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Pieter Paul Rubens (parte 2)

October 16, 2012 Leave a comment

Italia (1600-1608)
Nel 1600 Rubens giunse in Italia, fermandosi dapprima nella splendida città di Venezia, dove poté osservare da vicino i dipinti di Tiziano, Veronese e Tintoretto, prima di sedimentarsi a Mantova come pittore presso la corte del duca Vincenzo I di Gonzaga. Lo stile compositivo e le tecniche di colorazione del Veronese e del Tintoretto ebbero un effetto immediato sull’apprendimento pittorico del giovane artista, mentre soltanto più tardi, egli fu profondamente influenzato dallo stile maturo del Tiziano.
Nel 1601, grazie al sostegno finanziario del duca, intraprese un viaggio verso Roma, passando per la città di Firenze, dove dedicò un’attenzione accurata allo studio del greco classico e dell’arte romana copiando i lavori dei grandi maestri italiani. La scultura ellenistica del ‘Laocoonte ed i suoi Figli’ influenzò in particolar modo il suo pensiero artistico, come d’altronde fu toccato dall’arte di Michelangelo, di Raffaello e di Leonardo da Vinci.
Anche lo stile altamente naturalista del Caravaggio risultò di grande influenza per la sua pittura, imitandone successivamente il celebre dipinto ‘La Sepoltura del Cristo’. In questo periodo si proclamò mentore del suo mecenate, il duca di Mantova, per l’acquisto dell’opera ‘La Morte della Vergine’ (Louvre, Parigi), e fu artefice dell’acquisto della ‘Madonna del Rosario’ (Kunsthistorisches Museum, Vienna) a favore della Chiesa Domenicana di Anversa.
Durante il primo soggiorno a Roma, nel 1602, Rubens completò la sua prima commissione per la Chiesa Cattolica romana realizzando la pala d’altare ‘Trionfo di Sant’Elena’ per la cappella di Sant’Elena, ubicata all’interno della Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, avvicinando la conoscenza del cardinale Scipione Caffarelli Borghese.
Nel 1603 Rubens intraprese un viaggio nella penisola iberica per onorare una missione diplomatica presso la corte reale spagnola per ordine del duca di Mantova con l’incarico di consegnare personalmente alcuni doni dei Gonzaga a Filippo III di Spagna. In siffatta occasione ebbe modo di osservare le opere di Raffaello e di Tiziano raccolte dal precedente re Filippo II. Inoltre durante il soggiorno dipinse un ritratto equestre del ‘Duca di Lerma’, (Prado, Madrid), a dimostrazione dell’influenza ricevuta dalle opere di Tiziano, come con il dipinto ‘Carlo V nella battaglia di Muhlberg’ (Prado, Madrid). Questo viaggio rappresentò un elemento importante per la sua carriera quale primo incarico di una lunga serie attraverso cui avrebbe unito arte e diplomazia.
Tornato in Italia nel 1604, rimase in territorio italiano per altri quattro anni, dapprima fino al 1605 a Mantova, successivamente a Genova ed in seguito, nell’anno successivo, nuovamente a Roma.
Durante il periodo genovese Rubens dipinse svariati ritratti, tra cui il ritratto della ‘Marchesa Brigida Spinola Doria’ (National Gallery of Art, Washington), in uno stile che influenzerà più tardi la pittura di Anthony van Dyck, Joshua Reynolds e Thomas Gainsborough. Tra l’altro diede inizio alla stesura di un libro illustrato nel quale rappresentava i palazzi caratteristici della città.
Dal 1606 al 1608 Rubens dimorò in gran parte a Roma, ospite del fratello Philipp. Durante questa permanenza ricevè la commissione – probabilmente una tra le più importanti della sua carriera artistica – della decorazione dell’abside dietro l’altare maggiore del luogo sacro più in vista della città, la Chiesa Nuova o Santa Maria in Vallicella. Il soggetto doveva essere San Gregorio Magno con i santi locali in adorazione sull’icona della ‘Vergine col bambino’. Una prima versione realizzata in tela singola (Musee des Beaux-Arts, Grenoble) fu sostituita immediatamente da una seconda versione composta su tre pannelli di ardesia che permettevano alla miracolosa immagine della Santa Maria, ‘Madonna della Vallicella’, di essere rivelata durante i giorni di festa importanti da una copertura amovibile di rame, anch’essa dipinta dal celebre artista.
L’impatto italiano fu di grande rilevanza per il famoso artista fiammingo, del quale oltre alle notevoli influenze artistiche assimilate, continuò a conservare negli anni l’affetto e la considerazione di un paese amichevole. Mantenne infatti l’uso di scrivere molte delle sue lettere e le corrispondenze nella lingua italiana per il resto della sua vita firmando con lo pseudonimo “Pietro Paolo Rubens”, non che lasciando trasparire chiaramente in esse il vivo desiderio di ritorno nella penisola, una speranza che purtroppo non riuscì mai a concretizzare in futuro.

