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Cavallo Berbero, animale mitico o mito equino (parte 1)
Ho tradotto questo interessante articolo dell’amico Yassine Jamali (troverete un altro post su di lui e i suoi Sloughi, binomio perfetto) apparso sulle pagine del prestigioso quotidiano L’Economiste che parla del cavallo berbero. Un articolo specialistico e d’autore in quanto il Dott. Jamali alleva con successo cavalli arabo-berberi oltre agli Sloughi.
Razza emblematica dell’Africa del nord, il cavallo berbero gode sin dall’antichità di una eccezionale nomea. Struttura adatta alla guerra, alla caccia, alla corsa, il berbero si è rivelato come una eccellente razza per il miglioramento di tutte le popolazioni equine con cui è stato incrociato. Si ritrovano delle origini berbere in quasi tutte le razze di cavalli da sport e in qualche razza da traino. Curiosamente, questa influenza è poco rivendicata come quella del purosangue arabo.
Standard e stud-book: Referenze e stato civile
Dopo aver conosciuto quasi l’estinzione, il cavallo berbero ha ripreso vita e dovrà trovare un immagine e uno sbocco. Creare o ricreare una razza consiste nell’elaborare il suo standard (descrizione delle sue caratteristiche morfologiche). Lo standard deve servire come referenza per decidere quali individui appartengono a questa razza e quali sono più conformi al modello ideale. Poi arriva lo stud-book: si tratta di una sorta di stato civile dove sono iscritti da un lato i cavalli scelti sulla base della loro apparenza, dall’altro i puledri nati da cavalli già iscritti. Uno standard non è però una verità imprescindibile. La sua elaborazione è il frutto di una riflessione collegiale che sfocia in un consenso, riflette delle opinioni dei coredattori e delle idee che si trasmettono su di una razza. Questo pone un quesito: da dove deriva il nome berbero? Il berbero è una razza di cavalli dell’Africa del nord; la descrizione della sua morfologia e delle sue qualità è rimasta praticamente invariata da oltre 2.000 anni e una delle più antiche menzioni risale al 168 A.C. e in questo scritto si ricorda la vittoria di alcuni cavalli del re numide Mastranabal. Un primo apporto di sangue berbero ai cavalli inglesi ha luogo verso il 70 D.C. quando l’imperatore romano Settimo Severo decise di importare degli stalloni berberi in Gran Bretagna. Un secolo dopo, Oppio descrive i cavalli di Mauritania (attuale Marocco e Algeria) come i più resistenti e i più forti di tutto l’impero romano. Più significativo ancora, M’rou’ou l’Qays, uno dei più celebri poeti ante-islam; in un suo scritto sfida un rivale in una corsa dove cavalca un cavallo berbero comparando il berbero al cavallo arabo della penisola arabica. Secoli dopo, gli arabo-andulusi Ibn el Awwam e Ibn Hodaï descrivono il cavallo ideale insistendo sulla finezza dei tessuti, la qualità delle membra, l’attaccatura del collo, l’attitudine alla velocità e alla resistenza. Solleysel e La Guérinière, grandi cavallerizzi della corte di Francia nel XV° e XVI° secolo compareranno il cavallo berbero al cavallo andaluso. Il berbero fu da loro descritto come più piccolo, più rapido e più resistente dell’andaluso; il suo temperamento più freddo e la sua immagine meno elegante. Prima di quell’epoca, il berbero e l’andaluso iniziarono a divergere; l’andaluso guadagnava in taglia e in potenza dopo l’apporto di sangue nordico e napoletano per soddisfare la moda del “pesante” arrivata dall’Italia. Questi incroci, e la fine dell’infusione di sangue berbero in seguito alla Reconquista portarono a quello che i due autori spagnoli Cabrera e Castejon chiamarono “il declino dell’andaluso”. Questa evoluzione verso un modello da parata ci ricorda quello del cavallo da Fantasia dei nostri giorni. Nel 1665, Luigi XIV° scelse ufficialmente il cavallo berbero come la sola razza di stalloni per la riproduzione dei cavalli da sella. Tuttavia, la fama del berbero non è strettamente legato alla sua discendenza andalusa nè alla sua produzione francese.
