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Archive for July, 2013

Anoual, battaglia storica per la liberazione del Marocco

July 22, 2013 Leave a comment

storia

La celebrazione della battaglia storica di Anoual, combattuta dalle truppe del Rif e condotta dal leader carismatico Mohamed Ben Abdelkrim El Khattabi, costituisce una opportunità per ricordare questo episodio fantastico nella lotta per la  liberazione, del sacrificio e l’abnegazione dei combattenti rifani marocchini e il genio militare del loro capo che apportarono un duro colpo all’invasore spagnolo.  Considerata come una pagina gloriosa della storia nazionale per la difesadell’integrità territtoriale, la celebre battaglia di Anoual si inserisce nella linea delle grande epopee condotte dagli abitanti della regione contro l’occupazione iberica, sotto la bandiera del califfo  Mohamed Ameziane. Nel debutto del XX° secolo, precisamente durante il periodo 1907-1912, Mohamed Ameziane condusse una strenua  resistenza  contro l’armata spagnola, morendo in battaglia il 15 maggio 1912. Il moujahid El Khattabi prese in mano la rivolta segnando una pagina memorabile ad Anoual, un sito tra Melilla e Al Hoceima, dove il generale Silvestre diede l’ordine di concentrare il più alto numero di soldati spagnoli, dotati di armi moderne e avanzate per l’epoca. Forte della loro determinazione e galvanizzati dal fervore patriottico e la fede in una giusta causa, la resistenza marocchina diede prova di una grande disciplina dietro il loro capo, che era dotato di un arguto senso militare, conducendo la battaglia a loro vantaggio. L’armata spagnola subì una cocente sconfitta davanti a dei soldati privi di equipaggiamento e materiale logistico, e il generale spagnolo si trovò nell’obbligo di ordinare la ritirata caotica delle sue truppe da Anoual e da altre posizioni nella regione riffana.  Malgrado la sproporzione tra i rapporti di forza, Abdelkim El Khattabi, tenne testa alle unità spagnole durante lunghi anni infliggendo loro diverse disfatte, una dietro l’altra, sino al maggio 1926. Da qui, un alleanza franco-spagnola costituì  una forza congiunta delle due armate, dotata di armamenti pesanti molto sofisticati, davanti ai quali l’insurrezzione rifana capitolò per risparmiare alle popolazioni della regione una sorte insopportabile. La vittoria di Anoual è diventata una referenza e una lezione dei più grandi strateghi militari durante il secolo scorso e costituisce un catalizzatore nella presa di coscienza dei popoli colonizzati. Questa lotta, non dimentichiamolo, fu una delle grandi tappe del processo di lotta condotta da SAR Mohammed V per la liberazione del Marocco, un processo che trovò il suo prolungamento nella condotta patriottica di SAR Hassan II e del suo successore, SAR Mohammed VI, per consolidare l’integrità territoriale del reame. Nell’occasione della commemorazione di questa gloriosa battaglia, l’Alto Commisario degli Anziani Resistenti e membri dell’armata di liberazione ha organizzato ieri un meeting nel comune rurale diTililit (provincia di Driouch) per ricordare il sacrifico di tanti insorti al servizio della nazione.

Paolo Pautasso

Fonte: My Amazighen

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”Parce que c’est blanc, parce que c’est noir”, esposizione collettiva presso la Galerie 127 di Marrakech

July 22, 2013 Leave a comment

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La Galerie 127  di Marrakech presenta l’esposizione collettiva ”Parce que c’est blanc, parce que c’est noir”, sino al 7 settembre prossimo. L’occasione di scoprire i clichés di una ventina d’artisti eclettici, marocchini e stranieri, come Daoud Aoulad Syad, Malik Nejmi, Michel Beine o ancora Michel Nachef. Il loro punto in comune? Presentare delle opere esclusivamente in bianco e nero. Un tema che la galleria ha desiderato rivisitare, per “disfarsi di certe strutture sulla recezione dell’immagine fotografica in bianco e nero, come la nostalgia o i ricordi, che delimitano la grandezza di questa tecnica”. Una esposizione minimalista, sgombra di orpelli, che arriva dritta al cuore delle cose.

