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“The Artist” di Michel Hazanavicius [2001]
Enjoy the silence
The Artist è un grande omaggio al cinema di un tempo assai lontano ma in realtà mai dimenticato, ma soprattutto una commedia vivace e divertente, ricca di trovate davvero fantastiche, che va oltre la semplice operazione “nostalgia”.
George Valentin è una versatile star hollywoodiana molto amata dal pubblico e soprattutto dalle donne, lavora sempre in coppia con il suo fedele ed espressivo cagnolino e ogni suo film è un grandissimo successo. C’è solo un problema però, siamo nel 1927 e George è una star di quel cinema muto che è in procinto di scomparire con l’avvento del sonoro. Troppo orgoglioso e superbo per poter pensare di essere presto rimpiazzato e dimenticato, finisce addirittura con elargire preziosi consigli all’incantevole Peppy, un’extra conosciuta su un set di un film e destinata a diventare la prima grande star della nuova era cinematografica.
A metà strada tra Cantando sotto la pioggia e E’ nata una stella, The Artist è un grande omaggio al cinema di un tempo assai lontano ma in realtà mai dimenticato, ma a differenza del film di Stanley Donen in cui il passaggio al sonoro era semplicemente un’occasione per alcune esilaranti gag e straordinari numeri musicali, con questo film il regista Michel Hazanavicius si spinge oltre realizzando di fatto un vero e proprio film d’epoca: in gran parte completamente muto o accompagnato solo da una colonna sonora sinfonica, in bianco e nero, titoli di testa in stile, cartelli che riportano i dialoghi e un protagonista che in tutta la pellicola recita una sola battuta.
Ma non per questo bisogna lasciarsi spaventare, perché The Artist è innanzitutto una commedia vivace e divertente, ricca di trovate davvero fantastiche, che va oltre la semplice operazione “nostalgia” ma ci parla in un certo senso anche dei nostri giorni, un momento “storico” non troppo dissimile da quello mostrato nel film in cui effetti speciali e 3D cercano di prendere il sopravvento sui sentimenti, sui contenuti e sugli artisti.
Il protagonista Jean Dujardin è bravissimo nel rifare in parte il verso a Douglas Fairbanks o anche all’indimenticato Gene Kelly di Singin’ in the Rain, ma al tempo stesso a rendere tridimensionale un personaggio di altri tempi – affascinante, elegante, carismatico – eppure molto attuale nel suo disagio, nella sua sensazione di sentirsi superato e dimenticato da un’industria come quella cinematografica che corre e si non guarda mai indietro. Ad aiutarlo un cast internazionale formato dalla bella franco-argentina Bérénice Bejo (moglie del regista e che con Dujardin ricompone la fortunata coppia del primo film di Hazanavicius, la parodia OSS 117: Le Caire nid d’espions) e da John Goodman, Penelope Ann-Miller e James Cromwell più un cameo di Malcolm McDowell.
Molto acclamato al termine della proiezione qui a Cannes dove è stato presentato in concorso dopo una prima (temporanea) collocazione nella sezione non competitiva, The Artist è un film che certamente catturerà l’attenzione dei cinefili e degli esperti ma che potrebbe perfino riuscire nel rivolgersi ad un pubblico ben più ampio, quello composto da coloro che ancora oggi, subiscono il fascino del grande schermo e di un’epoca in cui un sorriso o uno sguardo di un divo valeva più di mille parole.
Luca Liguori
Fonte: Movieplayer.it
Sea Shepherd, lobby giapponese contro gruppo ambientalista in attività
La lobby delle balene giapponese intenta causa negli Stati Uniti contro la Sea Shepherd Conservation Society e il suo fondatore, Paul Watson. L’Institute of Cetacean Research e la Kyodo Senpaku Kaisha Ltd. sono scesi in campo in America chiedendo che sia ordinato al gruppo ambientalista di interrompere la sua attività di boicottaggio.
La causa, presentata insieme ad una richiesta di ingiunzione provvisoria presso la corte di Seattle, chiede un ordine del tribunale per impedire alla Sea Shepherd e a Watson di”impegnarsi in attività in mare che potrebbero causare lesione agli equipaggi e danni alle navi”.
Inoltre, come riporta l’agenzia Kyodo, è anche richiesto che le navi dei manifestanti “siano tenute ad una certa distanza dalla flotta baleniera”.