Paolo Pautasso
Fonte: My Amazighen
Festival dei 2Mondi 2012, 55ª edizione della manifestazione culturale di Spoleto
Dal programma in via di definizione, alcune anticipazioni:
Ad inaugurare il Festival l′opera Il giro di vite, capolavoro di Benjamin Britten dal celebre racconto di Henry James, per la regia di Giorgio Ferrara e con l′Orchestra Verdi di Milano diretta per l′occasione dal maestro Johannes Debus.
Con Lulu di Frank Wedekind, archetipica incarnazione di una scandalosa femme fatale, torna il Berliner Ensemble, per la regia di Robert Wilson e con musiche e canzoni del leggendario Lou Reed.
Mikhail Baryshnikov è il carismatico protagonista di In Paris, un′incantevole storia d′amore sul tema della solitudine e della perdita. Diretto da Dmitry Krimov, acclamato regista del teatro d′avanguardia russo, l′originale spettacolo mette in scena musica e poesia, danza e mimo, video e fotografia. Da un racconto dello scrittore russo Ivan Bunin, Premio Nobel nel 1933.
La sezione Danza, dedicata a quei direttori che hanno rivoluzionato il repertorio delle loro compagnie, presenta: Manuel Legris, con il Wiener Staatballett, in due prime italiane tra cui Marie Antoniette, spettacolo riadattato per Spoleto 55; Peter Boal, con il Pacific Northwest Ballet, in una serata dedicata alla storica coreografa americana Twyla Tharp; Aaron Watkin, con il Semperoper Ballett Dresda, in due balletti tra cui Apollo di George Balanchine, considerato il primo esempio di balletto neoaclassico.
IO E… e´ il titolo dello spettacolo incentrato sulla figura di Indro Montanelli: un´antologia degli scritti del grande giornalista, scelti da Ernesto Galli della Loggia, interpretati da Sandro Lombardi, con la regia di Piero Maccarinelli. Una coproduzione di Spoleto 55 con la Fondazione Corriere della Sera.
Il tradizionale Concerto Finale, con l′Orchestre National du Capitole du Toulouse diretta da Tugan Sokhiev, celebra la magia dei grandi compositori russi Borodin e Čajkovskij.
Per gli spettatori più giovani torna “Il Festival siamo noi”, concorso aperto alle scuole di ogni ordine e grado della Regione Umbria. Il tema del concorso investe la memoria di Spoleto nel cinquantesimo anniversario di “Sculture nella Città”, la storica esposizione di arte contemporanea che nel 1962 fu affidata alla civica responsabilità dell′intera cittadinanza. I giovani sono invitati a concorrere con elaborati scritti, grafici e audiovisivi che attingano alla memoria collettiva di quella felice esperienza, custodita e condivisa ancora oggi. In una speciale serata del Festival verranno premiati in palcoscenico i lavori più rappresentativi.
Con “Tutti all′Opera per il Festival”, Spoleto 55 apre alle scuole la sua programmazione artistica promuovendo incontri con addetti ai lavori sugli aspetti tecnici e artistici di uno spettacolo teatrale. Sono previste visite al Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti, in sartoria, tra le quinte e negli uffici del Festival.
In collaborazione con il Comune di Spoleto, il Festival riserva agli studenti delle scuole superiori di Spoleto l′opportunità di frequentare uno stage, nei diversi settori, con i professionisti che contribuiscono alla realizzazione di Spoleto 55.
Il Festival propone al pubblico nuove formule di abbonamento con Festival Card Daily*, lo speciale abbonamento giornaliero a tutti gli spettacoli in programmazione, dal giovedì alla domenica, al costo di 70€; Festival Card Weekend*, lo speciale abbonamento settimanale a tutti gli spettacoli in programmazione, dal venerdì alla domenica, al costo di 150€; Festival Card Passport*, lo speciale abbonamento a tutti gli spettacoli in programmazione, al costo di 500€.