Fonte: My Amazighen

Ramadan, inciviltà durante le giornate del sacro digiuno

July 22, 2013 Leave a comment

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Sono le 16.30 di un giorno qualunque di questo mese sacro, quando una violenta rissa si accende nel quartiere dell’Oasisi a Casablanca. Dopo qualche minuto di insulti verbali  i due uomini, sulla trentina, passano rapidamente alle mani. Troppo rapidamente  forse. Scene come queste sono visibili a decine in queste giornate di Ramadan in tutto il paese. È quasi normale assistere a diverbi tra automobilisti sulla strada, ovunque nel mondo, nelle principali ore di punta, ma questa aggressività raggiunge l’apice durante il mese sacro. Se il Ramadan è incensato come un mese di condivisione con gli altri, le aggressioni  con armi bianche, le ingiurie e altri comportamenti non civili, sono parte del quotidiano per un importante numero di persone.  “Amo l’atmosfera del Ramadan”, spiega Adnan, uno studente di ingegneria; durante tutto l’anno, il giovane uomo di 23 anni studia in Spagna ed è durante il mese sacro che ritorna a casa. Per me, niente è più importante di partecipare allo F’tour in famiglia e le uscita ramadanesche con gli amici alla sera.  Alla sera mi diverto veramente e questo mi permette di ricaricare le batterie per poter andare avanti per tutto l’anno”, aggiunge Adnan  precisando che “non ama uscire di giorno durante il Ramadan perchè afferma che molte persone hanno due volti distinti e quindi è impossibile uscire.  “Resto chiuso in casa, perchè troppo spesso assisto a discussioni e risse nelle strade. Alcuni diventano molto volgari e non capisco come sia possibile un simile comportamento durante il Ramadan, per me non è un “tramdina”, semplicemente si tratta di stupidità”, termina laconico il giovane ingegnere. Secondo gli psicologi, una persona che è “mramdan” soffre di astinenza che lo rende irritabile e violento, creando seri problemi di gestione al suo entourage. Questo stato è dovuto alla mancanza di cibo e d’acqua, al tabacco, quindi astinenza forzata. Il ritorno alla normalità avviene semplicemente e progressivamente dopo la rottura del digiuno, lo F’tour. Esistono diverse categorie  in questi soggetti ma la più riscontrate è quella dei  fumatori, in particolare chi fuma più di dieci sigarette al giorno. Come attestano i pneumologi, la nicotina può giocare negativamente sul sistema nervoso di questi soggetti. La nicotina inoltre ha un un effetto nocivo o eccitante secondo lo stato in cui si trova il soggetto digiunante e secondo la quantità di nicotina che viene assorbita quotidianamente. Da questa astinenza esistono molteplicicasi di violenza “occasionale” che si manifestano durante il mese sacro del Ramadan. Questi soggetti utilizzano il periodo di digiuno come pretesto per scaricare i loro rancori, giocando sulla tolleranza dei loro interlocutori. Numerose sono le persone che credono che la collera sia la pura conseguenza del digiuno, quando i reali segnali della fame hanno inizio nello stomaco, accanto alla fatica o alla cattiva concentrazione. Sfortunatamente gli ospedali sono i primi testimoni di questi fenomeni. In effetti, “durante il Ramadan, i feriti affluiscono in maniera enorme, nei pronto soccorso delle città”, confida Douina, un’infermiera di 32 anni. “Ho riscontrato che molte persone cambiano durante il Ramadan, ma tutto si è decuplicato da quando lavoro in ospedale; ogni giorno devo farmi forza davanti ad un corollario di insulti e si registra un netto aumento delle vittime di aggressione con armi bianche”, dichiara la donna ad un noto quotidiano marocchino. Conclude l’intervista affermando che:  “a  volte avrei voglia di gridare o di mollare tutto ed andarmene e ad ogni Ramadan mi chiedo perchè non vado in vacanza.” Credit: Le Matin – Lamiaâ Khalloufi

Fonte: My Amazighen

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“La Donna e le Arti Popolari”, 48° Festival delle Arti Popolari

