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Lefebvriani, alcune precisazioni sul movimento

June 26, 2012 Leave a comment

Alcune precisazioni sul movimento lefebvriano
1. Chi sono i lefebvriani. Sono comunemente detti lefebvriani gli appartenenti alle comunità di fedeli e agli istituti religiosi che si riconoscono nelle idee propugnate dall’arcivescovo Marcel Lefebvre. Il movimento gravita attorno alla Fraternità sacerdotale San Pio X, sorta di istituto religioso che, nonostante un iniziale riconoscimento, fu giuridicamente soppresso dall’Autorità ecclesiastica dopo pochi anni di esistenza. Incurante dei provvedimenti in cui era incorsa, la Fraternità ha continuato nella sua opera di formazione di nuovi sacerdoti in violazione delle norme di diritto canonico e contro l’aperta proibizione della Santa Sede: i sacerdoti in essa formati ricevono illegittimamente l’ordine sacro. Il carattere scismatico del movimento è divenuto palese nel 1988, allorché mons. Lefebvre, in contrasto con la volontà del Pontefice, ha conferito l’ordinazione episcopale a quattro sacerdoti della Fraternità: tale atto, previsto come delitto dall’ordinamento giuridico della Chiesa, ha comportato di diritto la scomunica tanto per i vescovi consacranti quanto per i vescovi appena consacrati.
2. Motivi dello scisma. La ragion d’essere del movimento si sostanzia nella convinzione che non sia possibile mantenere integra la fede cattolica adeguandosi all’evoluzione ecclesiale originata dal Concilio Vaticano II: da qui il rigoroso rifiuto delle espressioni del Magistero e delle forme liturgiche delineate dal Concilio. L’atteggiamento di mons. Lefebvre nel Concilio si collocò entro l’ala “conservatrice” del collegio episcopale che, legittimamente e nei limiti di una corretta dialettica, manifestò il proprio sfavore circa alcuni orientamenti che poi furono approvati1. Negli anni successivi, il presule espresse opinioni fortemente critiche in ordine alle repentine innovazioni e agli abusi manifestatisi nella prassi ecclesiale. Tuttavia, se in un primo momento si limitò a denunciare la cattiva ricezione delle disposizioni conciliari, in seguito assunse toni sempre più aspri, giungendo a sconfessare il Concilio in quanto tale. In estrema sintesi, attraverso il Concilio la Chiesa sarebbe stata contaminata dalle ideologie rovinose che fino ad allora aveva avversato. In particolare, le statuizioni del Concilio Vaticano II – che pure, secondo Lefebvre, sarebbero privi di contenuti strettamente dogmatici – avrebbero enunciato dottrine in contrasto con la perenne Tradizione della Chiesa serbata dal Magistero preconciliare2. Parimenti, comporterebbero un’insanabile rottura con l’ortodossia della Tradizione le profonde modifiche della liturgia, introdotte nel Novus Ordo Missae in attuazione delle disposizioni del Concilio: da ciò deriverebbe la necessità di attenersi alla liturgia “di sempre”, riconosciuta come unica vera liturgia3.
Sulla base di queste convinzioni, Lefebvre perseguì l’intento di conservare l’ortodossia anche a costo di disubbidire alla “Chiesa di Roma”, in attesa che questa… si ravveda e sconfessi l’operato del Concilio. Le affermazioni di Lefebvre, inasprendo sempre più, si spinsero fino all’estremo oltraggio nei confronti del Collegio episcopale e del Pontefice, accusati di aver attuato un vero complotto satanico contro la Chiesa.

  • 1 È stato accertato che Lefebvre, sebbene abbia espresso voto contrario in sede di approvazione di alcuni dei documenti conciliari, appose la propria firma a ciascuno di essi, dimostrando così di uniformarsi alla volontà espressa dalla suprema autorità della Chiesa.
  • 2 In particolare, le maggiori contestazioni vertono sugli insegnamenti in materia di Collegio episcopale, di libertà religiosa, di ecumenismo, di dialogo con i non credenti.
  • 3 Si veda la Dichiarazione pubblica, stilata a Econe il 21 novembre 1974.