Anche quest′anno, per gli spettacoli inseriti nelle anticipazioni di Spoleto 55, sono attive speciali promozioni per residenti, under 25, over 65, gruppi organizzati, scuole, Cral e clienti degli hotel convenzionati.
Tutti coloro che acquisteranno i biglietti entro il 31 maggio 2012 riceveranno in omaggio la Membership Card ottenendo: l′ingresso gratuito ad uno spettacolo a scelta tra Opera, Teatro, Musica e Danza, il diritto a prenotare una visita “dietro le quinte” degli spettacoli del Festival, sconti presso le strutture ricettive convenzionate e molto altro ancora (consultare il sito http://www.festivaldispoleto.com o contattare il Call Center +39 0743.776444).
I biglietti sono in vendita presso il Box25 in Piazza della Vittoria 25, il Call Center del Festival +39 0743 776444 / 221689, il Call Center Ticket Italia +39 0743 222889.
Maurizio Miotti
Inizia lo studio del sassofono con il M° R. Giuliani per poi proseguire gli studi musicali presso la Scuola Popolare di musica di Testaccio sotto la guida prima di T. Sdrucia, poi di R. Mancini. Consegue il Diploma accademico di 1° livello in Musica jazz presso il Conservatorio di musica “L. Refice” di Frosinone. Ha studiato arrangiamento con il M° R. Mancini e con il M° M. Tiso. Ha partecipato a numerose masterclass internazionali tenute da musicisti quali R. Margitza, B. Mintzer, M. Turner, C. Potter, D. Moretti, B. Franceschini. E’ stato membro di piccoli gruppi e big band come la Caravan Night Orchestra con la quale ha suonato in locali comeCaffè Latino, La Palma, il Micca Club, il Bebop Jazz club e in luoghi quali la Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica ed il Palazzo dei Congressi di Roma. Ha realizzato gli arrangiamenti del progetto “Gerry Mulligan portrait” presentato dal Modern Times sextet.
Johanna Maria Magdalena “Magda” Goebbels
Johanna Maria Magdalena “Magda” Goebbels (Berlino, 11 novembre 1901 – Berlino, 1 maggio 1945) è stata la moglie del ministro della propaganda nazista Joseph Goebbels. Fu un eminente membro del Partito Nazionalsocialista e ardente sostenitrice della politica di Adolf Hitler.
Alla fine della seconda guerra mondiale, mentre Berlino veniva conquistata dall’Armata Rossa, uccise i suoi sei figli e quindi si suicidò.
Infanzia e gioventù
Magda nasce a Berlino nel 1901, figlia della ventitreenne Auguste Behrend e dell’ingegner Oskar Rietschel, che la riconosce anche se la coppia non è ancora unita in matrimonio; i genitori si sposano successivamente nel corso dello stesso anno, ma finiscono per divorziare nel 1904. Secondo alcune fonti, tra cui Hans-Otto Meissner (figlio di Otto Meissner) il matrimonio avrebbe invece avuto luogo prima della nascita di Magda, che quindi sarebbe una figlia legittima, ma non ci sono prove conclusive al riguardo.
Quando Magda ha cinque anni la madre la manda a vivere con il padre a Colonia. Rietschel la porta quindi a Bruxelles, dove la iscrive nella scuola annessa ad un convento di Orsoline a Vilvoorde. Al convento si ricordano di lei come di “una ragazzina attiva ed intelligente“.
La madre di Magda sposa in seconde nozze un industriale ebreo di nome Richard Friedländer, che si suppone sia poi morto in un campo di concentramento, e si trasferisce con lui a Bruxelles nel 1908. Restano a Bruxelles fino allo scoppio della prima guerra mondiale, quando tutti i tedeschi sono costretti a fuggire dal Belgio per evitare rappresaglie da parte dei Belgi dopo l’invasione tedesca del paese.