July 16, 2013 Leave a comment

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Il 48° Festival delle Arti Popolari prenderà il via sotto l’Alto Patronato di SAR Mohammed VI, dal 17 al 21 luglio 2013, sotto il tema “La Donna e le Arti Popolari”. Il FNAP, dalla sua creazione nel 1960, in una dinamica di conservazione, promozione e trasmissione del patrimonio immateriale del Marocco, rappresenta per le sue arti popolari e tradizionali (musica, danze, mestieri d’arte e prodotti del territorio) una piattaforma di espressioni, di incontri e di scambi, di interculturalità tout court. La Fondazione del Festival presenta un programma ricco e diversificato, rispettando appieno le linee editoriali dell’avvenimento. Gli spettacoli al Palais Badiâgraviteranno attorno alla tematica del 48° Festival  e altri luoghi d’eccezione sarano a disposizione dell’arte popolare. Il Palais Badiâ, sontuoso monumento edificato sotto il regno dei Saaditi, accoglierà nei cinque giorni del programma diversi spettacoli rappresentati da  21 troupes arrivate dai quattro angoli del paese, con oltre 300 artisti in scena. Il meglio della musica tradizionale marocchina sara presente all’appuntamento con molte donne, come quelle di Ahouach Tafraout, di Aissawa da Meknès, la compagnia Gnaoua di Marrakech, e poi ancora quella di Guedra da Guelmin  arrivando alla troupe Ahwach Haha di Tamanar, provenienti dalla regione di Essaouira.  Questi spettacoli saranno ritmati dall’apparizione dell’attrice marocchina Zineb Smaki, che renderà omaggio alle donne ricordando il loro ruolo fondamentale in materia d’arte e tradizioni popolari. Infine, il Teatro Royal, perla della città di Marrakech, accoglierà oltre dieci gruppi di musicisti tra i più talentuosi, provenienti da tutte le regioni del Marocco e del mondo. In questo luogo atipico il pubblico potrà ascoltare diversi  tipi di musica, partendo dal Rif al Sahara marocchino, dalla valle del Souss alle montagne dell’Atlas, passando anche in diverse regioni del globo. Le sonorità del gruppo d’Aïta Jeblia come Chama Zaz, le melodie amazigh dei Rayssa Fatima Tachoutk o ancora il concerto del gruppo coreano “The Gwandae” e quello della Compagnia Flamenca Estefan Cuevas per terminare con l’Orchestra nazionale dei Berberi, quest’ultima in patnerariato con l’Istituto francese di Marrakech. Tutte le rappresentazioni avranno inizio il 17 luglio per concludersi il 21, sempre a partire dalle ore 21.00.

Fonte: My Amazighen

Il maestro Giorgio Mattioli a colloquio con Marius Creati

Il maestro Giorgio Mattioli a colloquio con Marius Creati

Il celebre maestro Giorgio Mattioli, simbolo contemporaneo dell’arte italiana e mecenate eccelso della cultura che, dagli anni della sua giovinezza, espande attraverso le sue opere un pensiero artistico profondo e sapiente, militante da molti anni nell’arte figurativa mediante la quale traduce colori e forme in un linguaggio pittorico in sintonia con l’ambiente mentre, silente, si accosta alla corrente metafisica con tratti visibili intrisi di sublimazioni surreali.

Il maestro Mattioli opera nel palcoscenico mnemonico dell’evoluzione biologica nel quale corpi prestanti, forme sinuose, luoghi della memoria e strutture figurative rivelano il panorama illustrativo della fantasia tramite colori, segni, materia e accostamenti cognitivi della coscienza. Artista di frontiera, Giorgio Mattioli rivela una tranche del suo ammirevole sembiante dottrinale rivelando aspetti estetici e coscienziosi del suo ammirevole credo esistenziale dell’Arte.

Intervista a cura di Marius Creati

M.C.: Cosa rappresenta l’arte secondo la sua opinione?

G.M.: A mio avviso l’arte è un mezzo narcisistico ed una sorta di auto proiezione antropologica e psicologica che fa parte dei più nobili e profondi  istinti dell’uomo, sin dalla sua prima infanzia e sin dall’infanzia dell’umanità.

M.C.: Quale significato assume nello studio e nell’esperienza dell’espressione estetica delle sue opere?

G.M.: Il significato che mi appare chiaro è quello di un detective sempre impegnato in investigazioni che contengono proposizioni su/riguardo l’arte. Ogni elemento di una proposizione artistica è soltanto un elemento funzionante in un contesto più ampio: l’investigazione appunto. Comunque credo che il concetto di Arte sia totalmente astratto e che esista a mo’ di informazione.

M.C.: Secondo il suo parere, l’arte è strettamente connessa alla capacità di trasmettere emozioni?

G.M.: Ho sempre creduto in Benedetto Croce e dell’arte come espressione del sentimento.

M.C.: In che rapporto si pone con la visione del colore? Come vive la sintesi rappresentata in ciascuna opera pittorica?

G.M.: La vivo in diverse fasi…prima  cancello, massacro la natura ed ogni tipo di modello precostituito o sedimentato nei miei ricordi, poi una volta sbarazzatomi da ogni costrizione segua la tempesta del mio Es fatta di violente spatolate di colore, segni, agitazioni profonde quasi inconsulte. Le mie opere sono ancora al limite della pittura, un limite ormai difficile da segnare come dire: NULLA DIES SINE LINEA!

M.C.: In che modo deve porsi dinnanzi all’espressione del suo operato? E come arriva a completarne la sua essenza?

G.M.: Con grande umiltà, animo puro e mente sgombra. Ciò è possibile solamente con una vita spartana contro le fantastiche dicerie che cantano di artisti dediti ad ogni forma di droghe e dissolutezze. Per completare l’essenza del mio operato  spesso ci vuole fortuna  che a sua volta può nascere unicamente dal fertile terreno del MINISTERIUM.