I querelanti non puntano sul diritto del Giappone di cacciare le balene, ma sul fatto che le azioni degli ambientalisti mettono a repentaglio la sicurezza dei marinai.
Nell’inverno 2010 l’ammiraglia della Sea Sheperd giunse a scontrarsi volontariamente con una nave baleniera giapponese nell’Oceano Antartico. Nella dichiarazione congiunta dei querelanti è stato sottolineato come le attività di ostruzione degli ambientalisti americani “non solo mettano a rischio la sicurezza delle navi da ricerca in mare, ma stanno colpendo anche la realizzazione scientifica del Giappone”, all’interno del programma “legittimo” sulla ricerca delle balene in Antartide.
Fonte: Ansa
Cina, nuove strategie energetiche
Più attenzione alle esigenze delle popolazioni locali, stop al trapianto di lavoratori cinesi nei Paesi ricchi di risorse, meno materie prime che pendono la via di Pechino. Sta cambiando la strategia della Cina per procacciarsi il prezioso carburante da pompare nel motore del proprio sviluppo industriale.
Il cambio di rotta è stato comunicato dai vertici delle principali imprese petrolifere cinesi, CNPC and CNOOC, durante il World Petroleum Congress che si è tenuto la scorsa settimana a Doha, in Qatar.
Zhou Jiping, vice presidente della CNPC, ha per esempio detto: “Impiegheremo più manodopera locale, presteremo maggiore attenzione ai bisogni delle comunità per quanto riguarda educazione, salute, protezione ambientale, e promuoveremo la costruzione di infrastrutture in loco.”
Finora, il modello era piuttosto semplice ed efficiente: il Dragone esportava investimenti, infrastrutture e lavoro nei Paesi ricchi di materie prime senza porsi alcun problema politico o morale.
Trattava direttamente con il governo del luogo, qualunque fosse. Questo garantiva a Pechino un vantaggio competitivo rispetto all’Occidente che, almeno a parole, si fa pregio di non investire laddove i governi non corrispondano a un certo standard democratico (secondo il presunto principio universale di “democrazia liberale”). Così, il Celeste Impero è penetrato con decisione nella competizione per i giacimenti, soprattutto in Africa.
La Cina fa affari con tutti secondo il principio politico di non intromissione negli affari interni altrui e, soprattutto, con un occhio alle proprie esigenze interne: quelle di un’economia energivora, da “fabbrica del mondo”, che deve però recuperare terreno rispetto alla plurisecolare espansione geopolitica ed economica dell’Occidente.
Trattare con tutti significa spesso fare affari con élite locali corrotte o autoritarie, che intercettano gli investimenti cinesi senza ridistribuirne i benefici alle popolazioni.
Aggrava la situazione il fatto che il Dragone esporta anche forza lavoro e i cantieri africani, per esempio, sono pieni di maestranze cinesi più che di manodopera locale.
Da un’iniziale fiducia nell’arrivo della Cina, vista come alternativa all’Occidente, le popolazioni interessate sono così passate gradualmente a criticare il “neocolonialismo” cinese: l’astronave di Pechino atterra da un mondo lontano, fa razzia e poi riparte.
Ovviamente, i media statunitensi e in parte europei hanno gettato benzina sul fuoco, denunciando tutto il modello cinese come un tentativo di espropriare i legittimi possessori di ricchezze naturali (da che pulpito), offrendo in cambio un ulteriore rafforzamento e arricchimento degli oppressori di turno (da che pulpito bis).
Dato che ora la Cina ha deciso di passare alla fase due del proprio divenire superpotenza, vuole cioè esercitare un proprio soft power fatto di export culturale, una correzione di rotta si imponeva. Come conquistare cuori & menti oltre che i portafogli?
Ecco la nuova strategia di Pechino: esportare soprattutto investimenti e know how, diminuire la quota di materie prime importate in Cina, ridurre drasticamente il flusso di forza lavoro cinese verso gli altri Paesi.
È un cambio di rotta che di fatto sancisce una trasformazione della stessa economia cinese.