a cura di Marius Creati

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Barocco (parte 2)

October 16, 2012 Leave a comment

Contesto storico
Il trattato di Cateau-Cambrésis (1554) segna l’inizio di un cambiamento memorabile nel territorio italiano subito dopo l’avvento della politica spagnola che, attraverso la sua influenza egemone, riesce ad assoggettare mediante sudditanza diretta o indiretta gran parte degli Stati: il Regno di Napoli, la Sicilia e la Sardegna subiscono l’annessione al dominio del Re di Spagna, la Toscana e l’ex-ducato di Milano subiscono la giurisdizione spagnola, gli altri stati risentono fortemente della presenza del nuovo dominatore. Soltanto Venezia riesce a tutelare una propria autonomia conservando la sua indipendenza.
La situazione nel Seicento rimane pressoché immutata, un periodo nefasto per la penisola italiana che, soggetta al nuovo oppressore, perde il prestigio politico rispetto al contesto europeo soffrendo in particolar modo la crisi economica, non che demografica, che investe quasi tutta l’Europa. E ovviamente la conseguente depressione politico-sociale, affiancata dalla recessione economica, favorisce una fiacchezza morale che colpisce la cultura e soprattutto l’ispirazione letteraria. Anche il capitalismo ritrova il suo investimento più considerevole nelle proprietà terriere favorendo considerevolmente la ricomparsa dei grandi latifondisti, spesso soggetti ai voleri dell’aristocrazia che, di conseguenza, dedica maggiore attenzione all’emulazione del lusso influenzata dalla corte spagnola piuttosto che allo sviluppo della produzione agricola.
In questa visione generale assume un’ingerenza sempre più massiva la gerarchia ecclesiastica, la quale si promuove garante di una moralità pubblica impeccabile gestita, in cambio di benefici rilevanti e lauti favori, dal potere civile vigente e, il più delle volte, elargita con severità austera nei confronti delle classi meno abbienti. Evento memorabile che attesta l’incredibile potere acquisito dalla Chiesa Cattolica é la condanna al rogo del filosofo domenicano Giordano Bruno, arso vivo in Campo de’ Fiori a Roma, centro della Controriforma, per aver sostenuto le sue idee panteistiche fino alla morte, ritenute eretiche dal Tribunale dell’Inquisizione, sottolineando una fervida dimostrazione della tremenda repressione esercitata contro la libertà delle idee attraverso l’ottusa forma di conservatorismo della potestà papale, che assiste alla diffusione della superstizione e del culto esteriore e formale della religione. Ma nonostante il soffocamento imposto dalla casta papale, nasce una nuova concezione del pensiero che si fonda sul progresso della scienza – basta soffermarsi sugli studi astronomici di Galileo Galilei che pone le basi della scienza moderna – sulla libertà intellettuale delle idee innovative e sulla proclamazione della libertà dell’artista.
Il Barocco é un’epoca contraddittoria, una realtà storica complessa ricca di contrasti, ove lo sfarzo della nobiltà si oppone drasticamente alla miseria dei poveri, un periodo nevralgico espressione della crisi della precedente società rinascimentale, una corrente sbocciata nel bel mezzo di un vecchio continente europeo dilaniato dalle guerre interminabili attraverso cui il potere politico delle potenze maggiori, tra cui Francia e Spagna, si bilancia al potere spirituale crescente del papa, nel quale erge l’urto fra la Riforma Protestante e la Controriforma Cattolica. Il Barocco é l’arte del trionfo controriformista e dell’assolutismo sovrano, ma diviene l’arte dell’introspezione psicologica dell’uomo, non che l’espressione del suo dramma. La ‘ragione di Stato’ diventa argomento di fondamentale importanza e le discussioni politiche convergono sui rapporti tra la politica e la morale, tra l’essenza dello Stato e la potestà della Chiesa, tra il singolo individuo e il potere centrale, argomentazioni che spingono alla necessaria subordinazione dello Stato alla Chiesa, alla posposizione del singolo allo Stato. La politica diventa convenienza, simulazione, sopravvivenza.
Gli intellettuali rifiutano il culto del classicismo greco e latino rivendicando un’autonoma superiorità che spesso si traduce nel mero tentativo di voler stupire e meravigliare, oltre la perfezione formale rinascimentale. Il rinnovamento é sinonimo di sperimentazione artificiosa, le parole assumono un connotato più retorico mentre la metafora fonde i due termini di paragone in una sola immagine. L’arte non é più imitazione, ma sottile finzione che soppianta la realtà, troppo complessa per essere riprodotta fedelmente. Essa traduce una forma estremamente raffinata da apparire stravagante, stupefacente al fine di esteriorizzarne in maniera grandiosa il suo contenuto. L’arte, traduzione effettiva del tempo, nata come risposta al protestantesimo, diventa uno vivido strumento di potere tale da diffondere le idee controriformiste e ricondurre il popolo alla dottrina ecclesiastica mediante forme monumentali e grandiose adatte a toccare le profondità dell’animo e la sensibilità della gente comune. L’architettura si compone di sontuosi ed immensi palazzi corredati di meravigliosi affreschi attraverso cui avvicinare i fedeli mediante un  munifica rappresentazione sacra delle scene. Le arti figurative, puntando sulla forza persuasiva del bello, influenzano le emozioni mediante una composizione fantasiosa e spregiudicata, spesso tradotta nel modo migliore per essere ricondotta al modello cristiano, dato che la Chiesa diventa la principale committente delle opere di grande rilievo. La caratteristica principale é la fastosità che, attraverso uno stile classico tradotto in una versione approfondita e quindi declinata in molteplici soluzioni di stile, specie in quella naturalistica, sottolinea una ricerca del movimento, dell’energia compositiva accentuando un effetto drammatico caratterizzante, mediante considerevoli contrasti di luce e ombra, e la presenza di contenuti floridi, avvolgenti, non che ricchi di elementi decorativi.
Il Barocco é un fenomeno europeo, infatti si caratterizza non soltanto nei paesi cattolici, ma attecchisce anche in quelli protestanti. Comunque é un fenomeno esclusivamente cattolico, ragion per cui la sua origine é naturalmente italiana, centralizzata nella città di Roma, fulcro del potere papale, da dove irradia l’ispirazione nel resto d’Italia e d’Europa quale diffusione dottrinale evangelizzante, diffusasi proprio a ridosso dell’evangelizzazione delle colonie del Nuovo Continente.