3. Cronologia minima.
1970: mons. Lefebvre, vescovo emerito di Tulle, già arcivescovo di Dakar, trasforma la casa di spiritualità di Econe, in Svizzera, in un vero e proprio seminario, autorizzato dal vescovo di Sion. Il 1° novembre con decreto del vescovo di Friburgo viene eretta come pia unione di diritto diocesano la Fraternità sacerdotale internazionale San Pio X, «società di vita comune senza voti sull’esempio delle Società delle Missioni Estere».
1971: Lefebvre esprime il proprio rifiuto nei confronti della liturgia rinnovata.
1974: il 21 novembre, a seguito di un confronto con alcuni prelati inviati dalla Santa Sede, Lefebvre rende una dichiarazione in cui prende le distanze dalla Chiesa di Roma, accusata di essersi orientata su posizioni ereticali.
1975: su autorizzazione della Santa Sede, l’Ordinario di Friburgo sopprime la Fraternità
1975: la Santa Sede vieta ai vescovi di incardinare nelle proprie diocesi i sacerdoti di Lefebvre.
1976: La Santa Sede vieta a Lefebvre di procedere a nuove ordinazioni. Alla violazione del divieto consegue la sospensione a divinis per Lefebvre e per i sacerdoti appena ordinati. Lettera ufficiale di Paolo VI a Lefebvre (11 ottobre).
1984: la Congregazione per la Dottrina della Fede detta norme che consentono ai Vescovi di autorizzare, in casi particolari, la celebrazione della Messa secondo il rituale preconciliare (ossia secondo il messale di Giovanni XXIII del 1962), per l’utilità dei fedeli che si sentano legati alla liturgia tradizionale (c.d. indulto)4.
1988: Dopo un periodo di caute trattative e di relativo riavvicinamento, Lefebvre decide di consacrare alcuni vescovi autonomamente, senza mandato pontificio. Incurante dell’avvertimento formale e dei ripetuti interventi della Santa Sede di desistere dall’intento, il 30 giugno Lefebvre, con la partecipazione di mons. De Castro Mayer, vescovo emerito di Campos, conferisce l’ordine dell’episcopato ai presbiteri Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Gallareta. È lo scisma: gli sforzi compiuti per conciliare le posizioni del movimento con il magistero pontificio sono vanificati. Alla consacrazione consegue la scomunica per tutti i sei vescovi, dichiarata con il motu proprio di Giovanni Paolo II «Ecclesia Dei» del 1° luglio e ribadita dal decreto della Congregazione per i vescovi dello stesso giorno. Il motu proprio contiene il solenne avvertimento ai fedeli cattolici che «l’adesione formale allo scisma costituisce una grave offesa a Dio e comporta la scomunica stabilita dal diritto della Chiesa». È inoltre confermata l’intenzione della Chiesa di venire incontro alle giuste istanze di quelle comunità che «si sentono vincolate ad alcune forme liturgiche e disciplinari tradizionali»: in particolare si ribadisce la possibilità dell’indulto per l’uso del rituale tridentino.
1991: Marcel Lefebvre muore.
2007: Benedetto XVI con il motu proprio «Summorum pontificum» chiarisce che l’introduzione del Novus Ordo Missae non ha comportato abrogazione del Vetus Ordo, poiché nessuna autorità umana ne avrebbe avuto il potere. La riforma liturgica non ha comportato l’introduzione di un nuovo rito, ma piuttosto l’introduzione di una nuova forma di celebrazione, che assurge a espressione ordinaria del perenne rito latino. Rimanendo immutata l’unica lex orandi del rito latino, non può sussistere alcuna rottura della tradizionale lex credendi5. La forma anteriore di celebrazione, mai soppressa, rimane come forma straordinaria della liturgia. Il motu proprio amplia notevolmente le possibilità di ricorrere alle forme preconciliari di celebrazione dei sacramenti e della liturgia delle ore.
2009: Per i poteri concessi dal Sommo Pontefice, con decreto del 21 gennaio la Congregazione dei Vescovi rimette la scomunica ai vescovi Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Gallareta.

  • 4 Lettera circolare “Quattuor abhinc annos”, 3 ottobre 1984. 3
  • 5 Sono così confutate le tesi di Lefebvre espresse nella citata dichiarazione del 21 novembre 1974.

