni di montoni vengono sgozzati nella mattina del Aïd in Marocco. Quindi a tutti gli animalisti e alle persone estremamente sensibili,  consiglio di non raggiungere il Marocco ( e comunque i Paesi musulmani) in quei giorni.

Fonte: My Amazighen

“Au Maroc” di Pierre Loti, Edarc Edizioni

September 17, 2015 Leave a comment

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A proposito di questo libro sul Marocco lo scrittore Henry de Montherlant disse: ” E’ il miglior libro che ho letto sul Marocco”. Nel febbraio del 1889, a 39 anni, Pierre Loti (14 gennaio 1850 – 10 giugno 1923) ricevette una proposta da Jules Patenotre, che stava per essere nominato ministro plenipotenziario a Tangeri. Dovrà presentare le sue lettere con le credenziali al Sultano e desiderava che Pierre Loti facesse parte della delegazione ufficiale. Lo scrittore francese accettò. Loti era un autore che pubblicava molto e i suoi scritti in quel periodo furono dei successi editoriali. Si fece conoscere con diversi articoli sul Figaro che fustigavano l’eccesso delle truppe francesi a Tonkino ma, il suo nome è legato indissolubilmente alla Turchia, a Tahiti, al Senegal, al Giappone e alla Bretagna. Con il suo consenso alla missione anche l’Africa del nord sarà legata alla sua figura di scrittore.  “Au Maroc” apparve nove mesi dopo il suo viaggio ed è la prima grande opera d’arte di Loti sul viaggio. Il mondo dell’Islam è una patria mitica per lo scrittore già a 26 anni, età in cui conobbe la Turchia e la scoperta di Istanbul, il 1°agosto 1876, e per il giovane uomo divenne una data essenziale. Il mondo mussulmano corrispondeva in forma totalitaria al suo essere. Scrisse nel libro: ” Io che sempre ho sentito la mia anima metà araba, il mondo musulmano è la mia seconda patria”. Loti era turco come Stendhal era milanese. Preparò meticolosamente il suo libro; prese le sue precauzioni, avvertì che lo scritto era diverso dagli altri suoi scritti e lo pensò come un libro importante. Ebbe paura di essere frainteso, di ricevere critiche dai suoi lettori e da questi sentimenti nacque la prefazione. Loti scrisse: “Dove la vita dimora sempre uguale oggi come mille anni fa, è un paese senza strade, senza sentieri”. “Niente è stato così brusco o più completo dell’espressione di spaesamento, di cambiamento del mio essere in un altra persona di un mondo diverso e di un epoca anteriore”, scrisse nel libro. L’odore delle felci gli ricordò Saigon e la pioggia “una Bretagna di un epoca passata”. In Marocco ricevette l’aiuto di qualche francese al servizio del Sultano e visitò Fèz, i mercati, i bazar caotici e osservò dalle terrazze della medina i suoi vicini. Volle visitare anche il mercato degli schiavi ma non trovò nessuno salvo una piccola ragazza di colore che la sua maitresse obbligava a vendere il suo corpo. Descrizioni del cielo, dei fiori, la bellezza dei volti, delle attitudini, degli abiti..Tutto il suo guardare diventò scritto musicale, pretesto per l’armonia. Pochi giorni ma un impressione di affrancamento solca le pagine del libro. Durante il suo viaggio piovve molto, vide pochi alberi e sparuti villaggi, nell’itinerario voluto dalla Ambasciata ma bastò per comprendere l’essenza di un popolo. L’esperienza di Loti in Marocco ebbe inizio il 26 marzo 1889 e terminò il 4 maggio dello stesso anno. Pochi mesi che cambiarono la vita di questo artista.

Fonte: My Amazighen

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Festival Gnaoua 2014, 17° edizione a Essaouira

May 17, 2014 Leave a comment

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Gli organizzatori del Festival Gnaoua e Musiche del Mondo hanno ancora una volta affascinato il variegato popolo che segue questa manifestazione. La 17° Edizione accoglierà, dal 12 al 15 giugno a Essaouira, grandi nomi della musica. Già visto nel 2006, Ibrahim Maalouf, con la sua tromba a quattro toni e il suo charme, meravigliando meno di un mese fa gli spettatori di Jazzblanca, ad Essaouira avrà come mission di fondere la sua tromba con i crotali dei maâlem. Ma la grande sorpresa che offre il Festival si chiama Marcus Miller. Considerato come il più grande bassista jazz attuale, si produrrà in musica con l’immenso maâlem Mustapha BaqbouLa cantante soul Ayo sarà protagonista anch’essa sulle scene di Essaouira insieme ad altri grandi nomi come la violinista francese Didier Lockwood, i maâlem Hassan Boussou con una “fusione di corde pizzicate”. Sulle quattro scene dell’antica Mogador si esibiranno ancora molti maestri maâlem tra cui Abdelaziz Soudan, Benacher Bouchabchoub, Mahmoud Guinea, Moktar Guinea, Reda Stitou e Säid Oughassal. La programmazione esatta e tutti gli ospiti saranno comunicati a breve. Il Festival servirà anche a mettere in luce nuovi giovani talenti marocchini come Kif Samba, Derdba, Ganga d’Agadir, gli Issaoua d’Essaouira e di Meknès e Hmadcha. Durante questa manifestazione di risonanza mondiale, il terzo forum del Festivalanalizzerà l’Africa di oggi e l’Africa a divenire, in patnerariato con il Consiglio Nazionale dei Diritti dell’Uomo (CNDH); registi, creatori, poeti e giovani ricercatori saranno riuniti per questo dibattito. Ultima novità di questa stagione, la pubblicazione di una Antologia della musica gnaoua, composta da nove CD, per valorizzare ancora di più quest’arte orale ancestrale.