a cura di Marius Creati

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“Coco Chanel. Genio, passione, solitudine” di Claude Delay, Edizioni Lindau

October 16, 2012 Leave a comment

IL LIBRO
Chanel salutò per l’ultima volta Claude Delay una domenica pomeriggio, sul marciapiede davanti all’hotel Ritz, dove abitava a Parigi. Morì poche ore dopo, sola, nella sua stanza.
Era il 10 gennaio 1971.
Il ritratto di Chanel scritto dalla Delay inizia così, «dalla fine», da un’intimità nata dieci anni prima nella boutique Chanel di rue Cambon, tra la grande signora della moda e una giovane cliente: una affinità divenuta nel tempo un’amicizia vera, quotidiana, senza segreti, cui Chanel si affidò con crescente fiducia raccontando di sé, delle ferite dell’infanzia, dei suoi abiti, dei successi e delle sconfitte. E, naturalmente, degli uomini della sua vita: il padre Albert, il grande e tragico amore Boy Capel, gli amanti famosi – il duca di Westminster, il granduca Dimitri Romanov, Pierre Reverdy, Paul Iribe –, gli amici celebri, come Djagilev, Picasso, Misia Sert, Cocteau, Colette.
Il racconto di Claude Delay rappresenta un caso a sé nella lunga serie di libri dedicati a Chanel perché riproduce con assoluta fedeltà la «voce» stessa della creatrice di moda, le sue emozioni, i suoi pensieri, i suoi sentimenti, senza intenti celebrativi, ma con l’obiettivo di far conoscere una donna che fu eccezionale, ma anche infinitamente naturale.
Traduzione dal francese di Federica Giardini.
L’AUTORE
Claude Delay è nata a Neuilly-sur- Seine nel 1934. È autrice di romanzi, opere teatrali e delle biografie della poetessa Marina Cvetaeva (nel 1998, Prix Anna de Noailles de l’Académie française) e dei fratelli Alberto e Diego Giacometti (nel 2008, Prix de l’Essay de l’Académie française e Prix Cazes-Brasserie Lipp).
AUTORE: Delay C. 
Coco Chanel. Genio, passione, solitudine
COLLANA: Le comete
PAGINE: pp. 376
ILLUSTRAZIONI: N° ill. 72 b/n
FORMATO: cm. 14×21
PREZZO: euro 23,00
ISBN: 978-88-7180-981-6