M.C.: Esistono qualità intrinseche generali per far si che un lavoro artistico assuma il connotato di opera d’arte? Esistono qualità profonde nella sua visione personale?

G.M.: E’ sempre rischioso definire un’opera d’arte. Si ha troppa fede nelle affermazioni teoriche, alle interpretazioni pseudo scientifiche di teorie fisiche, fisiologiche o psicologiche da parte degli addetti ai lavori, pubblico compreso! La storia dell’Arte ha dimostrato largamente che teorizzare troppo sull’opera d’arte puo’ portare a grossi strafalcioni. Io stesso a volte dubito sul valore delle mie quindici correnti create dal 1980 al 2010. Le qualità intrinseche oggi consistono maggiormente nell’interessare al proprio operato i critici ed i mercanti: sono loro gli DEI EX MACHINA che indirizzano l’incredibile FENICE del bello. Certo che esistono qualità intrinseche generali come esiste l’opera che si eleva sulle altre ma pochi sanno guardare perché di giorno in giorno aumenta la cecità!

M.C.: Quale significato assume la penetrazione dell’opera nel suo lato più intimo?

G.M.: Il  significato  spesso è di profondo piacere, liberazione, intima soddisfazione e, senza peccare di presunzione, anche di una gioia infinita per una creatura che non esisteva alla quale l’artista vero e puro, che della propria attività ne ha fatto un sacerdozio, ha donato la vita. Così si è forse vicini ad un complesso coacervo di sentimenti materni. 

M.C.: Esiste un binomio che unisce arte e scienza? In un eventuale processo evolutivo parallelo in che modo si correda con la realtà?

G.M.: Il binomio fra arte e scienza è una storica indissolubile unione e l’una non può e non deve esistere senza l’altra. Questo binomio ha portato all’evoluzione dell’uomo. Sebbene gli artisti sono stati considerati i reietti della società umana, essi e solo essi hanno elevato la razza umana dal livello primitivo a quello odierno. Quale processo evolutivo può esistere se la realtà rifiuta il governo degli artisti che non hanno alcuna possibilità di sostenersi? Come si può servire contemporaneamente il Massimo Fattor e Mammona?

M.C.: Intuizione, esistenza, esperienza… La creatività può giocare con la conoscenza pratica della vita?

G.M.: La creatività, figlia della fantasia e dell’immaginifico, vive in zone della mente che solo i grandi artisti hanno sviluppato. Questa nostra umanità tecnologica, robotizzata oltre misura, come può comprendere le immense forze degli uragani creativi con i quali risolverebbe tutti i problemi? Attorno a Noi Artisti esistono per la maggior parte piccoli omuncoli con grandi portafogli, ville, automobili, aerei perfettamente inseriti nella corruzione. Questa è la mia conoscenza pratica della vita e la mia creatività, purtroppo, non potrà mai giocarci.

M.C.: L’arte è sempre originale? In che modo si amalgama con la limitazione dell’opera?

G.M.: L’arte non è sempre originale. L’Arte è ben altro… in una sola parola l’Arte è l’evoluzione continua, costante e intelligente dei suoi sacerdoti che a volte giungono ad immolarsi per Essa; v.v. Van Gogh, Modigliani, Soutine, Merisi, Rossi e mille altri ancora.

M.C.: Secondo il suo parere, il processo creativo assume sempre la stessa fisionomia d’insieme per ciascun artista?

G.M.: Per quanto mi riguarda il processo creativo è legato ad un ormai perduto orientamento biofilo della moderna società umana. Aver perso l’orientamento biofilo significa aver perso l’amore per la vita, con le sue emozioni, i pensieri, i gesti! Questo porta alla fusione fra cellule ed organismi, alla creazione di un nuovo essere e nel nostro caso di una nuova opera d’Arte. Ed anche se biologi e filosofi sostengono che questa è una proprietà “innata” mi è naturale controbattere: ”innata si, ma non in questo nostro mondo che ha trasformato la necrofilia o desiderio per la morte e quindi del male in vanità, ricchezza e possesso egoistico. In questo contesto il processo creativo dipende dalla forza che ciascun artista possiede per isolarsi da tanto putridume. Platone nello ”Ione” risolve questo problema affidando la creatività dell’artista all’intervento di un Dio!  Ma i tempi passano e mutano ed ora il Dio si chiama fantasia, immaginazione, volontà, tecnica, professionalità, umiltà, coscienza, intelligenza, attitudine e soprattutto esperienza, tutte qualità queste diverse.