4. Situazione giuridica della Fraternità. Agli aderenti alla Fraternità non pare possibile muovere accuse di eresia, in quanto Lefebvre non è mai spinto ad affermare precise tesi contrarie a dogmi di fede, ma piuttosto ha ricusato il Concilio nella sua interezza e i successivi sviluppi ecclesiali. È invece indubbio il carattere scismatico del movimento: il motu proprio «Ecclesia Dei» ha espressamente affermato che con le illecite ordinazioni episcopali, in contrasto con la volontà della Santa Sede, gli aderenti hanno dimostrato di abbandonare la comunione gerarchica con il Sommo Pontefice e con le altre membra della Chiesa. Ciò posto, è necessario distinguere nettamente l’esistenza del movimento scismatico dalla commissione del delitto di scisma da parte dei singoli fedeli, questione che non può risolversi in via generale. Ai sensi del can. 1364 del codice di diritto canonico, sono rei di scisma solo coloro che allo scisma hanno aderito formalmente: ossia coloro che, oltre ad aver commesso il peccato di scisma, condividendone liberamente e coscientemente la sostanza (l’anteporre le idee di Lefebvre all’obbedienza verso il Pontefice), hanno manifestato esternamente tale adesione6. Il delitto di scisma, caratterizzato dai due elementi appena indicati, comporta di diritto la scomunica, ossia il «divieto:
1° di prendere parte in alcun modo come ministro alla celebrazione del Sacrificio dell’Eucaristia o di qualunque altra cerimonia di culto pubblico;
2° di celebrare sacramenti o sacramentali e di ricevere i sacramenti;
3° di esercitare funzioni in uffici o ministeri o incarichi ecclesiastici qualsiasi, o di porre atti di governo» (can. 1331 § 1). La scomunica è una pena “medicinale”, volta a indurre colui che ha commesso il delitto a recedere dalla c.d. contumacia, cioè a pentirsi sinceramente e offrire congrua riparazione dei danni e dello scandalo procurati, o almeno promettere seriamente di farlo. Essa permane fino a quando il colpevole receda dalla contumacia; una volta che ciò avvenga, la censura deve essere rimossa (cann. 1347 e 1358). Per questo delitto la pena è latae sententiae: vale a dire che il colpevole vi incorre automaticamente, in virtù della legge stessa, senza la necessità che l’autorità ecclesiastica adotti uno specifico provvedimento di condanna: quando l’autorità interviene, non fa altro che accertare che il reo soggiace alla pena in forza del diritto stesso. In relazione al delitto di scisma, l’unico pronunciamento della Santa Sede ha colpito i vescovi che hanno compiuto le illecite ordinazioni del 30 giugno 1988 e quelli che in tale occasione hanno ricevuto l’ordine dell’episcopato: sono incorsi nominalmente nella dichiarazione di scomunica per i delitti di scisma e di consacrazione episcopale senza mandato pontificio (can. 1382). Nessun altro fedele aderente al movimento è incorso da una espressa dichiarazione di scomunica, fermo restando che, come detto, la scomunica per il delitto di scisma opera automaticamente per coloro che abbiano aderito volontariamente e liberamente allo scisma lefebvriano. Sul punto, la citata Nota del Pontificio Consiglio per i testi legislativi ha osservato che, in linea di massima, può ascriversi il delitto di scisma ai sacerdoti e ai diaconi lefebvriani, in quanto l’attività ministeriale da essi svolta nell’ambito del movimento risulta palese sintomo dell’adesione formale allo scisma. Per quanto riguarda invece gli altri fedeli, tale adesione formale non può desumersi dalla semplice partecipazione occasionale ad atti liturgici o ad attività del movimento lefebvriano; l’esistenza del delitto dipende, di volta in volta, dall’atteggiamento interiore del fedele e dal suo comportamento esterno. Inoltre, tenuto conto del consolidarsi dello scisma presso alcune comunità di fedeli, deve ricordarsi che lo scisma non può essere rimproverato a coloro che nascono e sono istruiti nella fede nell’ambito di comunità cristiane separate dalla Chiesa cattolica7. Di conseguenza, la recente rimessione della scomunica dichiarata nel 1988 si è limitata a rimuovere la pena nei confronti dei quattro vescovi consacrati da Lefebvre. Il Pontefice, «paternamente sensibile al disagio spirituale manifestato dagli interessati a causa della sanzione di scomunica e fiducioso nell’impegno da loro espresso […] di non risparmiare alcuno sforzo per approfondire nei necessari colloqui con le Autorità della Santa Sede le questioni ancora aperte […] ha deciso di riconsiderare la situazione canonica dei Vescovi [… ] sorta con la loro consacrazione episcopale»8. L’atto della Santa Sede costituisce un gesto di misericordia nei confronti dei quattro vescovi, volto a consolidare la reciproca fiducia nelle relazioni tra la Fraternità San Pio X e la Sede Apostolica e utile a promuovere il cammino necessario per superare le divergenze che ostano alla piena comunione della Fraternità con la Chiesa cattolica. È appena il caso di osservare che, in relazione a questo gesto di ampio respiro ecclesiale, nessun rilievo hanno i giudizi personali in materia storica espressi da uno dei presuli interessati. Restano comunque invariati i rapporti tra la Chiesa cattolica e il movimento lefebvriano, il quale, si ribadisce, tuttora non è in piena comunione con la Chiesa. Parimenti invariata resta la situazione dei fedeli legati al movimento. In particolare, tutti i presbiteri e i diaconi ordinati nell’ambito della Fraternità, nonché i quattro vescovi riammessi nella comunione ecclesiale, rimangono soggetti alla pena della sospensione a divinis, nella quale sono incorsi per aver ricevuto illegittimamente l’ordine sacro (can. 1383). La Fraternità, infatti, non gode di alcun riconoscimento nella Chiesa cattolica e i chierici ad essa aderenti, non esclusi i quattro vescovi sciolti dalla scomunica, non esercitano lecitamente nessun ministero nella Chiesa9. Sul punto, merita ricordare che nemmeno la suprema autorità della Chiesa può privare di efficacia l’ordine sacro conferito con piena intenzione: ne consegue che i sacramenti celebrati con retta intenzione dal ministro sacro validamente ordinato, anche quando sia incorso nel divieto di esercitare la funzione di santificare, rimangono validi, sebbene siano gravemente illeciti. Conseguentemente, i sacramenti celebrati dai sacerdoti lefebvriani sono validi ma illeciti; pertanto è sconsigliato ai fedeli cattolici di prendere parte alle loro celebrazioni, a meno che si trovino nell’impossibilità di adempiere altrimenti ai precetti della Chiesa.
In conclusione, la rimozione della scomunica ai quattro vescovi della Fraternità è un gesto di grande significato ecclesiale, ma rappresenta solo la rimozione di un ostacolo al dialogo con il movimento lefebvriano: la riconciliazione con la Chiesa cattolica non può passare che attraverso il «pieno riconoscimento del Concilio Vaticano II e del Magistero dei Papi Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e dello stesso Benedetto XVI»10.