Pechino punta all’efficienza energetica e ha diversificato le proprie fonti di materie prime. Le grandi imprese a partecipazione statale possono quindi permettersi di diventare un po’ meno “politiche” e di seguire una strategia più commerciale: creazione di industrie locali, con cui condividere i profitti, e di centri di innovazione, non solo nei Paesi di sviluppo.
Zhou Jiping ha per esempio annunciato a Reuters l’apertura di un istituto di ricerca a Houston, Texas, per migliorare le competenze del personale CNPC nella ricerca e nello sfruttamento dei giacimenti.
Inoltre, “i lavoratori cinesi non sono più a buon mercato – dice Chen Weidong della CNOOC – quando li trasferisci da casa loro a una località remota, devi fornirgli tutte le sistemazioni. E i costi si sommano.”
L’aspetto politico si aggiunge al cambiamento economico. Se è vero che Pechino ha una propria agenda per conquistare cuori & menti, non è detto però che questo corrisponda alle politiche dell’Occidente.
La Cina non sembra per esempio intenzionata a ridurre la propria presenza in Myanmar, Siria e Sudan, Paesi in cui multinazionali come Shell e Total non possono investire per ragioni del tutto politiche. Il principio di non intromissione negli affari interni degli altri Paesi per ora non si tocca.
Fonte: Ec Planet
Tobin tax, apertura ufficiale della tassazione e bagarre leghista al Senato
Il premier favorevole a tassare le transazioni finanziarie. Dal Carroccio cartelli contro la “manovra-rapina” che “ruba pensioni”
Mario Monti ha aperto alla possibilità di tassare il mondo della finanza. La Lega durante l’audizione del premier al Senato ha fatto scoppiare la bagarre contro la manovra. Il presidente di palazzo Madama, Renato Schifani, è stato costretto a sospendere la seduta e ha censurato l’esponente del Carroccio, Enrico Montani, per gli insulti rivolti questa mattina in Aula alla presidenza dopo la bagarre che ha interrotto più volte l’intervento di Monti. Il premier nell’informativa sul Consiglio europeo ha assicurato che l’Italia è più credibile in Europa e ha aperto alla Tobin tax per tassare le transazioni finanziarie.
E’ un intervento a singhiozzo quello del primo ministro sull’esito del Consiglio d’Europa, fermato più volte dalla Lega che ha criticato la “manovra-rapina” che “ruba pensioni” innescando una vera e propria bagarre in Aula.
Il presidente Schifani ha dovuto sospendere per 15 minuti la seduta. Sono volate parole grosse nei confronti del premier e del presidente del Senato da parte di alcuni, tanto che, riferiscono diversi senatori, sono riecheggiati in Aula anche insulti personali. In particolare, qualche senatore leghista si sarebbe rivolto con un “va a cagare” ai banchi della presidenza, senza che i testimoni potessero raccontare se riferito a Monti o a Schifani.
Inoltre, i senatori del Carroccio hanno esposto cartelli contro la manovra finanziaria: “Manovra Rapina” e “Rubano le pensioni” è quanto è stato possibile leggere. Il presidente del Senato, vista l’insostenibilità della situazione, ha sospeso la seduta per poi riavviarla dopo poco.
Tornata la calma al Senato e ripreso il suo discorso, il presidente del Consiglio, Mario Monti ha annunciato di voler cogliere il monito dei cartelli esposti dalla Lega (Basta tasse) per annunciare l’apertura dell’Italia, in sede europea, alla tassa sulle transazioni finanziarie. Secondo il Professore, il risultato del Consiglio Europeo dell’8 e 9 dicembre “non è stato per ora all’altezza delle nostre aspettative ma è stato abbastanza significativo”, in particolare sul tema degli eurobond che verrà inserito nel rapporto che van Rompuy, Barroso e Juncker presenteranno entro il 31 marzo, e sul rafforzamento dell’operatività del fondo salva-Stati.
Quanto al fondo salva-Stati, si va “verso il rafforzamento” della sua operatività, “sia con il potenziamento delle sue risorse sia affidando alla Bce il compito di operare come agente del fondo nella collocazione dei suoi titoli”. Inoltre “viene accelerata l’entrata in funzione del meccanismo europeo di stabilità” che sarà in vigore “con l’adesione di Paesi che rappresentano almeno il 90% degli impieghi finanziari”. Un dettaglio che “pu sembrare solo tecnico”, ma che significa che non ci sarà possibilità di veto da parte di piccoli Paesi e “si potrà procedere più speditamente”.