Si trasferiscono a Berlino dove Magda frequenta il liceo Kolmorgen. Auguste Behrend nel 1914 divorzia anche da Friedländer, che è in difficoltà economiche.
In quel periodo Magda diventa amica di un’altra rifugiata dal Belgio, Lisa Arlosoroff. Si ritiene comunemente che più tardi abbia avuto una relazione con il fratello di Lisa, Haim Arlozoroff, che sarebbe diventato un importante esponente del movimento sionista e che morirà assassinato in Palestina nel 1933.
Nel 1919 Magda viene ammessa al prestigioso Collegio femminile Holzhausen, nei pressi di Goslar.
Il matrimonio con Günther Quandt e il primo figlio
A diciassette anni, mentre sta tornando a scuola in treno, Magda incontra Günther Quandt, un ricco industriale tedesco che ha il doppio dei suoi anni, le cui attività in seguito finiranno per svilupparsi fino a comprendere tra le altre cose la fabbrica di batterie VARTA. Possiede anche importanti partecipazioni nella BMW e nella Daimler-Benz. Si dice che Quandt, uomo non particolarmente avvenente, corteggi Magda a scuola fingendosi un amico di famiglia e vinca le sue resistenze con la sua gentilezza e con gesti di grande cavalleria[7]. Le chiede di riprendere il cognome Rietschel (aveva portato per molti anni il cognome della madre e del patrigno, Friedländer) e la spinge a convertirsi dal cattolicesimo poco convinto di Rietschel al protestantesimo. Magda e Quandt si sposano il 4 gennaio1921 e il 1º novembre di quell’anno nasce loro il figlio Harald: Harald sarà l’unico dei figli a sopravvivere alla guerra.
Magda ben presto inizia a vivere il matrimonio con frustrazione perché Quandt le dedica poco tempo e, quando ha ventitré anni, inizia a sentirsi attratta dal suo diciottenne figliastro Helmut Quandt[3]. Il ragazzo però nel 1927 muore per le complicazioni di un’appendicite. Lei e il marito allora partono per un giro in automobile di sei mesi degli Stati Uniti, dove attira l’attenzione di un nipote delpresidente Herbert Hoover. In seguito, dopo il divorzio da Quandt lui viene a cercarla dall’America per chiederle di sposarlo, un episodio che termina con un incidente automobilistico in cui Magda si ferì seriamente.
Quandt, insospettito dal comportamento della moglie, assume degli investigatori privati e divorzia da Magda nel 1929, ma finisce per dimostrarsi comunque generoso nell’accordo che sancisce la separazione.
Il matrimonio con Joseph Goebbels
Giovane, bionda, attraente e senza bisogno di lavorare per mantenersi, su consiglio di un’amica Magda partecipa ad un incontro del partito nazionalsocialista, dove resta colpita da uno degli oratori, il dottor Joseph Goebbels, allora Gauleiter di Berlino. Il 1º settembre 1930 si iscrive al partito e lavora come volontaria, anche se non era mai stata politicamente impegnata. Dalla sezione locale Magda si trasferisce al quartier generale del partito e per un breve periodo diventa la segretaria di Hans Meinshausen, il vice di Goebbels, prima di essere invitata ad occuparsi degli archivi personali di Goebbels.
Otto Wagener sostiene che Magda incontri Adolf Hitler e ne sia attratta, ricambiata, e che il suo matrimonio con Goebbels sia in realtà una specie di copertura. Dal momento che Hitler non intendeva sposarsi, è stato suggerito che, come moglie di uno degli ufficiali nazisti più in vista e di rango più elevato, avrebbe potuto in pratica presentarsi come prima donna del Terzo Reich. Le conoscenze importanti di Magda e la sua appartenenza all’alta società potrebbero aver contribuito a spingere anche Goebbels verso questa scelta.