  • 6 In questi termini si è espresso il Pontificio Consiglio per i testi legislativi in una Nota esplicativa del 24 agosto 1996.
  • 7 Come insegna il decreto del Concilio Vaticano II Unitatis redintegratio (par. 3).
  • 8 Decreto della Congregazione per i vescovi del 21 gennaio 2009.
  • 9 Cfr. la Nota ufficiale della Segreteria di Stato vaticana del 4 febbraio 2009.
  • 10 Così la medesima Nota ufficiale.

Carlo Montalenti

Fonte: Unione Giuristi Cattolici Pavia

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“Charlot” di Richard Attenborough (1992)

June 26, 2012 Leave a comment

Charlot (Chaplin) è un film di genere drammatico della durata di 144 min. diretto da Richard Attenborough e interpretato da Robert Downey Jr., Geraldine Chaplin, Paul Rhys, John Thaw, Anthony Hopkins, Dan Aykroyd, Marisa Tomei, Penelope Ann Miller, Kevin Kline, Milla Jovovich.
Prodotto nel 1992 in USA.
Nel 1910 a Hollywwod il monello povero dei sobborghi di Londra si trasforma in Charlot, barbone adulto con bombetta e bastoncino. A trent’anni è già l’uomo più ricco d’America, sposato e divorziato, chiaccherato e invidiato.
La pellicola è la biografia romanzata del comico inglese Charlie Chaplin. Colui che seppe prima interpretare al meglio ed in seguito rimodulare un genere cinematografico in auge agli inizi del ventesimo secolo. Un grande e completo artista capace di rinnovare anche la sua figura scenica, grazie all’uso di forti tematiche sentimentali e sociali trasponendo per una grande ed eterogenea platea la vita e le pulsioni umane.
L’impianto scenico scansiona il tempo con il susseguirsi delle molte figure femminili che hanno accompagnato fin dall’inizio, ma solo alla fine reso pago, la lunga esistenza di Chaplin.
Dopo la materna ed essenziale figura (interpretata dalla figlia Geraldine) ecco le prime passioni del giovane e promettente attore di teatro.
La svolta artistica avviene grazie alla proficua intuizione e collaborazione di Sydney, il fratello-manager, e il viaggio negli Stati Uniti. L’incontro col cinema e con il regista Mack Sennett (interpretato da Dan Aykroyd) e il galoppante successo, frutto di sagaci trovate e duro lavoro; relazioni e matrimoni attraversano fugacemente la metamorfosi artistica e umana dell’artista. Si sposò quattro volte ed ebbe innumerevoli avventure: acerbe ragazzine, navigate stelle del cinema e rapaci avventuriere. Figli legittimi, presunti e anche le donne realmente innamorate dell’uomo furono solo dei riempitivi delle pause tra la lavorazione di un film e il successivo. Chaplin conobbe successo fama e gloria come interprete, regista e compositore di musiche, ma fu anche bersaglio politico per le sue mal celate idee “eversive”, sino all’esilio, in Svizzera.
Il suo amore restò sempre il cinema e dal cinema, alla fine, fu premiato.