Fonte: My Amazighen

Hologram for the King… prime immagini di Tom Hanks in Marocco

May 17, 2014 Leave a comment

Tom Hanks in Marocco

Prime immagini di Tom Hanks sul set del film Hologram for the King in lavorazione attualmente in Marocco, pubblicate ieri dall’equipe del film. Nella prima immagine si vede l’attore americano perso e solo in pieno deserto. Il film Hologram of the King è diretto da Tom Tykwer, tratto dal romanzo omonimo di Dave Eggers. Oltre a Tom Hanks, il film vedrà come protagonista femminile Sarita Choudhury (Homeland) e attori come Omar Elba (Intelligence), Tracey Fairway (Enough said), David Menkin (Zer Dark Thirty) e Tom Skerrit (Top Gun). Questo film tratta la storia di un businessman Americano in una avventura folle e malinconica;  il viaggio di un uomo che ha perso praticamente tutto, in un paese che lo obbliga a rivelarsi in profondità con risvolti imprevedibili.

Fonte: My Amazighen

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Anoual, battaglia storica per la liberazione del Marocco

July 22, 2013 Leave a comment

storia

La celebrazione della battaglia storica di Anoual, combattuta dalle truppe del Rif e condotta dal leader carismatico Mohamed Ben Abdelkrim El Khattabi, costituisce una opportunità per ricordare questo episodio fantastico nella lotta per la  liberazione, del sacrificio e l’abnegazione dei combattenti rifani marocchini e il genio militare del loro capo che apportarono un duro colpo all’invasore spagnolo.  Considerata come una pagina gloriosa della storia nazionale per la difesadell’integrità territtoriale, la celebre battaglia di Anoual si inserisce nella linea delle grande epopee condotte dagli abitanti della regione contro l’occupazione iberica, sotto la bandiera del califfo  Mohamed Ameziane. Nel debutto del XX° secolo, precisamente durante il periodo 1907-1912, Mohamed Ameziane condusse una strenua  resistenza  contro l’armata spagnola, morendo in battaglia il 15 maggio 1912. Il moujahid El Khattabi prese in mano la rivolta segnando una pagina memorabile ad Anoual, un sito tra Melilla e Al Hoceima, dove il generale Silvestre diede l’ordine di concentrare il più alto numero di soldati spagnoli, dotati di armi moderne e avanzate per l’epoca. Forte della loro determinazione e galvanizzati dal fervore patriottico e la fede in una giusta causa, la resistenza marocchina diede prova di una grande disciplina dietro il loro capo, che era dotato di un arguto senso militare, conducendo la battaglia a loro vantaggio. L’armata spagnola subì una cocente sconfitta davanti a dei soldati privi di equipaggiamento e materiale logistico, e il generale spagnolo si trovò nell’obbligo di ordinare la ritirata caotica delle sue truppe da Anoual e da altre posizioni nella regione riffana.  Malgrado la sproporzione tra i rapporti di forza, Abdelkim El Khattabi, tenne testa alle unità spagnole durante lunghi anni infliggendo loro diverse disfatte, una dietro l’altra, sino al maggio 1926. Da qui, un alleanza franco-spagnola costituì  una forza congiunta delle due armate, dotata di armamenti pesanti molto sofisticati, davanti ai quali l’insurrezzione rifana capitolò per risparmiare alle popolazioni della regione una sorte insopportabile. La vittoria di Anoual è diventata una referenza e una lezione dei più grandi strateghi militari durante il secolo scorso e costituisce un catalizzatore nella presa di coscienza dei popoli colonizzati. Questa lotta, non dimentichiamolo, fu una delle grandi tappe del processo di lotta condotta da SAR Mohammed V per la liberazione del Marocco, un processo che trovò il suo prolungamento nella condotta patriottica di SAR Hassan II e del suo successore, SAR Mohammed VI, per consolidare l’integrità territoriale del reame. Nell’occasione della commemorazione di questa gloriosa battaglia, l’Alto Commisario degli Anziani Resistenti e membri dell’armata di liberazione ha organizzato ieri un meeting nel comune rurale diTililit (provincia di Driouch) per ricordare il sacrifico di tanti insorti al servizio della nazione.

Paolo Pautasso

Fonte: My Amazighen

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