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Archive for June 18, 2012

Port Royal, storia incredibile dell’atlantide sommersa nel Mar dei Caraibi

Port Royal, piccola cittadina giamaicana colonizzata dagli inglese all’inizio del 1600, venne distrutta da un terremoto molto forte, anche se non particolarmente violento, il 7 Giugno del 1692, attività sismica che interessò la colonia britannica per le condizioni geologiche di enorme sensibilità, sprofondando nel mare aperto e trascinando dietro di se l’intero nucleo abitativo compreso dei suoi abitanti autoctoni. A quel tempo Port Royal era il più ricco possedimento inglese ubicato nel Nuovo Mondo, appellativo e successo influenzato grazie alle scorribande dei pirati delle Indie Occidentali, al commercio del rum e alla tratta degli schiavi provenienti dalle coste dell’Africa occidentale. In quel fatidico mattino del mercoledì 7 Giugno 1692 il reverendo Emmanuel Heath, pastore anglicano della chiesa principale del porto, era intento alla preghiera quando improvvisamente la terra cominciò a tremare con estrema violenta, casualità che favorì la sua salvezza dato che riuscì a mettersi in salvo fuggendo dal luogo colpito dal sisma mentre il terreno circostante cominciava a sprofondare sotto i suoi piedi.
Molti anni prima i pirati inglesi costruirono Port Royal su un lembo di terra, molto soffice e poco consolidato, estremamente instabile: infatti la colonia era ubicata su una fascia costiera caratterizzata da ghiaie fluviali e sabbie spesse oltre 30 metri, in  accentuato declivio verso il mare. Il tremendo terremoto  scosso dalle onde sismiche spinse le masse ghiaiose e sabbiose nel mare scivolando nei suoi fondali e trascinando con se l’abitato. Al feroce sisma successivamente fece seguito un maremoto imponente che inondò le uniche aree rimaste al di sopra della superficie dell’acqua e in pochi minuti, dopo i due eventi catastrofici, Port Royal sprofondò  violentemente sul fondale profondo oltre i 15 metri. Alla fine del evento sismico oltre 2000 persone persero la vita e del porto fiorente non restava alcuna traccia se non che un ammasso di rovine inabissate al di sotto della zona colpita. Alcune settimane più tardi dal terribile disastro naturale il reverendo Emmanuel Heath inveì contro quei  malfattori rimasti indenni in quei luoghi, dicendo loro: “Spero che questo terribile giudizio di Dio li indica a cambiare vita, poichè non penso che esistano persone cosi prive di timor di Dio sulla faccia della terra”.
L’evento disastroso, comunque, non ha disastrato l’agglomerato urbanistico in quanto gran parte della città si é conservata indenne sui fondali del mare Caraibico fino ad oggi, trasformando l’intera zona archeologica in una sorta di Atlantide dei Caraibi, sito sottomarino considerato dagli esperti un raro e autentico patrimonio archeologico sommerso.
Nel 1959, a distanza di circa due secoli dall’accaduto, due archeologi statunitensi decisero di scandagliare i fondali intorno alle coste della Giamaica, effettuando scavi sottomarini al di sotto di uno strato di circa tre metri di limo e sabbia. Dopo diversi giorni di intensa ricerca i resti della città portuale sepolta iniziò a rifiorire ancora integra sotto i fondali marini. Nonostante le condizioni disastrate di molte edifici e costruzioni colpite dal sisma, interi isolati abitativi e commerciali risultavano ancora integri e, rimossi i sedimenti sabbiosi e ciottolosi che ne ricoprivano le strutture, gli archeologi furono in grado di riportare alla luce abitazioni e locali con le colonne e i muri edificati, non che porte e finestre incassate in essi. Inoltre resti di natura biologica, come le ossa di una tartaruga rinvenute nel fondo di un recipiente di rame, ma anche flaconi di medicamenti e medicinali in una farmacia obsoleta, bottiglie di acqua di rose integre, forzieri corrosi dalla salsedine colmi di monete e addirittura anelli, tra cui fede nuziale con iscrizione. Port Royal é ancora oggi un ricco sedimento archeologico che desta ammirazione e curiosità, anche se perlustrarne i fondali risulta essere un’avventura molto rischiosa poiché la Giamaica è una zona sismicamente attiva, ubicata lungo il margine della placca caraibica in continuo contrasto con il bordo più a sud della placca nord-americana, e la continuità sismica della zona potrebbe mettere in pericolo i sommozzatori impiegati nelle ricerche archeologiche.