Fonte: Wikipedia

“Viva”, mostra fotografica di Valeria D’Angelo a Milano

June 26, 2012 Leave a comment

Twelve e Rosaspinto presentano: “Viva”, Mostra fotografica di Valeria D’Angelo
Mercoledì 27 giugno 2012 ore 19.00 c/o Twelve. Viale Sabotino, 12 (Milano)
Gli aperitivi artistici curati da Rosaspinto offrono suggestioni poetiche ed impressioni seducenti che coinvolgono ed appagano un pubblico sempre più attento e curioso.
La mostra fotografica Viva di Valeria D’Angeloaccompagnerà il ritrovo conviviale tra amici alTwelve con emozioni creative e dirompenti.
Il progetto “Viva”, vuole essere, infatti, l’esortazione quotidiana alla vita, simbolo della ricerca insaziabile del sapere, estasi e stupore al cospetto dell’indecifrabile semplicità della Natura.
L’artista Valeria D’Angelo, attraverso il suo personale obiettivo, plasma in modo effimero e visivo l’esperienza emotiva del trovarsi a vivere a contatto con gli elementi naturali, dopo essere stata circondata per anni dalla scenografia imponente e artificiale di Milano.
Quello che ricerca, scopre e racconta è un mondo di estrema eleganza e bellezza di cui è protagonista e spettatrice incantata.
Le impressioni fotografiche germogliate da questa osservazione scultorea ci avvolgono con cromatismi inaspettati e intonati, scorci onirici e plastici e con una coreografia pittorica delle inquadrature.
La viva Natura non è mai rappresentata come natura morta, ma è sempre in tensione come una forza vibrante in attesa, un attimo sospeso ma pulsante di aspettative.
Ritroviamo nel suo progetto fotografico un omaggio ai dettagli scenografici della Natura e dei suoi elementi più comuni; a noi spettatori il compito di ricercare la chiave di lettura, decodificando forme architettoniche e composizioni grafiche.
E’ una bellezza che rilassa e rallenta il ritmo euforico della vita metropolitana, è un soffio lieve di forme silenziose non congestionate da artifici coreografici.
E’ una bellezza “Viva”.
Valeria d’Angelo, nipote del pittore milanese Alfredo D’Angelo, nasce nel 1973.
Dopo il liceo artistico frequenta il corso di arte, progettazione e tecnica per lo spettacolo e l’industria (indirizzo scenografia), presso Accademia di Comunicazione.
Nel 1995 consegue il diploma di graphic design.
Lavora a Milano tra il 1995 e il 2009 dedicandosi in particolar modo all’immagine coordinata e alla grafica editoriale.
Nel 2009 si trasferisce in un piccolo paese della provincia torinese, dove, pur continuando il lavoro come graphic designer, inizia a sviluppare un personale percorso estetico-stilistico che si esprime attraverso la fotografia e la pittura.
Principale fonte di ispirazione è il contatto diretto con la natura, le sue linee e i suoi colori.
Dj set della serata Deejay WestBanhof (Chemical Attack Project), eclettica nuova leva del panorama milanese, che proporrà un percorso creativo dal rock vibrante dei Led Zeppelin e dei Rolling Stones, crescendo in un’evoluzione virtuosa tra l’indie rock degli Arctic Monkeys e dei Wombats fino ad arrivare all’elettronica dei Justice e dei Soulwax, ogni tanto regalando piccoli cameo, capolavori ricercatissimi tra le piste internazionali e non.
Vernissage Mercoledì 27 Giugno 2012.
In mostra fino a Domenica 8 Luglio 2012

“Polmone verde del mondo: la foresta pluviale tropicale e il fascino della natura incontaminata del Borneo”, appuntamento malese a Marina di Ravenna

June 26, 2012 Leave a comment

LA MALESIA APPRODA A MARINA DI RAVENNA
Appuntamento giovedì 28 giugno per una serata  dedicata alla meravigliosa terra malese – appuntamento posticipato a martedì 3 luglio
L’Ente del turismo della Malesia, in collaborazione con l’Agenzia Viaggi Eventi G.A.P. Service, il prossimo 28 giugno al Bagno Mosquito Coast nr. 20 di Marina di Ravenna organizza dalle ore 20.00 una serata speciale dedicata alla Malesia dal titolo “Polmone verde del mondo: la foresta pluviale tropicale e il fascino della natura incontaminata del Borneo”.
L’iniziativa si pone l’obiettivo di far conoscere una terra misteriosa e vivace, incrocio di culture antiche e tradizioni moderne. Le foreste primarie del Borneo, gli Orang Utan e altre specie minacciate di estinzione, il tramonto sul monte Kinabalu e le acque cristalline della Malesia, protagonista in scatti fotografici che verranno esposti in esclusiva per G.A.P. Service durante la serata.
Vera gioia per gli occhi, ma anche per le papille gustative, la serata si aprirà con una cena tipica malese (menù 18 euro, bevande incluse) per degustare i piatti che rispecchiano la tradizione multiculturale del paese: un panorama gastronomico vario, ricco di spezie, profumi e sapori in grado di soddisfare tutti i palati.
A seguire una presentazione fotografica di Nicola Messina, Naturalista che ha vissuto un anno nelle foreste del Borneo e che ha già portato in Italia un angolo di verde malese, con la sua mostra fotografica “Foreste del Borneo, un patrimonio a rischio” appena conclusasi ai Giardini Botanici Hanbury di Ventimiglia. Inoltre, l’Ente del Turismo della Malesia presenterà una panoramica sulle località più belle da scoprire in questa terra magnifica dai mille incanti, supportata da Cathay Pacific Airways, la compagnia aerea di Hong Kong che offre comodi collegamenti da Milano Malpensa e Roma a Kuala Lumpur, capitale e porta d’ingresso della Malesia.
Al termine della serata, tra gli ospiti presenti verrà estratto un biglietto aereo andata e ritorno per Kuala Lumpur e altri premi.
L’ingresso è gratuito, ma i posti sono limitati.
Per prenotazioni e maggiori informazioni:
AGENZIA VIAGGI EVENTI G.A.P. SERVICE
Via C. Ricci 5 (RA)
Tel.: 0544.213890
e-mail: eventi@gapservice.it
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Ufficio stampa Ente del Turismo della Malesia
Ketchum P.R.
Sara Gatti – tel. 02 624119.23 – sara.gatti@ketchum.it
Daniele Caso – tel. 02 62411975 – daniele.caso@ketchum.it

