mercoledì 2 maggio alle ore 21.00 e giovedì 3 maggio alle ore 17.00 e 21.00. Ingresso € 5,00 (ridotto € 4,50).
di Lech Majewski
con Rutger Hauer, Charlotte Rampling
Polonia Svezia, 2011, 97’
Con uno straordinario slancio immaginativo il film di Lech Majewski combina tecnologie vecchie e nuove per permettere allo spettatore di penetrare nel dipinto del 1564 di Pieter Bruegel il Vecchio, ‘La salita al calvario’.
XVI secolo, nelle Fiandre oppresse dalla Controriforma, Pieter Bruegel concepisce e dipinge la grande tela traendo ispirazione dalla vita quotidiana delle campagne, prendendo come modelli i contadini, le donne, i bambini di un villaggio.
Assistiamo alle fasi della creazione del quadro, che sarà al tempo stesso un grande esempio di pittura sacra e un’allegoria delle sofferenze di un popolo. Le tecnologie digitali e tridimensionali stanno affascinando sempre più il cinema d’autore. Così, il videoartista Majevski compie un’operazione concettuale inedita, paragonabile solo a certe scene di Tarkovskij e Sokurov: realizza ogni inquadratura come un quadro animato, riproducendo con sorprendente precisione luci e colori della pittura dell’epoca. Usa insomma le videocamere (e gli effetti di post-produzione) come una tavolozza digitale. Non solo: grazie a tecniche di computer graphic che hanno richiesto tre anni di lavoro, il film mira a far ‘entrare’ lo spettatore nel dipinto (La Repubblica – Roberto Nepoti)
I colori della passione è e vuole essere al contempo un’occasione di contemplazione e di meditazione. La sofferenza di Cristo è collocata nel qui ed ora di un popolo che, a sua volta, soffre. I persecutori sono spagnoli e il Bruegel di Rutger Hauer osserva la loro protervia denunciandola nel quadro. Mentre traduce in immagini e colori il mistero della Passione il pittore non smette di riflettere sul presente osservandone i più intimi dettagli. Ci si trova così, con Majevski, a contemplare non solo il mistero nascosto nel divino ma anche quello che sottende gli aspetti più oscuri e profondi della concezione dell’opera d’arte.
Sin dal folgorante inizio in cui l’artista colloca gli esseri umani in carne ed ossa sullo sfondo del paesaggio da lui dipinto veniamo fatti partecipi della scelta stilistica del film. Verremo accompagnati in un mondo e in un tempo che forse conosciamo poco. Ne osserveremo la quotidianità e vedremo come questa si traduca in simbolo alto. A partire dal mulino che domina dalla cima di una rupe l’ambiente circostante trasformato in dimora di un Dio che offre la materia prima per un pane che si trasforma in dono di sé. La circolarità dominante nel ritmo della composizione pittorica si riflette nel film e si muove all’interno della dinamica degli opposti Vita/Morte ben rappresentati dall’albero rigoglioso sulla sinistra e il palo su cui si espongono al ludibrio della voracità dei corvi i corpi dei condannati dei quali ci viene mostrata la desolata sorte.
L’artista, ci dice Majevski, può riuscire ad entrare nei più reconditi pensieri della Madre che assiste al martirio del figlio così come è in grado di sospendere il fluire dell’azione rendendo compresente una sofferenza che si fa dono ogni giorno fino alla fine dei tempi. Bruegel esprime così il divino e la sua lettura del senso della vita osservando i bambini, gli uomini e le donne con le loro doti ma anche con le loro bassezze. Solo con un’arte che si rifà al vero del vivere è possibile tentare di comprendere il Mistero nella sua complessità. Senza avere il timore di raffigurare un Gesù che cade sotto il peso della Croce mentre la massa è attenta non a lui ma a raggiungere il luogo in cui assistere al macabro spettacolo della sua morte. Nello stesso istante la Madre, con Giovanni e le due donne, cerca di trovare una ragione a quanto accade e la camera, pennello digitale dei nostri giorni, ne contestualizza il dolore rendendolo universale (Giancarlo Zappoli – MYMOVIES)