M.C.: Come vede il rapporto aulico tra l’uomo e l’arte? Esiste un concertato alchemico biunivoco imprescindibile sinonimo di culto estetico?

G.M.: Bisogna preparare l’uomo. Occorrerebbero scuole specifiche per preparare l’umanità a vedere ”OLTRE LO SGUARDO CHE NON SI ARRESTA”. E quando l’uomo riuscirà a creare anche un solo seme di grano allora io stesso presenterò al mondo l’ELISIR del culto estetico!

N.B. Per una maggior conoscenza di ciò che penso a proposito dell’Arte, consiglio di consultare la mia ultima pubblicazione titolata: “ 666 il Tempo della Bestia” – Di Felice Edizioni – Il libro, dedicato a tutti gli artisti, consta di una raccolta di 666 aforismi sull’Arte.

Roseto degli Abruzzi, 07-07-13

Giorgio Mattioli

Ramadan, osservanza dei non digiunanti

July 15, 2013 Leave a comment

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Una parte di marocchini, circa il 2% secondo una recente statistica (da prendere con le molle) non segue il quarto pilastro dell’Islam, il digiuno del Ramadan. Ovviamente vivono molto male questo fatto in quanto la paura di essere giudicati (e arrestati) è molta. “Chiunque notoriamente conosciuto per la sua appartenenza alla religione musulmana rompa ostentamente il digiuno in un luogo pubblico durante il Ramadan, senza motivi ammessi da questa religione, è punito con il carcere da uno a sei mesi”, recita l’artciolo 222 del Codice penale marocchino.  Lungi da me entrare nell’interpretazione di questa legge che torna alla ribalta nei giorni sacri del Ramadan, ma è importante capire chi non digiuna e perchè? Come può non urtare la famiglia, i colleghi o semplicemente la società? “Non digiuno da quando frequentavo l’università”, sostiene in in noto quotidiano un giornalista arabofono di 46 anni. La ragione: è credente ma non rispetta  il secondo pilastro dell’Islam, la preghiera,  quindi si chiede a che serva rispettare il digiuno del Ramadan, quarto pilastro.  “Il Ramadan è il tipico periodo dove la relazione con la religione, che io considero strettamente personale e intima, è totalmente pubblica. Non digiunare davanti agli altri, è in primis una forma di ipocrisia che, nella nostra società, circonda un mese dedicato invece alla pietà, alla solidarietà con chi soffre di malnutrizione e durante il quale si svolge una vita sottotono. Lo spettacolo che si presenta è esattamente agli antipodi di queste raccomandazioni e non desidero fare parte di questo circo”, conclude questo casablanchese decisamente contro il Ramadan. Per un giovane funzionario di Fès, il suo rifiuto di digiunare durante il Ramadan ha a che fare con la sua educazione “senza contratti religiosi”. “Mio padre non è mai stato ligio alle obbligazioni religiose. Ci ha insegnato a pregare, ad aiutare i poveri, ma gli obblighi non erano per noi fondamentali. Infine, ho conservato questa filosofia e tutto procede al meglio essendo in osmosi con Dio e con me stesso. Lui sa che non sono cattivo”, spiega il ragazzo. Se questo ragazzo è stato educato alla religione ma senza obblighi, altri invece con gli stessi pensieri, non scappano al controllo vigile ed attento dei familiari e della società e sono obbligati a nascondere il loro non-digiuno. “Ho fatto uno sforzo quando sono ritornato a El Jadida, il week-end, perchè il Ramadan è sinonimo di raggrupamento famigliare. Ma il resto della settimana, non ho nessun interesse a questo. Dove lavoro, pochi fanno il Ramadan, ma come me, moltissimi marocchini che non rispettano il digiuno, si nascondono dalle loro famiglie e dai loro vicini. Si tratta di ipocrisia del Ramadan.”  Una giovane ragazza che vive a Casablanca dichiara: “Per mangiare, molti sono obbligati a nascondersi o di rinchiudersi in casa. Durante il Ramadan io mangio a casa o nel mio luogo di lavoro se le condizioni me lo permettono”. Quest’ultima dichiara anche che non è contro l’articolo penale 222 che proibisce ai muslmani di mangiare in pubblico durante il Ramadan in quanto si tratterebbe di “ordine pubblico” e la società marocchina non è pronta a vedere gente che mangia seduta ad un bar o a un ristorante.  Stesso discorso  per un giovane impreditore malato il cui medico ha consigliato di non osservare il digiuno. “Durante il Ramadan, torno dalla nonna tre volte al giorno, per parlare, prendere un caffè e fumarmi una sigaretta. Non mangio un pasto completo per non urtare le persone che sono nella casa e che digiunano” precisa il ragazzo. Per lui non è un problema il non mangiare in pubblico e neppure sul  luogo di lavoro, ha trovato una nonna compiacente.  Al di là dell’articolo 222 del Codice penale, altre sono le cose che danno fastidio e provocano collera tra i fondamentalisti. Secondo Abbdelbari Zemzami, membro del Consiglio degli Oulemas, la più alta carica teologica dello Stato, parlando ai musulmani dal sito goud.ma, consiglia di rompere il digiuno se non si può resistere al forte calore presente nel paese. Interrogato su questa affermazioni, a dir poco pagana, Zemzami ha risposto: “la società non ha niente a che fare con questa  questione. Il digiuno è un fatto tra l’individuo e Dio quindi nessuna persona può interferire”. Parole che potranno in futuro aprire un largo spiraglio di dibattito nella società marocchina.
Negli altri paesi come è vissuto il Ramadan:
In Turchia, la laicità è provata da un governo islamista molto rigido sul rispetto dei pilastri dell’Islam. A Istambul, a differenza del Marocco, ristoranti e bar sono aperti duranti la giornata e servono i clienti che lo desiderano, turisti e non. Il mese sacro corrisponde anche ad un periodo ancora più animato del normale, durante il quale la città turistica vive a ritmi incandescenti.
In Niger, paese che dichiara una popolazione con oltre il 97% di musulmani, il Ramadan è, come in Marocco, l’occasione per tornare nel percorso dettato dalla spiritualità. Le moschee si riempiono, il digiuno è strettamente rispettato, anche se  bar e ristoranti rimangono aperti al pubblico. La sera, l’alcol cola a fiotti e alcuni si permettono qualche sigaretta durante la giornata, per togliere la fame. Stessa cosa per il Senegal.
Crédits: AuFait Maroc  