Marius Creati

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Cavallo Berbero, animale mitico o mito equino (parte 4)

June 18, 2012 Leave a comment

Il cavallo da Fantasia, una nuova razza
Questi incroci non sono discutibili. Numerose razze sono nate da tali melting-pots, anarchici in principio, poi armonizzati e codificati. Il cavallo da Fantasia corrisponde ad un bisogno, ad un mercato, che lo hanno creato empiricamente e una nuova razza equina sta nascendo. La domanda che ci si pone è quella relativa alla sua identità. Il cavallo da Fantasia non era un berbero, che nome dunque donare a questo colosso? Regolarmente, durante le procedure di iscrizione al titolo iniziale, si produce un dilemma: qualche descrizione presentata è inclassificabile. La commissione puo’ allora attribuire sia un documento di berbero sia quello di arabo-berbero (e procedere ad una iscrizione a titolo iniziale nello stud-book) oppure un documento di RNC ovvero Razza Non Conosciuta. Ovvio che il documento di RNC è mal accettato dal proprietario che desidera uno status corrispondente al valore di mercato del cavallo allevato e al suo prestigio tra gli addetti ai lavori della Fantasia.
L’alternativa è quindi semplice:
A) iscrivere un cavallo come berbero quando non lo è
B) ghettizzare un magnifico cavallo da Fantasia nel ghetto dei RNC, cosa inaccettabile per i suoi proprietari
C) è possibile creare una terza via per uscire dall’impasse, quella di elaborare un nuovo standard e l’apertura di uno stud-book per accettare un fatto compiuto: la creazione di una nuova razza che si chiamerà cavallo da Fantasia ( o di Thourida) marocchino o un altra denominazione da determinare. In questo modo il cavallo da Fantasia potrà continuare ad espandersi conformemente ai gusti in vigore di questa disciplina e il “vero” berbero potrà ritornare al suo piccolo formato autentico e alla sua vocazione di sempre: la resistenza.
Avvenire del berbero
I risultati onorabili del berbero nelle corse di endurance confermano la sua reputazione. C’è una opportunità per migliaia di cavalli berberi o arabi-berberi, che si trovano oggi non sul terreno delle Fantasie ma tra le merci dei carretti urbani e rurali. E’ a partire da questi cavalli, chiamati in modo peggiorativo keïdars che si potrà ricreare la razza berbera attorno alla sua prima vocazione: la corsa di resistenza o endurance. La funzione crea l’organo. E crea anche le razze. Il berbero è stato creato per la caccia, la corsa e la guerra di movimento. Sta sparendo in seguito all’annullamento delle sue funzioni e, destino beffardo, un altra razza equina sta comparendo, creata esclusivamente per la Fantasia. Questa razza ha un lontano rapporto con il berbero e per il loro bene queste due razze devono essere nettamente distinte e separate, su basi scientifiche e storiche perchè ognuna possa svilupparsi nel proprio spazio, seguendo la sua propria vocazione.

Paolo Pautasso

Fonte: My Amazighen

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Cina, strano canide terrorizza il vicinato di Xinxiang

Gli abitanti di un paesino della provincia di Henan, in Cina, sono letteralmente terrorizzati da uno strano animale di piccole dimensioni dalla pelle rosa maculata con macchie scure provvisto di particolari ciuffi di pelo bianco sulla testa e sulla coda. I cittadini di Xinxiang sostengono che si tratta di un particolare esperimento genetico, considerando la presenza nella zona di alcuni  centri sperimentali in cui vengono effettuate ricerche su alcune specie di animali. A tali affermazioni, dai laboratori scientifici hanno smentito sostenendo di non aver mai effettuato esperimenti genetici, ma affermando che si tratta di una razza canina molto rara, molto costosa ed estrremamente ricercata.