Meissner, al contrario, non accetta queste ipotesi, e afferma invece che Hitler (anche se senza dubbio rimane colpito da Magda) è solo un amico eccezionalmente intimo ma in senso platonico della coppia nei primi anni del loro rapporto, un amico capace di presentarsi spesso a casa loro a tarda notte e di sedersi con la piccola Helga sulle ginocchia mentre chiacchierano. Lo studioso sostiene anche che, dopo un fallito tentativo di avvelenarlo avvenuto al Kaiserhof Hotel di Berlino nel gennaio del 1933, Hitler chiede a Magda di preparagli lei stessa i pasti.
Magda sposa Goebbels il 19 dicembre 1931, nella tenuta di Günther Quandt nel Meclemburgo: Hitler è il testimone di nozze.
I Goebbels hanno sei figli:
Helga Susanne
Hildegard “Hilde” Traudel
Helmut Christian
Holdine “Holde” Kathrin
Hedwig “Hedda” Johanna
Heidrun “Heide” Elisabeth
Durante il suo matrimonio con Magda, Goebbels ha numerose relazioni con altre donne. Una delle più note è quella con la popolare attrice ceca Lída Baarová. Si innamora della Baarová così intensamente da prendere in seria considerazione l’idea di sposarla. Magda chiede a Hitler di concederle il divorzio, ma alla fine l’attrice viene allontanata, mentre Goebbels cade per un certo periodo di tempo in disgrazia, tanto che sta per essere inviato in Giappone come ambasciatore. Si dice che anche Magda abbia nel frattempo altre storie d’amore, tra cui una con il vice di Goebbels Karl Hanke.
La guerra
Sia Magda che Goebbels ottengono vantaggi personali per la loro posizione sociale grazie al loro rapporto con Hitler. Joseph (come ministro della propaganda) e lei rimangono fedeli a Hitler e lo sostengono pubblicamente. In privato invece Magda esprime talvolta dubbi, specialmente dopo che la guerra inizia ad andare male sul fronte orientale. Il 9 novembre 1942, durante un incontro con alcuni amici per ascoltare insieme un discorso di Hitler, spegne la radio ed esclama “Mio Dio, che ammasso di sciocchezze!” Testimoni raccontano che nel 1944 dice di Hitler: “Non ascolta più le voci della ragione. Gli unici a cui crede sono quelli che gli dicono quello che vuole sentire!“.
Non ci sono prove del fatto che Magda intervenga per cercare di salvare il suo patrigno dall’olocausto. Anche se il suo destino non è mai stato accertato è opinione diffusa che sia morto in uno dei campi, forse sotto il nome errato di Max Friedlander, un uomo che si sa essere perito a Sachsenhausen. Anche la supplica che le giunge da parte di un compagno di scuola ebreo a nome di sua figlia sembra essere caduta nel vuoto. Interrogata sull’antisemitismo del marito risponde: “Il Führer vuole così, e Joseph deve obbedire“.
All’inizio della guerra Magda partecipa con entusiasmo alla macchina propagandistica organizzata dal marito. Per incarico ufficiale intrattiene le mogli dei capi di stato stranieri in visita, porta sostegno alle truppe e conforto alla vedove di guerra.
Il suo primo figlio, Harald Quandt, diventa pilota della Luftwaffe e va a combattere al fronte mentre, a casa, Magda si sforza di tenere viva la sua immagine di madre patriottica addestrandosi come infermiera della Croce Rossa e lavorando per la fabbrica di componenti elettronici Telefunken. Insiste a voler recarsi al lavoro in bus, come le sue compagne di fabbrica.
Verso la fine della guerra inizia a soffrire di nevralgia del trigemino. Si tratta di una malattia che colpisce un nervo facciale e che, anche se non particolarmente pericolosa, si sa che è in grado di provocare dolori più intensi di qualunque altra ed è notoriamente difficile da curare. La malattia spesso la costringe immobilizzata a letto e la porta a vari ricoveri in ospedale verso la fine del 1944.