Infine Monti ha concluso il suo intervento annunciando la propria disponibilità a incontrare il Parlamento “in via preventiva” prima dei prossimi Consigli d’Europa, non dopo, come successo per quello dell’8 e 9 dicembre, esigenza dettata dalla “straordinaria urgenza”, ma questo non è bastato a sedare gli animi dei leghisti che hanno protestato contro il presidente del Consiglio per tutta la mattina. A fine intervento, infatti, i senatori del Carroccio hanno intonato il tradizionale coro ‘Vergogna, Vergogna’, mentre il resto dell’Aula applaudiva il premier.
Fonte: TMNews
Egitto, seggi aperti per seconda fase delle elezioni parlamentari
Alle urne, che saranno aperte anche domani, i residenti di nove dei 27 governatorati egiziani: Giza, Beni Suef, Menoufia, Sharqia, Ismailia, Suez, Beheira, Sohag e Aswan. La prima fase elettorale, in cui si è registrata un’affluenza del 52%, ha visto l’affermazione dei partiti islamici.
Sono circa 18,7 milioni i cittadini egiziani chiamati alle urne oggi per laseconda fase delle elezioni parlamentari, le prime consultazioni politiche dopo la caduta dell’ex presidente Hosni Mubarak. Sono chiamati al voto i residenti di nove dei 27 governatorati egiziani: Giza, Beni Suef, Menoufia, Sharqia, Ismailia, Suez, Beheira, Sohag e Aswan.
In totale sono 3.387 i candidati che si contendono un seggio nella nuova Assemblea egiziana. In base alla legge elettorale, i due terzi dei seggi saranno assegnati in base ai risultati dei partiti. Sarà possibile votare anche domani e le urne resteranno aperte fino alle 19 ora egiziana (le 18 in Italia).
La prima fase elettorale, in cui si è registrata un’affluenza del 52%, ha visto l’affermazione dei partiti islamici, in particolare dei Fratelli Musulmani che hanno ottenuto il 37% dei voti, seguiti dai salafiti di al-Nour con il 19%. Molti osservatori attendono una sostanziale conferma di questi risultati anche nella seconda fase. L’ultima sessione di voto per le parlamentari si terrà a gennaio.
Fonte: IGN Adnkronos
Giappone, caccia alle balene con fondi vittime tsunami
La denuncia viene da Greenpeace ed è di quelle che fanno riflettere soprattutto se si è stati tanto caritatevoli da fare un offerta per i danni dello tsunami che ha colpito il Giappone nel marzo 2011. L’associazione ambientalista denuncia il fatto che il Giappone avrebbe utilizzato parte dei fondi destinati alle vittime del terremoto e del disastro nucleare di Fukushima per finanziare la caccia alle balene. Oltre venti milioni sarebbero gli euro investiti in una pratica illegale. Il Giappone si è giustificato adducendo come motivo (e dunque confermando quanto sopra detto) che i soldi erano stati investiti in misure di sicurezza aggiuntive e per coprire i debiti della flotta, che molti villaggi dipendevano proprio dalla caccia alle balene per la propria sopravvivenza e che molte barche avrebbero subito danni dallo tsunami. Dunque, ai sensi della legge, il denaro sarebbe stato effettivamente riutilizzato per la ricostruzione post-terremoto.
Una risposta molto ironica e fuori luogo così come lo è il modo in cui il Giappone continua a cacciare indisturbato; oltretutto nelle acque antartiche, considerate da Australia e Nuova Zelanda il «santuario internazionale delle balene», dove questi animali dovrebbero godere della protezione da parte delle autorità, grazie anche al loro indiscutibile valore di attrazione turistica.
C’è da scommettere, visto quanto detto,che quest’anno la tradizionale caccia alle balene del Giappone non attirerà le critiche della comunità internazionale soltanto perché si tratta di una pratica barbara e, oltretutto, illegale: sulle autorità nipponiche grava la pesante accusa mossa da Greenpeace che ha immediatamente fatto il giro del mondo, destando unanime indignazione; quella di aver finanziato il programma annuale di caccia nei mari con denaro proveniente da fondi destinati alle vittime del terremoto e del disastro nucleare di Fukushima.
Fonte: Net1News