Marius Creati

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“Memorie di una geisha” di Arthur Golden, Casa Editrice Longanesi

June 18, 2012 Leave a comment

Circondate da un’aura romantica e misteriosa, le geishe hanno spesso esercitato sugli occidentali un’attrazione quasi irresistibile, amplificata dalle leggende che circondano la loro esistenza. Come e perché si diventa geishe? In quale modo le fanciulle vengono istruite? Quali sono i rituali e le «abilità» da apprendere? A queste domande Arthur Golden ha deciso di rispondere con un romanzo che ha l’emozionante semplicità e l’immediatezza di una storia vera.
È infatti il racconto in prima persona di una geisha, Sayuri, a guidarci attraverso le complesse, affascinanti tradizioni giapponesi e a permetterci di comprenderne l’intima essenza, il significato più profondo, nel bene e nel male. E benché Sayuri racconti la sua storia con la pacata saggezza di chi ha ormai percorso gran parte della vita, la sua voce tesse una trama precisa e vivida, permettendoci di entrare in un universo al contempo splendido e crudele.
“Una storia straordianariamente coinvolgente e appassionante, con personaggi che ti introducono a un mondo del tutto inedito.” Steven Spielberg
Arthur Golden è nato e cresciuto a Chattanooga, nel Tennessee. Laureato in Storia dell’arte ad Harvard nel 1978, si è specializzato in arte giapponese e ha conseguito un Master in Storia del Giappone alla Columbia University, dove si è anche dedicato allo studio del cinese mandarino. Dopo qualche tempo a Pechino, si è trasferito a Tokyo dove ha lavorato in campo editoriale. Sposato e padre di un figlio, vive attualmente a Brookline, nel Massachusetts.
Memorie di una geisha, suo primo romanzo e straordinario successo in tutto il mondo, è il frutto di dieci anni di intense ricerche, conclusi da una serie di lunghe conversazioni avute con una vera geisha.
MEMORIE DI UNA GEISHA
Arthur Golden
Traduzione di Donatella Cerutti Pini
Narrativa
Collana: La Gaja scienza
Pagine: 576
Prezzo: € 9.90
In libreria dal: 7 Giugno 2012