Fonte: My Amazighen

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“Enne Effe_Ba Abat/Ba Abat_Enne Effe”, collettiva tout court presso lo Spazio Arte Bejaflor di Portogruaro

July 9, 2013 Leave a comment

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Portogruaro – dal 29 giugno al 29 settembre 2013 , lo Spazio Arte Bejaflor ospiterà l’esposizione “Enne Effe_Ba Abat/Ba Abat_Enne Effe”. Le artiste Enne Effe e Ba Abat presentano una mostra unica, insolita e multiforme composta da installazioni di arazzi, installazioni a uncinetto, abiti scultura, e cascate di tessuto. Enne Effe artista tout court, ripercorre il tempo passato e presente per raccontare nuove storie attraverso trame frastagliate che si rincorrono in minuscoli centimetri di tessuto; utilizza la leggerezza della seta, dell’organza, del raso e del merletto recuperati da polverosi bauli per assemblarli e plasmarli in opere artistiche uniche e intense.Per l’artista Enne Effe lavorare la materia significa riproporne infinite declinazioni, fino alla creazione di abiti scultura “in cui la forma acquista l’aspetto dell’ombra dei feticci della nostra anima”. Ogni brandello di stoffa sovrapposto a un altro compone stratificazioni che denudano l’occhio e il sentire di chi affronta per la prima volta questa esperienza visiva e ci offre la possibilità della conoscenza intima di un minimalismo interiore racchiuso in una potente femminilità e condito da una forte passionalità. Ba Abat lavora sulconcetto di tempo e lo fa attraverso l’azione reiterata; l’azione regolare e ripetitiva della lavorazione all’uncinetto scandisce il tempo e le permette di entrare in uno stato meditativo. “E’ una sorta di rituale: il tempo nel quale mi siedo e ritmicamente compongo. La ripetizione conduce ad una dimensione magica, dove la fatica e il sacrificio sono un gesto di dedizione e d’amore”. Il filato come mezzo espressivo; il colore come oggetto di ricerca e specchio emotivo. Ba Abat ha un’intima affezione per il Bianco; è il territorio dell’Io potenziale, genera una condizione neutra in cui nulla è ancora avvenuto ma che virtualmente contiene ogni attualizzazione, ogni possibilità vitale. E’ intensa concentrazione d’energia, “assenza assolutamente popolata”, luogo naturale di espansione delle idee.
Sede: Spazio Arte Bejaflor, Via Udine 34, Portogruaro (Venezia); Durata: dal 29 giugno 2013 al 29 settembre 2013; Giorni e orari: dal lunedì al sabato 09-30 -12.00/15.00 – 18.00; Ingresso Libero;  Info: Tel: 0421 71075 – http://www.bejaflor.it/