“Lady Dior as seen by”, mostra alla Triennale di Milano

October 16, 2012 Leave a comment

La borsa Lady Dior fu creata nel 1995 e regalata dalla première dame di Francia a Lady Diana, principessa del Galles e beniamina dei media di tutto il mondo, che era in visita a Parigi per la mostra di Cezanne. La principessa la portò sempre con sé e ne ordinò una di ogni variante. L’impuntura a cannage della borsa, i cerchi dorati che ne collegano il corpo rettangolare ai manici arcati e le lettere dorate pendenti – omaggio alla passione di Christian Dior per i ciondoli portafortuna – ne hanno fatto un accessorio Iconico degli ultimi 15 anni. Creata in pelle o in pellami esotici, la raffinatezza suprema della Lady Dior e il suo stile couture le conferirono fin da subito una classe che non conosce confronti.
Mitica e moderna, la Lady Dior ha ispirato i più grandi artisti di tutto il mondo.
Fotografi, artisti visivi, video artist e registi di spicco hanno raccontato la storia di una misteriosa Lady Dior, impersonata da Marion Cotillard, nelle capitali del mondo, proiettando la borsa ai vertici del patrimonio culturale della Maison Dior. Prima di diventare un couturier, monsieur Dior fu un gallerista appassionato e esperto. A Parigi fu il primo a esibire le opere di Calder, Dalì, Mirò, e Giacometti e espose anche lavori di Picasso, Dufy, Ernst e Klee. Una delle sue migliori clienti fu Gertrude Stein. Il giovane uomo che aveva sognato di frequentare le accademie d’arte rimase vicino agli artisti per tutta la sua vita, al punto che questa sua fervente passione si può trovare anche nel cuore delle sue creazioni e di quelle dei suoi successori.
Una passione per l’arte che è fondazione stessa dell’identità più profonda della Maison e che oggi alimenta un vibrante dialogo tra la borsa Lady Dior – icona assoluta della Maison – e i lavori degli artisti più talentuosi. Da David Lynch a John Cameron Mitchell, da Patrick Demarchelier a Arne Quinze, per passare attraverso i lavori di Wen Fang, Maarten Baas, Olympia Scarry e Recycle Group e approdare a quelli degli Italiani Luca Trevisani e del duo Vedovamazzei. Per finire con le opere di Alessandro Carano e Davide Stucchi, vincitori del concorso indetto tra i giovani artisti dell’Accademia di Belle Arti di Brera. Sono oltre settanta le eccezionali opere d’arte che onorano, ognuna a suo modo, l’icona dello stile Dior.
Orari
Martedi – Domenica
10.30 – 20.30
Giovedi
10.30 – 23.00
Ingresso
Libero

“Pagalamòssa” di Sacha Naspini, Gruppo Perdisa Editore

October 16, 2012 Leave a comment

Pagalamòssa! è il terzo titolo della collana ePop, che propone libri Perdisa Pop pubblicati esclusivamente in versione digitale.
Caratterizzata dalle copertine di Ivana Stoyanova, significativamente ispirate al test di Rorschach, la collana offre una selezione di testi brevi, economici e facili da acquistare, per dare ai lettori la possibilità di conoscere e apprezzare scritture italiane originali e di qualità.
Gli altri titoli della collana:
Antonio Paolacci, TANATOSI
Stefano Domenichini, STORIA RAGIONATA DELLE LENTI A CONTATTO
Puoi leggere gli ebook da tablet, smartphone e e-reader, ma puoi leggerli anche sul computer. Basta scaricare il il programma Digital Edition di Adobe, che è leggerissimo e gratuito. E si trova qui: http://www.adobe.com/products/digitaleditions/