Il suicidio
Verso la fine di aprile 1945 l’Armata Rossa entra a Berlino e la famiglia Goebbels si rifugia nel Führerbunker, sotto la Cancelleria del Reich. Una delle stanza che occupano è stata da poco abbandonata dal medico personale di Hitler Theodor Morell. L’unico bagno per lavarsi è quello di Hitler, che lo mette volentieri a disposizione di Magda e dei bambini. Nel frattempo a Berlino si diffonde la notizia che le truppe sovietiche nella loro avanzata si abbandonano a stupri e saccheggi. Hitler e sua moglie Eva Braun si suicidano nel pomeriggio del 30 aprile.
Due giorni dopo Magda scrive una lettera d’addio a suo figlio Harald Quandt, che è prigioniero di guerra in un campo in Nordafrica. Questa lettera è l’unica scritta di suo pugno che ci resta.
«Mio figlio adorato! Siamo nel Führerbunker già da sei giorni – papà, i tuoi sei fratellini e sorelline ed io – nell’intento di dare alle nostre vite nazionalsocialiste l’unica possibile onorevole conclusione… sappi che sono rimasta qui contro la volontà di papà, e che anche domenica scorsa il Führer voleva aiutarmi ad andarmene. Tu conosci tua madre – abbiamo lo stesso sangue – non ho avuto alcuna esitazione. Il nostro glorioso ideale è andato in rovina e con esso tutto ciò che di bello e meraviglioso ho conosciuto nella mia vita. Il mondo che verrà dopo il Führer e il nazionalsocialismo non è più degno di essere vissuto e quindi porterò i bambini con me, perché sono troppo buoni per la vita che li attenderebbe, e un Dio misericordioso mi capirà quando darò loro la salvezza… I bambini sono meravigliosi… mai una parola per lamentarsi o una lacrima. Le bombe scuotono il bunker. I bambini più grandi proteggono quelli più piccoli, la loro presenza è una benedizione e riescono a far sorridere il Führer di tanto in tanto. Possa Dio aiutarmi a trovare la forza di superare la prova finale e più difficile. Ci resta un solo obiettivo: la lealtà verso il Führer anche nella morte. Harald, mio caro figlio – voglio trasmetterti quello che ho imparato nella vita: sii leale! Leale verso te stesso, leale verso le persone e leale verso il tuo paese… Sii orgoglioso di noi e cerca di tenerci tra i ricordi più cari…» (Magda Goebbels)
Nelle ultime volontà e nel testamento di Goebbels, dettati alla segretaria di Hitler Traudl Junge, c’è scritto che Magda e i bambini lo sostengono nel suo rifiuto di lasciare Berlino e nella decisione di morire nel bunker. Poco dopo spiega questa affermazione dicendo che i bambini avrebbero approvato la decisione di suicidarsi se fossero stati abbastanza grandi da parlare per sé.
Il giorno seguente, 1º maggio 1945, i sei figli di Goebbels vengono storditi con la morfina e uccisi con delle capsule di cianuro spezzate nelle loro bocche. I racconti sul ruolo che Magda Goebbels ha nell’uccisione dei figli differiscono tra loro. Alcuni sostengono che sia stato il medico delle SS Ludwig Stumpfegger a rompere le capsule in bocca ai bambini, ma non essendo sopravvissuto alcun testimone diretto è impossibile ricostruire la vicenda con precisione. O’Donnell crede che anche se Stumpfegger fu probabilmente coinvolto al momento di drogare i bambini, fu Magda stessa ad ucciderli; suggerisce che le testimonianze abbiano addossato la responsabilità materiale della morte dei bambini a Stumpfegger perché era un obiettivo comodo, dato che scomparve (e morì, si seppe in seguito) il giorno successivo. Inoltre, come osserva O’Donnell, Stumpfegger potrebbe essere stato troppo ubriaco al momento della morte dei bambini per aver giocato un ruolo decisivo.