Ramadan, countdown del mese di digiuno e di preghiera per avvicinarsi a Dio

July 9, 2013 Leave a comment

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Il countdown sta per iniziare… fatto salvo stravolgimenti del ciclo lunare il Ramadan quest’anno in Marocco prenderà il via domani 10 luglio. Il Ramadan è uno dei 5 pilastri dell’Islam, il quarto nei sunniti e il terzo per gli sciiti duodecimani (maggioritari rispetto agli sciiti). La sua durata è di un mese lunare (29/30 giorni). In Turchia è chiamato Ramazan. Il Ramadan è un mese di digiuno e di preghiera per avvicinarsi a Dioper tornare a Dio. E’ anche il mese che, nel 610 D.C.Maometto vide l’arcangelo Gabriele che gli annunciò la sua investitura come messaggero di Dio. Questo momento preciso è  la Notte del DestinoLailat al Qadar, verso la fine del Ramadan (27° giorno), notte che celebra la rivelazione del Corano al Profeta con preghiere e pentimenti. Il Ramadan termina con la festa dell‘Aïd al Seghir (piccola festa in arabo) che è  anche chiamata Aid el Fitr (festa della rottura del digiuno) e segna la fine del mese sacro. Ovviamente è una festa che racchiude una gioia profonda dopo un mese di patimenti,ma ve ne parlerò durante questo mese. La storia ci dice che il primo digiuno imposto da Maometto ai suoi discepoli durò una sola giornata prima dellla festività ebrea del Yom Kippour. Questo digiuno riproponeva quello degli ebrei e il Profeta, ovviamente in disaccordo, decise che sarebbe durato più a lungo, anche di quellocristiano della Quaresima, e stabilì’ un mese intero. L’obbligo essenziale del Ramadan è il digiuno (Siam): durante tutta la giornata, dall’alba al tramontoè assolutamente proibito nutrirsibere ed avere rapporti sessuali. Con la stagione estiva tutto diventa più difficile tenendo presente che qui siamo nell’ordine dei 45/50 gradi e bere è necessario. Il Ramadan è il tempo della parola di Dio (lettura del Corano) e di incontrarsi a Lui con la preghiera. Sovente durante questo mese un profondo fervore religioso si impadronisce dei credenti che negli oratori e nelle moschee pregano tutta la notte in veglia. In questo mese i musulmani devono anche compiere lo zakat, un altro pilastro dell’Islam, l’elemosina. E’ una tassa obbligatoria che si dona alla fine del digiuno, al termine del Ramadan. Questa “tassa” è calcolata intorno al 25% degli introiti annuali del credente e, il mondo va avanti, alcuni siti islamici accettano i versamenti con carte di credito. I costumi di questo mese sono differenti secondo i Paesi. L’Egitto e il Maghreb vivono il Ramadancome un mese di convivialità e di festa (dopo la rottura del digiuno quotidiano). Le famiglie si riuniscono per mangiare insieme e nelle strade una certa animazione è visibile sino a notte fonda. La tradizione vuole che si acquisti degli abiti nuovi ai bambini e durante la festa della fine del Ramadan verranno indossati per andare alla moschea. Il digiuno del Ramadan in Marocco, contrariamente ad altri Paesi musulmani, è scrupolosamente rispettato. L’Islam è religione di Stato e i marocchini si “sorvegliano” mutualmente (se un marocchino viene sorpreso a mangiare è immediatamente arrestato). Al contrario in Turchia, per esempio, i membri della setta Alèvis digiunano solamente qualche giorno durante tutto il mese sacro.  Il Ramadan è un momento sacro(anche se sono evidenti molte incrongruenze in questo periodo) e come tale va rispettato. Poi è festa! Alla sera è fantastico lasciarsi coinvolgere, nelle strade e nelle piazze, dall’esplosione di felicità che attraversa tutti quanti. Una scarica di adrenalina pura che rimette in moto i pensieri e le azioni, sopite e stordite durante tutta la giornata. E tra le pieghe di questi momenti si incontrano personaggi incredibili, storie di vita vissuta senza protagonismi, come il misterioso e leggendario Sidi (signore) che durante tutto il Ramadan offre un pasto a centinaia di poveri diseredati, nascosto nella penombra della Place Jemaa el Fna per non essere riconosciuto e non dover essere ringraziato. Questo è anche il Ramadan!