Due ragazzini. Una noiosa domenica d’estate. Il cantiere di un albergo in costruzione. E un gioco, il Paga la mossa, che nella sua variante più spietata ha regole precise. Più che un passatempo è una prova, una sfida, una questione d’onore. Intorno «le strade sono deserte, basta alzare gli occhi per guardare lontano e le cose diventano liquide, sembra che siamo tutti dentro un acquario gigante». Ma i due giovani protagonisti di questa storia ignorano che il posto in cui si trovano riserva delle sorprese.
Dall’apprezzato autore di I Cariolanti (Elliot, 2009) e Le nostre assenze (Elliot, 2012), un racconto da leggere in un fiato, fino al sorprendente finale, come incalzante parabola sull’adolescenza e i suoi imprevedibili pericoli.
L’incipit
Mailo tira fuori il dito dalla bocca, lo mette davanti alla punta del mio naso e dice: «È tua l’aria?»
Una goccia di saliva densa cade tra le nostre scarpe, diventa subito una pallina di fango. Non mi muovo di un centimetro. Anzi, lo guardo tranquillo. Rispondo che è stato solo fortunato: se quello sputo mi avesse toccato la scarpa, il sette e mezzo se lo sarebbe preso lui. Mailo finge di non ascoltarmi, tiene gli occhi nei miei. Avvicinando il dito ciucciato davvero a un niente dal mio naso, ripete: «È tua l’aria?» tanto che sento l’odore della bava calda. Per fargli capire che non me ne frega niente mi metto a sibilare una canzone scema tra i denti.
Sacha Naspini è nato a Grosseto. Ha pubblicato L’ingrato (2006), I sassi (2007), Never alone, Cento per cento, I Cariolanti (2009), Noir Désir – Né vincitori né vinti (2010), Le nostre assenze (2012). Ha pubblicato inoltre molti racconti in svariate antologie.
Scrive per il cinema e la televisione. Il suo sito web è http://www.sachanaspini.eu.
Sacha Naspini
PAGALAMÒSSA!
collana ePop
isbn 978-88-8372-592-0
prezzo euro 2,99

Pippo Baudo, considerazioni spiacevoli sulla consigliera regionale lombarda Nicole Minetti

October 16, 2012 Leave a comment

Pippo Baudo interviene  alla trasmissione di Raitre “Tv Talk” e spara a zero sulla discussa consigliera regionale lombarda Nicole Minetti: “Nicole Minetti rappresenta un nuovo modello di offesa alla donna. Una donna presentata così è una donna che non si fa voler bene, che non si rispetta. Perché lei passa dallo scranno del consiglio regionale alle passerelle delle sfilate con una disinvoltura enorme. Una ragazza del genere sappiamo perché è arrivata dov’è ora e con quale raccomandazione. Non è stata praticamente votata da nessuno per essere lì, ma si crede autorizzata a fare tutto ciò che vuole: si spoglia, sfila…”.

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Ambiente, cosa fare del vecchio cellulare