Fonte: Casa Editrice Longanesi

Marocco, industria del porno magredino

June 18, 2012 Leave a comment

L’industria del porno in Marocco: pruderie orientali con stars internazionali e attrici amatoriali locali, un bussiness che avanza. Il Marocco è un paese islamico, lo sappiamo. Il Marocco è un regime che non ammette, al momento, intransigenze. Lo sappiamo. Perchè allora molte stars del XXX si recano in questo paese per i loro tournages ? Rischiando grosso, aggiungo io. Molte label come Private, Marc Dorel o Andrew Blake hanno girato qui con porno–attrici come Aria Giovanni, Catalina Cruz, Zara White o Veronica Zemanova, in case o ville private del Reame, in particolare a Marrakech. Per i fans del XXX l’esotico offre dei prodotti molto folk e arrapanti. I canali satellitari specializzati propongono delle programmazioni ad hoc con menzione del luogo di riprese e il Marocco figura in molti curriculum di diverse stars che hanno lavorato in terra araba. Come fanno i produttori e i registi a non incappare nelle maglie dei controlli e della vigilanza delle autorità locali? Le astuzie delle case di produzione sono tante. Prima fra tutte quella di girare degli spot pubblicitari falsi e parallelamente una equipe si dedica alle foto/film porno come è successo con il magazine Private che ha realizzato diversi reportages fotografici in Marocco. Oltre alle bibbie dell’erotico come Play Boy, Hustler e altri. Per gli intenditori le riviste con immagini di interni marocchini sono veramente tante. E’ evidente che il CCM, il centro cinematografico marocchino, svolge il suo lavoro di controllo su questo genere di riprese e le autorizzazioni sono scrupolosamente studiate: non ci sono margini di errore ma i professionisti del XXX sanno come raggirali. Richieste di pubblicità, reportages di moda, fotografie turistiche, servizi sulle regioni del Marocco e altri escamotages sono la copertura dei veri soggetti delle riprese. Secondo un produttore affermato nel campo, questo traffico esiste ed è molto prolifico. Il CCM lavora sodo, legge gli scenari, fa le sue inchieste sulle case di produzione, i registi, i budget e la reputazione delle persone che arrivano nel reame per girare i films, ma si trovano sempre delle facciate pulite inventate di sana pianta dalle società hardcore. Un giovane attore marocchino che conosco personalmente mi ha confidato  che è stato contattato per un ruolo in un film che  credeva una fiction e che in realtà è diventato un porno durante la fase di montaggio. La  storia da copione lo vedeva come chaffeur di un 4×4 per una coppia straniera in vacanza a Marrakech; tour della città e ritorno davanti alla villa, ruolo terminato. Le immagini girate erano più che normali e mai l’attore avrebbe pensato quello che scopri’ durante il montaggio, cioe’ che la sua parte era stata aggiunta a delle riprese fatte all’interno della villa, riprese assolutamente porno. Esempi cosi’ ve ne sono a bizzeffe e succede anche con ragazze reclutate come comparse. Si affittano Riad o ville e dentro a questi luoghi esotici puo’ succedere di tutto e la cosa appettitosa e che i costi, girando in Marocco, si dimezzano drasticamente rispetto all’Europa, alla Turchia e all’Egitto. Con un clima stabile, decori naturali splendidi e una luce fantastica per le riprese, il gioco è fatto. In alcuni casi si rasenta la truffa chiedendo prezzi ridotti ai proprietari delle abitazioni promettendo una bella pubblicità per la villa o il riad! Quando si abborda il capitolo dei films porno in Marocco bisogna pero’ fare un distinguo tra due categorie di films ; quelli amatoriali destinati ad un pubblico più di nicchia e via web, e le grandi produzioni internazionali. E’ nel primo caso che i giovani marocchini si fanno coinvolgere. Ovviamente questo tipo di prestazioni vengono pagate a basso costo e nel complesso sono films che non necessitano di investimenti. I giovani marocchini accettano il “minimo sindacale” e il salario non supera i 2000 dh (180 euro) per una lunga sequenza hard. Le ragazze che accettano questo lavoro vengono generalmente pagate 5000 dh, qualcosa in più dei maschi arabi. La tecnica di lavorazione è semplice, per non incappare nella legge, molto dura nei paesi arabi : le immagini e le foto vengono trasmette via email all’estero e gli addetti ai lavori possono uscire dal paese senza materiali compromettente. Marrakech, Agadir, Essaouira sono le locations predilette per questo genere di films e qui le ragazze, che si fanno chiamare Jihane, Warda, Hiba, Faïrouz, vengono procacciate generalmente nei nigh-club bollenti. A volte sono minori, altre sono divorziate con un paio di bambini a carico, altre con storie di vita molto drammatiche. In tutto questo mercato molto lucroso, scoppiano gli scandali, come quello di Agadir di alcuni anni fà che ha visto come protagonista il giornalista pornografo belga Philippe Servaty, ritrovato con filmini e foto sado-maso, con la compiacenza di 14 ragazze reclutate in loco. Il giornalista è stato condannato a diversi anni di carcere (anche le ragazze perchè qui lavorare nel porno è reato) e sta scontando la sua pena in Marocco. Marocco bollente dunque e chiudo con un  nostrano “tutto il mondo è paese”, quando si tratta di sesso.