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La Biennale di Venezia 69, serata di pre-apertura della Mostra del Cinema di Venezia

June 26, 2012 Leave a comment

la Biennale di Venezia /
69. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica
Serata di pre-apertura (28 agosto) della Mostra del Cinema di Venezia
all’Arena di Campo San Polo 
con Roma ore 11 (1952) di Giuseppe De Santis
in una nuova copia a 60 anni dalla prima proiezione
Si rinnova la tradizione della serata di pre-apertura della Mostra del Cinema di Venezia, che si terrà anche quest’anno in centro storico, martedì 28 agosto all’Arena di Campo San Polo, in collaborazione con il Comune di Venezia – Circuito Cinema Comunale.
Sarà proiettato Roma ore 11 (1952), capolavoro di Giuseppe De Santis, uno dei padri del Neorealismo, in occasione del Sessantesimo anniversario della prima proiezione del film, in una nuova copia messa a disposizione dal Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale di Roma. 
La 69. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica avrà luogo al Lido dal 29 agosto all’8 settembre 2012, diretta da Alberto Barbera e organizzata dalla Biennale di Venezia presieduta da Paolo Baratta. 
Roma ore 11 di Giuseppe De Santis, distribuito nel febbraio 1952, prodotto dalla Titanus e interpretato da Lucia Bosé, Carla Del Poggio, Raf Vallone e Massimo Girotti, si basa sull’inchiesta condotta da Elio Petri, che fu aiuto regista nel film, in seguito a un tragico fatto di cronaca avvenuto a Roma nel 1951. La sceneggiatura, oltre che dallo stesso De Santis, è firmata da Cesare Zavattini, Basilio Franchina, Rodolfo Sonego e Gianni Puccini.
La vicenda di Roma ore 11: rispondendo all’annuncio su un giornale, duecento ragazze si presentano in via Savoia a Roma per ottenere un posto di dattilografa presso lo studio di un ragioniere. In un’Italia esasperata dalla disoccupazione, ma ancor più dall’impossibilità per le donne di trovare lavoro, arrivano per il colloquio giovani di ogni tipo ed estrazione sociale: nobili decadute, prostitute che cercano di cambiar vita, mogli con il marito disoccupato, figlie di ex benestanti cui la pensione non basta per sopravvivere. Accalcatesi sulle rampe delle scale del piccolo palazzo, si scambiano impressioni e accennano alle loro esistenze fatte di miseria ed espedienti per vivere. Un litigio per la priorità in fila trasforma l’attesa in tragedia: la ringhiera della scala cede, distruggendo a uno a uno i gradini, facendo precipitare le donne, molte delle quali rimangono ferite, mentre una di esse, Anna Maria Baraldi, muore. Portate in ospedale, l’amara scoperta: per essere curate, gli uffici pretendono il pagamento della retta giornaliera di 2.300 lire. Molte di loro sono costrette ad andare a casa perché impossibilitate a pagare.
Giuseppe De Santis (Fondi, 1917 – Roma, 1997) è considerato uno dei padri e dei principali protagonisti del Neorealismo cinematografico italiano. Già critico e animatore nell’anteguerra della rivista “Cinema”, che si proponeva di far uscire il cinema nazionale dai cliché dei “telefoni bianchi”, collabora inizialmente con Luchino Visconti (per Ossessione, 1943, di cui firma anche la sceneggiatura) e Roberto Rossellini (per Desiderio, 1946). Nel 1948 realizza il suo primo lungometraggio, Caccia tragica, che per i temi trattati (la lotta fra i contadini di una cooperativa e un gruppo di agrari), il ritmo di dramma popolare e alcune caratteristiche narrative “americane” (scene movimentate e drammatiche, erotismo), segna e rinnova la stagione del Neorealismo. Questi caratteri contribuiscono fortemente al trionfo anche al botteghino della prova successiva, Riso amaro (1949), che tratta della dura esistenza delle mondine di una risaia, in una storia che intreccia l’analisi politica della lotta di classe alla sfera del privato dei personaggi. De Santis sceglie come protagonista un’esordiente d’eccezione, Silvana Mangano. Per questo film De Santis e Carlo Lizzani ottengono la nomination al Premio Oscar per il miglior soggetto. La sua regia si impone in particolare per l’uso sapiente e originale della gru, del dolly e della tecnica del pan focus, con cui rappresenta il movimento in particolare delle folle.
Le stesse tematiche, sullo sfondo di una società contadina conflittuale, quella della natìa Fondi, vengono trattate nel successivo Non c’è pace tra gli ulivi (1950). Con Roma ore 11, e Un marito per Anna Zaccheo (1953), che descrive le inquietudini di una ragazza napoletana (Silvana Pampanini) tormentata dalla sua bellezza, De Santis lascia momentaneamente la campagna per trattare temi cittadini e borghesi. Con Giorni d’amore (1954) e Uomini e lupi (1956) torna ai temi originari della vita dei piccoli paesi. In particolare Giorni d’amore è il suo primo film a colori e conquista il Nastro d’argento per il migliore attore protagonista (Marcello Mastroianni). Il successivo La strada lunga un anno, racconta la vicenda curiosa di un paesino di montagna isolato, dove un disoccupato ha un’idea: costruire una strada che colleghi il luogo con la costa. Girato nel 1957 in Istria, sceneggiato anche da Tonino Guerra, il film viene candidato al premio Oscar come miglior film straniero. Una nuova stagione della produzione di De Santis inizia con La garçonnière (1960), che narra l’avventura extraconiugale di un uomo (Raf Vallone) che infine, deluso, ritorna in famiglia; continua con Italiani brava gente (1964), una coproduzione italo-sovietica sulla ritirata di Russia delle truppe italiane, in cui torna l’ideologia nelle forme della ribellione dei proletari (di ogni parte belligerante) contro la guerra; e si conclude con Un apprezzato professionista di sicuro avvenire (1972), con Lino Capolicchio, dove De Santis si cimenta con le tematiche sociali e di costume della commedia all’italiana di quel periodo.