Meissner sostiene che Stumpfegger rifiutò di prendere in alcun modo parte alla morte dei bambini e che invece apparve un misterioso “medico di campagna proveniente dalla regione orientale occupata dal nemico” che “svolse il terribile compito“.
Sembra che Magda avesse considerato l’idea di uccidere i figli e ne avesse parlato con almeno un mese d’anticipo. Rifiutò anche varie offerte da parte di altre persone, come Albert Speer, di far uscire di nascosto i bambini da Berlino. Ci sono prove, sotto forma di ecchimosi e contusioni, del fatto che la figlia maggiore, la dodicenne Helga, si sia svegliata ed abbia lottato prima di essere uccisa. I corpi dei bambini, in vestaglia da notte, con dei nastrini tra i capelli delle bimbe, furono trovati nei letti a castello in cui furono uccisi quando le truppe sovietiche entrarono nel bunker il giorno seguente.
Dopo la morte dei figli Magda e Joseph Goebbels risalirono nel giardino sotto i bombardamenti, evitando così che qualcuno dovesse portare fuori i loro corpi. Secondo alcuni racconti lei tremava in maniera incontrollabile. I dettagli del suicidio non sono certi. In seguito un ufficiale delle SS disse che presero del cianuro e che poi un soldato delle SS sparò loro. Una testimonianza iniziale disse che furono falciati da colpi di mitragliatrice su loro richiesta. Secondo un altro racconto Joseph sparò a Magda e quindi a se stesso. Quest’ultima è la tesi presentata dal film La caduta – Gli ultimi giorni di Hitler. I loro corpi furono cosparsi di benzina, parzialmente bruciati e lasciati insepolti. I corpi anneriti furono trovati nel pomeriggio del 2 maggio 1945 dalle truppe russe e venne anche resa pubblica una foto del volto semicarbonizzato di Goebbels. I loro resti e quelli dei bambini vennero poi sepolti dai russi in un luogo segreto e, nell’aprile 1970 furono definitivamente bruciati e le loro ceneri sparse nel fiume Elba.
Fonte: Wikipedia
Giovanni Gabrieli
Giovanni Gabrieli nacque a Venezia tra il 1554 e i primi mesi del 1557. Non molto si conosce sulla sua giovinezza, ma si presume che, allievo dello zio Andrea, abbia messo presto in luce le sue doti di organista e compositore, poiché già nel 1575 figura tra i “virtuosi” del duca Alberto V di Baviera, sotto la direzione di Orlando di Lasso. Rientrò a Venezia nel 1579 e nel 1584 figura come organista presso la Scuola Grande di S. Rocco. Nel 1584 fu anche nominato organista temporaneo della Cappella di S. Marco; l’anno seguente ebbe la nomina a primo organista. L’intensa opera di pubblicazione dei lavori dello zio lo avrebbe impegnato per lungo tempo, il che, a detta di alcuni critici, non avrebbe giovato alla diffusione delle sue opere: è infatti soltanto nel 1597 che diede alle stampe la raccolta delle Sacrae symphoniae… senis, 7, 8, 10, 12, 14, 15, & 16, tam vocibus, quam instrumentis, editio nova (A. Gardano, Venezia 1597). Si perdono in seguito le notizie sulla sua attività artistica. Le sue precarie condizioni di salute lo costringono ad avere già dal 1600 un suo sostituto; morì a Venezia il 12 agosto 1612.
L’ottima fama di cui godette in vita e dopo la morte è testimoniata dai numerosi omaggi che gli furono tributati dai contemporanei; l’eccezionalità della sua opera doveva essere ampiamente percettibile ai numerosi allievi, come Heinrich Schütz e Alessandro Grandi. Occorre mettere in evidenza il contributo recato da Gabrieli all’evoluzione del linguaggio strumentale, concepito secondo una sensibilità espressiva inedita, libera dagli schemi più convenzionali della tradizione cinquecentesca e già aperta alle future conquiste dell’arte barocca. Se le prime composizioni non si discostano dai modelli dello zio Andrea con le Sacrae symphoniae del 1597 una maggiore aderenza al testo lo porta ad una pluralità di scelte stilistiche con passi omofoni che si alternano a sezioni dialogate e contrappuntistiche. Una policoralità sempre più spinta e diversificata rende le sue composizioni altamente magniloquenti e spettacolari nel vero senso della parola.