Paolo Pautasso

Fonte: My Amazighen

Paraguay, allevatori ingannano tribù indiana ma finiscono indagati

June 18, 2012 Leave a comment

Alcuni allevatori del Paraguay hanno escogitato un elaborato piano per ingannare una tribù indiana e poter costruire una nuova strada attraverso le loro terre. Il piano si è però ritorto contro di loro perchè ha dato il via a un’indagine ufficiale.
I leader della tribù degli Ayoreo-Totobiegosode hanno ricevuto la visita di alcuni agenti degli allevatori che chiedevano loro di firmare un “accordo amichevole” con cui avrebbero dato il permesso di costruire una strada proprio nel mezzo della terra indigena.
Dopo il rifiuto degli Indiani, pare che questi allevatori abbiano deciso di falsificare le firme e spedire “l’accordo” agli ufficiali governativi. Ma qualche giorno dopo lo stesso ufficio ha ricevuto una lettera degli Indiani che denunciava la tattica intimidatoria degli allevatori.
Se fosse stata costruita, la strada avrebbe permesso agli allevatori di continuare la distruzione illegale della foresta, che ha già devastato la maggior parte della terra ayoreo, incluse alcune aree abitate da membri della tribù ancora incontattati.
Il Dipartimento agli affari indiani del Paraguay (INDI) ha denunciato l’imbroglio, dicendo che “avrebbe potuto portare a innumerevoli violazioni della legge ambientale e dei diritti delle famiglie indigene incontattate”.
“Non vogliamo che [gli allevatori] disturbino la foresta” hanno spiegato gli Ayoreo nella loro dichiarazione. “È un’area importante usata dai nostri parenti incontattati.”
L’OPIT, un’organizzazione ayoreo, ha rivolto un appello al governo perché faccia di più per proteggere le loro terre e per fermare la dilagante deforestazione illegale.
”È oltraggioso che questi allevatori abbiano pensato di potersela cavare con questa manovra”, ha commentato oggi Stephen Corry, direttore generale di Survival International.“Gli Ayoreo hanno fatto capire molto chiaramente che non intendono lasciarsi convincere con l’inganno a cedere i loro diritti territoriali”.

Fonte: Survival

Ayoreo-Totobiegosode

June 18, 2012 Leave a comment

Ruspe nel cuore della terra degli Indiani isolati.