Fonte: My Amazighen

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Urbino 2019, programma Capitale Europea della Cultura

July 9, 2013 Leave a comment

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Urbino – L’azione comunitaria “Capitale europea della cultura” che fa parte del Programma Cultura ha lo scopo di valorizzare la ricchezza, la diversità e le caratteristiche comuni delle culture europee e di contribuire a migliorare la comprensione reciproca tra i cittadini europei. La capitale europea della cultura è una città designata dall’Unione Europea che per il periodo di un anno ha la possibilità di far conoscere la sua vita e il suo sviluppo culturale. Diverse città europee hanno sfruttato questo periodo per trasformare completamente la loro base culturale, e facendo ciò, la loro visibilità internazionale.
Concepito come un mezzo per avvicinare i cittadini europei, il programma “Città europee della cultura”  venne lanciato nel 1985 dal Consiglio dei Ministri su iniziativa dell’allora ministro greco della Cultura Melina Mercuri anche con la partecipazione dell’allora ministro della cultura francese Jack Lang. Nel 1999 l’iniziativa è stata ribattezzata “Capitali Europee della Cultura” e finanziata nell’ambito del Programma Cultura 2000; nello stesso anno sono state introdotte nuove procedure di selezione che, di anno in anno, assegnano la candidatura a uno o più Paesi.
Secondo questo nuovo criterio di assegnazione, nel 2019 il titolo di Capitale Europea della Cultura sarà aggiudicato a una città italiana e ad una bulgara. Dalla sua istituzione soltanto due città italiane si sono fregiate di tale riconoscimento: Bologna nel 2000 e Genova nel 2004. La Regione Marche ha deciso di candidare “Urbino” per l’assegnazione del titolo di “Capitale Europea della cultura” per il 2019. La scelta di candidare Urbino, nasce dal fatto che questo è un territorio che si è sempre distinto per capacità di innovazione nei processi organizzativi, amministrativi, culturali ed economici e soprattutto per il ruolo del capoluogo come asset fondamentale per uno sviluppo che punti sulla cultura e sul turismo.  Dal 1998 il suo centro storico è patrimonio dell’umanità UNESCO in quanto la città è stata  centro politico e culturale di primaria importanza durante il Cinquecento. Il suo Palazzo Ducale è uno dei capolavori più insigni dell’arte rinascimentale. La cittadina visse in questo periodo una fioritura artistica unica attirando artisti e studiosi da tutta Italia ed oltre, influenzando gli sviluppi culturali europei.  Durante la sua breve supremazia culturale Urbino ha attirato alcuni dei più illustri studiosi e artisti del Rinascimento, che hanno creato un complesso urbano d’eccezionale omogeneità, la cui influenza si è largamente estesa al resto d’Europa. La città inoltre rappresenta un vertice dell’arte e dell’architettura del Rinascimento, così armoniosamente adattata al suo ambiente fisico e al suo passato medievale che la città diventa del tutto eccezionale.
A presiedere il comitato promotore, formato da intellettuali e personalità illustri a livello internazionale,  sarà il Prof. Jack Lang già ministro alla Cultura del Governo Mitterand convinto che Urbino  e le Marche intere  possano incarnare una nuova visione del mondo e dell’uomo, dando vita ad un nuovo Rinascimento.
Se il titolo di capitale europea della cultura sarà assegnato ad Urbino, per l’intero anno 2019 sono previsti eventi, iniziative, spettacoli, mostre e buone pratiche che porranno “Urbino” al centro dell’intera scena culturale europea.

Il sito dell’iniziativa: www.urbino2019.eu

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“Manet. Ritorno a Venezia”, esposizione del celebre maestro a Venezia

July 6, 2013 Leave a comment
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L’opera pittorica di Manet è stata presentata in Italia in maniera così significativa soltanto in rare e sporadiche occasioni, e comunque mai a Venezia. Questa mostra colma così una lacuna ritornando sulle radici italiane del pittore, sull’impatto che i viaggi nella penisola esercitarono sulla sua arte e sul suo continuo voler confrontarsi con i maestri italiani.
La mostra esplora inoltre le ragioni e le conseguenze del “ritorno”, nel 1874, di Manet a Venezia, città che l’artista francese aveva scoperto venti anni prima. La necessità avvertita da Manet di compiere un viaggio in Italia qualche mese dopo la prima mostra impressionista, alla quale l’artista aveva rifiutato di partecipare, deve essere analizzata nell’ottica della nuova modernità parigina.
Pur non essendo una retrospettiva classica, la mostra Manet. Ritorno a Venezia permette di analizzare sia gli esordi che i successivi sviluppi dell’opera dell’artista, senza perdere mai di vista il suo forte legame con l’Italia. Questa retrospettiva pone altresì l’accento su un aspetto poco conosciuto e travisato dell’arte di Manet, troppe volte limitata all’influsso che la Spagna esercitò sull’artista.
Questo evento è stato realizzato grazie ai prestiti eccezionali del Museo d’Orsay, ma anche alle opere gentilmente concesse da numerose altre istituzioni francesi e internazionali e dai collezionisti privati.
24 aprile – 1 settembre 2013
Venezia, Palazzo Ducale