“Napoleone il comunicatore. Passare alla storia non solo con le armi” di Roberto Race, Egea Bocconi

June 26, 2012 Leave a comment

Napoleone il comunicatore. Passare alla storia non solo con le armi
Race racconta Napoleone nella sua dimensione non ancora esplorata di guru della comunicazione, l’uomo che ha inventato l’opinione pubblica, il merchandising e promosso la sua immagine con modi e maniere moderni. Dal 20 giugno nelle librerie.
C’è un filo rosso che attraversa tutta l’epopea di Napoleone. Dalla spedizione italiana alla missione in Egitto, fino ai trionfi di Ulm o Austerlitz, alle successive disfatte e al doppio esilio. È la sua straordinaria, modernissima, visionaria, profetica capacità di comunicare. Ma in che modo e con quali risultati? Roberto Race in “Napoleone il comunicatore. Passare alla storia e non solo con le armi” (Egea Bocconi 2012, 144 pagg. 16 euro), esplora e propone una “riflessione di natura storica fortemente legata al presente che permette di focalizzare l’attenzione sull’agire comunicativo consapevole e finalistico degli attori politici, sull’uso consapevole della comunicazione”, come afferma Mario Rodriguez nella postfazione.
Napoleone ha inventato l’opinione pubblica così come siamo abituati a intenderla oggi. Ha utilizzato per la prima volta il merchandising, ha saputo promuovere la sua immagine mentre guidava la Grande Armée alla conquista di mezza Europa.
“Sin dalle prime battute” afferma Luigi Mascilli Migliorini nella sua prefazione, “la capacità di comunicare di Napoleone era apparsa virtù istintiva di un ventisettenne generale che annunciava in sé, visibilmente, le incertezze di un eroe di Stendhal e le arroganze di un personaggio di Balzac”.
Nel volume Race spiega modalità ed eventi che segnano l’ennesimo primato del generale Bonaparte, meno conosciuto dei tanti conquistati nelle battaglie condotte per mezza Europa. Per lui comunicare non è solo un mezzo che usato al meglio “consente di anticipare le mosse dell’avversario e sbaragliarne gli schieramenti”, ma anche “uno strumento di rappresentazione, con il quale si inscena un summit come si commissiona un quadro”. In ogni caso, avverte l’autore, Napoleone ha potuto vincere anche da grande comunicatore “perché quella che raccontava non era una favola qualsiasi”, “qualsiasi campagna di marketing, senza contenuti adeguati, non regge alla distanza, tanto più al peso della storia”.
“E’ un libro utile sia a chi intenda approfondire le radici delle tecniche moderne di comunicazione, sia a chi voglia entrare in contatto con una dimensione ancora non completamente esplorata di una delle figure più originali della storia moderna”, conclude Race.
Roberto Race, giornalista e consulente in comunicazione e public affairs, ha lanciato in Italia la figura del direttore relazioni esterne e comunicazione “in affitto” e lavora oggi come temporary manager per alcune delle più dinamiche e innovative aziende italiane. Fa parte dell’Aspen Institute Italia come Aspen Junior Fellow, di RENA Rete per l’eccellenza nazionale, della Ferpi, de Il Chiostro e del consiglio direttivo di INWARD Osservatorio Internazionale sulla Creatività Urbana. È segretario generale della Fondazione Valenzi, l’istituzione internazionale attiva nella cultura e nel sociale dedicata all’ex sindaco di Napoli.