Musica Cathedralis, omaggio a Giovanni Gabrieli nel quarto centenario della morte a Bergamo
MUSICA CATHEDRALIS – Itinerari di Musica Sacra nel Duomo di Bergamo
Sabato 16 Giugno 2012 ore 21.00
Omaggio a Giovanni Gabrieli
Schola Gregoriana del Duomo di Bergamo
Gli Ottoni del Duomo di Bergamo
Cappella Musicale del Duomo di Bergamo
Cappella Mauriziana
Dir. Mario Valsecchi
L’ultimo appuntamento della stagione 2011/2012 di Musica Cathedralis – Itinerari di Musica Sacra nel Duomo di Bergamo vede tutte le compagini musicali della Cattedrale riunite in un omaggio a Giovanni Gabrieli (1554 ca. – 1612) nel quarto centenario della morte. La Schola gregoriana diretta da don Gilberto Sessantini, gli Ottoni del Duomo diretti da Ermes Giussani e la Cappella Musicale del Duomo con la Cappella Mauriziana dirette da Mario Valsecchi e all’organo Luigi Panzeri, daranno vita ad una ricostruzione storica della parti musicali di una Messa solenne in San Marco a Venezia, così come avrebbe potuto essere celebrata tra fine ‘500 e inizio ‘600, utilizzando composizioni vocali e strumentali di Giovanni e di suo zio Andrea. Per l’occasione gruppi strumentali si disporranno anche nelle cantorie del transetto dando efficacia a quella policoralità per cui Giovanni Gabrieli divenne famoso.
Gianluigi Gessa, neuroscienziato classifica l’omofobia come psicosi patologica
Il neuroscienziato di fama mondiale, Gianluigi Gessa, dimostra come contrariamente l’omofobia sia una reale malattia, una vera e propria psicosi patologica non ancora classificata in un eventuale orientamento specifico, derivante da frustrazioni e angosce e provocanti un alto livello di infelicità. Presentando la sua tesi a Cagliari durante la Giornata Internazionale contro l’omofobia, descrivendone lo stato psicologico che necessita di cure specialistiche, afferma: “Studi scientifici hanno dimostrato che più forte è l’avversione verso gli omosessuali più è latente e inconscia l’attrazione verso di loro. Se si vive ad esempio in un ambiente particolarmente ostile e conservatore è difficile, a volte impossibile, potersi esprimere. Da qui nascono nevrosi patologiche, stati di infelicità. La psicoterapia può svelarla e aiutare queste persone a vivere meglio e non esprimersi in modo dannoso proprio contro l’oggetto del loro desiderio. Non c’è niente che debba esser curato, se non l’ambiente ostile che si crea attorno a chi ha un diverso orientamento sessuale e non puòdecidere in santa pace di seguire i propri naturali impulsi. E’ questo che crea infelicità,l’iscrizione al genere maschile avviene attraverso un ormone derivato dal testosterone che si produce nel feto. Dunque non c’è preghiera, farmaco, psicoterapia chepossa modificare l’orientamento sessuale. Ilnostro cervello, se non fosse per via degli ormoni, sarebbe femmina. La Bibbia dice cheDio creò l’uomo e poi da una sua costola fece ladonna. Le neuroscienze suggeriscono che prima creò la donna e poi con un’iniezione di testosterone creò l’uomo. Le cinque principali bestialità che albergano nella testa dell’omofobo: “L’omosessualità è una volgare perversione”, “è contro natura”, “una malattia mentale che può essere curata”, “un peccato mortale”, “una scelta da scoraggiare”.
Marius Creati