Gli Indiani Ayoreo-Totobiegosode vivono nel Chaco, una vasta regione di fitta foresta arida che si estende dal Paraguay verso Bolivia e Argentina.
Il loro territorio è stato acquistato da speculatori e allevatori che lo stanno rapidamente deforestando.
Gli Ayoreo sono suddivisi in numerosi sottogruppi diversi. I più isolati sono conosciuti con il nome di Totobiegosode, ovvero “il popolo del luogo dei cinghiali”.
Molti di loro sono stati costretti a uscire dalla foresta sin dal 1969, ma alcuni continuano a evitare ogni contatto con l’esterno e a vivere in isolamento.
Il primo contatto regolare con il popolo dei bianchi è avvenuto tra gli anni quaranta e cinquanta, quando gli agricoltori mennoniti si stabilirono in colonie sulle loro terre. Gli Ayoreo si opposero all’invasione e ci furono morti da entrambe le parti.
Nel 1979 e nel 1986 i missionari fondamentalisti americani della New Tribe Mission parteciparono a delle autentiche “cacce all’uomo” a seguito delle quali grandi gruppi di Totobiegosode furono costretti con la forza ad abbandonare la foresta.
Molti Ayoreo furono uccisi durante gli scontri, altri morirono in seguito, di malattie verso cui non avevano difese immunitarie.
Gli Ayoreo sono suddivisi in numerosi sottogruppi diversi. I più isolati sono conosciuti con il nome di Totobiegosode, ovvero “il popolo del luogo dei cinghiali”.
Molti di loro sono stati costretti a uscire dalla foresta sin dal 1969, ma alcuni continuano a evitare ogni contatto con l’esterno e a vivere in isolamento.
Il primo contatto regolare con il popolo dei bianchi è avvenuto tra gli anni quaranta e cinquanta, quando gli agricoltori mennoniti si stabilirono in colonie sulle loro terre. Gli Ayoreo si opposero all’invasione e ci furono morti da entrambe le parti.
Nel 1979 e nel 1986 i missionari fondamentalisti americani della New Tribe Mission parteciparono a delle autentiche “cacce all’uomo” a seguito delle quali grandi gruppi di Totobiegosode furono costretti con la forza ad abbandonare la foresta.
Molti Ayoreo furono uccisi durante gli scontri, altri morirono in seguito, di malattie verso cui non avevano difese immunitarie.
I Totobiegosode vivono in piccole comunità. Coltivano zucche, fagioli e meloni nel terreno sabbioso e cacciano nella foresta. Apprezzano in modo particolare le tartarughe e i cinghiali, così come il miele, che si trova in abbondanza.
Le famiglie – quattro o cinque per gruppo – vivono insieme in case comunitarie, nella foresta. Un palo di legno centrale sostiene una struttura a volta realizzata con piccoli rami d’albero ricoperti di fango secco.
Ogni famiglia ha il suo focolare all’esterno dell’abitazione e si dorme al coperto solo se piove.
Al loro rito più importante hanno dato il nome diasojna, il succiacapre; il primo canto dell’uccello annunciava l’arrivo della stagione delle piogge e dava inizio a un mese di celebrazioni e festività.
Gli Ayoreo che oggi vivono in comunità stanziali abitano in capanne monofamigliari. Rimasti senza terra, non hanno altra scelta che lavorare come braccianti sottopagati negli allevamenti di bestiame che hanno occupato la maggior parte del loro territorio.
I missionari evangelici della New Tribe Mission hanno una base vicino alle loro comunità ed esercitano un’enorme influenza sulle loro vite quotidiane. A causa loro, l’asojna e molte altre celebrazioni sono state abolite.
Quasi tutta la terra degli Ayoreo si trova oggi nelle mani di latifondisti che assumono squadre di operai per abbattere gli alberi preziosi e poi introdurre il bestiame sulla terra disboscata. Molti dei nuovi proprietari terrieri sono Mennoniti, ma gran parte della terra degli Ayoreo è stata acquistata da facoltosi paraguaiani e da commercianti di bestiame brasiliani.
Gli Indiani rivendicano il riconoscimento di una sola porzione del loro territorio. Senza la foresta non possono nutrirsi né sostentarsi, e sono anche profondamente preoccupati per i loro parenti incontattati che ancora vi abitano.
Quest’area avrebbe dovuto essere assegnata agli Indiani anni fa, dato che sia la legislazione paraguaiana sia la Costituzione del paese riconoscono il diritto degli Indiani alla proprietà delle terre tradizionali.
Tuttavia, i potenti latifondisti sono riusciti a fermare la legge ad ogni nuovo sviluppo, e hanno già spianato illegalmente una parte della foresta.
Nel cuore del territorio indiano c’è un appezzamento di 78.000 ettari di proprietà della compagnia brasiliana Yaguarete Porá. Un’ampia parte della foresta è già disboscata e si tratta di un’area molto vicina al luogo in cui sono stati recentemente avvistati gruppi di Ayoreo isolati.
In risposta alla pubblica indignazione, la compagnia ha annunciato il progetto di convertire parte della sua terra in una “riserva naturale” ma, di fatto, l’idea è quella di distruggere circa due terzi della foresta.

Fonte: Survival

Grecia, vittoria per la destra pro-euro

June 18, 2012 Leave a comment

Le proiezioni ufficiali del voto in Grecia mostrano che il partito conservatore Nea Democratia (Nd) è in vantaggio rispetto alla coalizione di sinistra radicale Syriza. Nd si attesta infatti al 29,5% con 128 seggi, mentre Syriza è al 27,1% e otterrebbe 72 seggi. Terzo posto per Pasok con il 12,3% e 33 seggi, ma un’alleanza dei socialisti con Nea Democratia potrebbe avere comunque la maggioranza in Parlamento. Per formare un governo di maggioranza, una coalizione ha bisogno di almeno 151 seggi sui 300 dai quali è composto il Parlamento. Il leader di Nea Democratia, Antonis Samaras, ha proposto di formare una coalizione di governo pro-euro e ha detto che gli elettori hanno scelto “politiche che porteranno lavoro, crescita, giustizia e sicurezza”. Alexis Tsipras, leader di Syriza, ha ammesso la vittoria dei conservatori  e ha detto di essersi congratulato con Samaras.

Fonte: La Presse

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