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“MISS PIN UP”, primo concorso pin up presso Fiera Vintage Forlì

June 26, 2012 Leave a comment

1° CONCORSO “MISS PIN UP” FIERA VINTAGE FORLI’
La pin up simbolo e slogan della Fiera Vintage di Forlì, dall’edizione autunnale avrà il suo concorso di bellezza che premierà la femminilità sullo stile anni ‘50.
Il concorso è nato per rivalutare un modello di donna che in questo secolo non viene più considerato e lontano dai canoni di bellezza un po’ androgina a cui ci siamo abituati in questi anni: le curve tipicamente femminili, che anno dopo anno i vari editoriali ci hanno fatto disprezzare, tornano a far sognare gli uomini e a rassicurare le donne.
Le Pin up in déshabillé non hanno niente che assomigli alla volgarità che ci viene proposta oggi dai media, ma sono eccelse interpreti della sensualità dal gusto retrò, sempre attuale.
Il contest intende valorizzare le peculiarità delle pin-up: una silhouette curvilinea ma snella e sinuosa, un viso dolce, da bambola, pose ammiccanti, sensuali, ma anche ironiche e buffe, mai volgari. Sono questi i tratti inconfondibili che hanno reso intramontabili le pin up, le donnine “da appendere” degli anni Cinquanta; piccole dive maliziose con due grandi modelli: la bionda Marilyn Monroe che esordì proprio posando per disegni “da calendario” e la bruna e un po’ perversa Bettie Page, icona del lato più dark del genere. Il loro stile, amabilmente vintage, superfemminile, eccentrico, è tornato di moda.
Chi erano le Pin Up????
Con il termine di pin-up (termine di lingua inglese traducibile con da appendere) si indicano generalmente le ragazze – solitamente procaci, ammiccanti e sorridenti – fotografate in costume da bagno le cui immagini, durante il secondo conflitto mondiale, iniziarono a diffondersi su molte riviste settimanali degli Stati Uniti.
Questo fenomeno attirò in maniera sempre maggiore l’attenzione soprattutto dei lettori uomini, e in particolare registrò un incredibile successo fra i soldati impegnati al fronte, che usavano appendere le fotografie di queste ragazze nei loro armadietti o nelle loro tende di accampamento.
Questa categoria di  sex-symbol venne identificata col nome di pin-up, e appunto stava a indicare una categoria di splendide ragazze, sensuali e affascinanti, prive di quell’alone di mistero che aveva caratterizzato le “dive” degli anni trenta, elemento che contribuì di certo a conferire loro il favore del pubblico.
Erano tipiche bellezze americane, dalle gambe lunghe, seno prorompente e naso all’insù, quindi prosperose ed attraenti ma dallo sguardo sereno, quasi fanciullesco, ed armonioso. Erano delle “dive” private del classico “divismo”: l’ampia diffusione delle loro storie sulle riviste concorse a conferire loro un carattere comune agli occhi del pubblico.
IL CONCORSO
Le selezioni per il concorso si svolgeranno all’interno di Fiera Vintage alle ore 17:00 di venerdì 21 e sabato 22 settembre, quando saranno decretate le 10 sfidanti che parteciperanno, sempre nella giornata di sabato, alla finale di  “Miss Pin up Fiera Vintage Forlì 2012”.
La vincitrice accederà di diritto alla 4° finale del concorso Nazionale “Miss pin up”  che si svolgerà domenica 23 settembre.
I requisiti per partecipare al concorso sono: “total look” e “make up” Vintage sullo stile Pin-up anni ’50; essere formose e con le curve, soprattutto mai volgari, vale a dire vicine a quell’immagine di Femminilità dal gusto retrò che il concorso stesso vuole rivalutare; nessun limite di altezza; taglia dalla 40 alla 54; maggiore età; essere spiritose e ironiche, ma soprattutto avere voglia di
esibirsi e farsi ammirare; non essere vincolate da contratti d’agenzia che tutelano l’immagine della candidata, o essere in possesso di liberatoria per esibirsi e partecipare al concorso.
“Miss Pin up Fiera Vintage Forlì 2012” avrà diritto ai seguenti premi: servizio fotografico offerto da Simona Sessa nel suo Show room di Ancona, “Pin up del 2000”; pagina web e visibilità per un anno sul sito ufficiale della Fiera http://www.fieravintage.it con migliaia di visitatori al mese; 1 pagina web su http://www.modellepinup.com. Inoltre, la vincitrice diventerà madrina del concorso e sarà chiamata al passaggio dello scettro alla vincitrice dell’anno successivo.
“Miss Pin up Fiera Vintage Forlì 2012” riceverà una targa d’argento e un prezioso omaggio stile pin up offerto da Romagna Fiere e da America Graffiti.
Per il regolamento completo potete visitare la sezione eventi collaterali – 1°  edizione concorso pin up fiera vintage Forlì: http://www.fieravintage.it/area_visitatori/eventi_collaterali.html
INFO, ORARI E PREZZI:
Come sempre si riconferma il venerdì mattina per la visita in anteprima gratuita agli operatori del settore, addetti stampa, collezionisti e alla ricerca, ma anche ai fedelissimi iscritti alla newsletter della manifestazione, agli amici di Facebook e My Space che potranno entrare gratuitamente prima dell’apertura al pubblico, per scegliersi per primi il meglio del vintage d’autore e non.
Orari al pubblico:
• venerdì dalle 14.00 alle 20.00
• sabato e domenica dalle 10.00 alle 20.00
• Ingresso: euro 6,00 – Coupon riduzione scaricabile dal sito http://www.romagnafiere.it

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