October 16, 2012 1 comment

Al giorno d’oggi, cambiare il cellulare appena un nuovo modello esce sul mercato, è diventato quasi una routine. E man mano che compriamo i nuovi modelli, quelli vecchi rimangono abbandonati in un cassetto o buttati via, il più delle volte senza seguire le regole della raccolta differenziata. Quindi, per evitare sprechi e per non danneggiare l’ambiente, vediamo insieme come assicurarci che il nostro vecchio cellulare “muoia” dignitosamente.
5 utili consigli
1. Conservalo
Innanzitutto un vecchio cellulare può servire come sostituto del nuovo nel caso si guasti. Infatti è dimostrato che i nuovi cellulari sono molto propensi a guastarsi rispetto ai vecchi modelli che duravano veramente tanto, e che ancora oggi girano nelle tasche degli italiani (un esempio è il classico Nokia 3310, di cui non a caso circolano molte parodie nel web). Quindi tenetene sempre uno di riserva e mi raccomando: i contatti salvateli nella SIM!
2. Vendilo
Il secondo modo più veloce, ed anche più redditizio, per liberarsi del vecchio cellulare è quello di venderlo. Molti negozi ritirano telefonini usati per poi rivenderli. Prima di portarlo da un rivenditore, però, assicuratevi di controllare bene lo stato in cui si trova il vostro cellulare, poiché se è molto danneggiato ovviamente nessuno lo vorrà comprare, ma se è tenuto bene ed è un modello raro, potrebbe valere molto di più di quello che pensate!
Attenzione comunque: nel momento in cui decidete di venderlo assicuratevi di aver eliminato ogni informazione presente su di esso. Una recente ricerca ha dimostrato, infatti, che il 60% degli utenti che decide di vendere il vecchio cellulare è assolutamente convinto di aver rimosso tutti i dati sensibili, ma in realtà il 54% dei telefoni usati contiene molte informazioni sui loro proprietari precedenti. Quindi come è possibile cancellare completamente i dati dal cellulare?
Gli esperti che si occupano della sicurezza dei dati dicono che eliminarli manualmente non è sufficiente perché sarà possibile recuperarli con gli strumenti giusti. Consigliano perciò di ripristinare le impostazioni di fabbrica, dopo di che rimuovere la scheda SIM e la scheda di memoria, se presente. Inoltre bisogna eliminare ogni backup effettuato sia sul telefono che sul PC.
3. Regalalo
Una ovvia seppur scontata soluzione è quella di regalarlo. Oggi come oggi la gente è sempre più affezionata ai beni materiali e non si rende conto che possiede oggetti che non userà mai! Quindi, facendo un atto di benevolenza, si può regalare il vecchio cellulare ad un parente che ne ha bisogno, magari un nipote o un cugino che è alle prime armi, e che sicuramente non ha bisogno di uno smartphone di ultima generazione.
Ci sono inoltre alcune aziende che si occupano di ritirare i cellulari usati, recuperare le parti riutilizzabili e smaltire in maniera ecocompatibile quelle non più utilizzabili. Una di queste è “Cellulari per Beneficenza” che effettua, per ogni cellulare raccolto, una donazione a “SOS Villaggi dei Bambini”. Se siete dirigenti di un attività commerciale o azienda sappiate che tramite il loro sito internet è anche possibile richiedere dei raccoglitori per la raccolta dei cellulari usati: in questo caso, al raggiungimento del 20° telefono sarà possibile avere un ritiro gratuito.
4. Rottamalo
Alcuni gestori telefonici offrono, di tanto in tanto, incentivi per la rottamazione del vecchio cellulare se si acquista un loro prodotto. È il caso di un’azienda Americana (non c’è nulla da fare, sono avanti!), la “Erecyclingcorps”, che si occupa di riciclare e smaltire il vostro cellulare in cambio di buoni acquisto. Ma non c’è da temere! Anche in Italia si sta muovendo qualcosa. Infatti l’azienda 3 sta proprio lavorando su un programma che prevede incentivi per gli utenti che decidono di riciclare i vecchi cellulari.
Se invece siete solamente amanti dell’ambiente e non vi interessa ricevere incentivi ma solamente “liquidare” ecologicamente il vostro cellulare, potete rivolgervi a Vodafone, che si sta occupando di smaltire i cellulari in modo pulito. Il progetto è partito nel 2000 e prende il nome di “My Future”, e prevede il ritiro di vecchi cellulari in 800 negozi Vodafone One e 130 centri assistenza indipendenti, in cambio di punti Vodafone One.
5. Trasformalo
Infine, se nessuna delle soluzioni precedenti vi convince, è possibile trovare nel web tantissimi modi di “trasformare” un vecchio cellulare. Ci sono tutorial per generare uno spettroscopio o addirittura un microscopio. Addirittura, tramite alcune modifiche, si può far diventare il cellulare uno spy-phone, con tanto di avviso di chiamata nel caso venga scoperto! Con alcune conoscenze tecniche si può anche decidere di farne un modem o il telecomando per un vecchio televisore.
L’idea green
Se ancora non siete certi che l’ambiente venga rispettato e avete l’animo davvero green, in Olanda è nato quello che fa per voi: il cellulare biodegradabile! Il designer olandese Gert-Jan van Breugel ha infatti progettato Bamboo. E’ un telefonino che, al termine del proprio ciclo di utilizzo, può essere sotterrato: l’involucro è, infatti, fabbricato in bioplastica, derivata da materie prime rinnovabili come il mais e il bambù. Una volta buttato, Bamboo riserva una piacevole sorpresa: dopo poche settimane l’involucro si disintegrerà e i semi di bambù contenuti al suo interno inizieranno a germogliare. Per fare l’albero, ci vuole il seme…o il cellulare!
Pensateci prima!
Insomma da oggi in poi, prima di gettare il cellulare nel primo cassonetto trovato per strada, pensateci bene perché le alternative ci sono, e sono molte. Basterebbe riflettere un po’ di più su ciò che facciamo per rendere il mondo un luogo migliore.

Antonio Carbone

Fonte: Tasc