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“Agente Lemmy Caution, Missione Alphaville” di Jean-Luc Godard [1965]

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Big In France

Jean-Luc Godard non è il regista che fa film per tutti.
Sì, è vero che la nouvelle vague francese si pone su un piano “popolare”, escludendo fittizi moralismi che imperversavano all’epoca dei troppo aulici film del cinema du papa, ovvero il cinema classico francese, al quale gli esponenti della nuova corrente francese si contrapponevano. Ma è anche vero che, come il tempo non ha tardato a dimostrare, fu proprio la nouvelle vague a uscirne come il movimento cinematografico decisamente più elitario in circolazione, a causa delle sue teorie tutte incentrate su cosa e come dovesse essere rappresentato. A parte film come i 400 Colpi di François Truffaut del ’59 dove la fruizione è garantita ad ampie fasce di pubblico, la maggior parte dei film categorizzabili in questa corrente artistica furono opere di difficile comprensione, la quale spesso deve uscir viva dalla noia mortale che attanaglia alcuni lungometraggi.
Il regista più radicale di tutti è sicuramente Jean-Luc Godard.
Sin dal suo primo lungometraggio A Bout De Souffle del 1960 ha dimostrato di non voler aver nulla a che spartire con il cinema francese di quell’epoca. Movimenti di macchina fuori da qualsiasi logica preesistente, montaggi fulminei e spiazzanti che infrangono ogni regola del decoupage classico, scene girate direttamente per strada con attori che si atteggiano come i giovani d’allora si atteggiavano e non come si sarebbe dovuto atteggiare un attore per stereotipare la figura del giovane al cinema. Godard rivoluziona un po’ su tutti i fronti e su tutti i generi.
Spazia dalla commedia al musical, dal dramma di Vivre Sa Vie [forse il suo film più riuscito] al film a sfondo politico e sociale. A Godard non interessa molto la storia che deve essere rappresentata, bensì è tremendamente ossessionato dalla forma attraverso la quale farà passare il suo messaggio. La narrazione è soltanto un pretesto, così come il genere cinematografico.
In Alphaville l’estemporaneo regista affronta due temi a lui nuovi: la fantascienza e lo spionaggio.
La fantascienza è palesata dalla rappresentazione della fantasmagorica città del futuro Alphaville: una normalissima Parigi della quale ci sono precluse alla vista soltanto la Tour Eiffel e l’Arc Du Triomphe…
Lo spionaggio è portato come bagaglio dalla presenza del personaggio Lemmy Caution, interpretato da un “tostissimo” Eddie Constantine.

Detto ciò non aspettatevi né la fantascienza, né lo spionaggio.

Per Godard, come di consueto, questa è un’occasione come tante per esprimere il suo amore disilluso per Parigi, e il suo disprezzo per la società a lui contemporanea, fatta di esseri non pensati, guidati nel loro quotidiano da decisioni prese da macchine.
La forma registica è ovviamente particolare, di rottura, moltissime sarebbero le scene sulle quali soffermarsi nell’analisi ma sarebbe riduttivo e pretestuoso. Tutto è rivisitato e reinventato in opposizione alla messinscena classica.
Eddie Constantine è bravissimo nella sua parte di uomo duro, che sa come trattare uomini e soprattutto donne. E’ ciò che piace a Godard, in recupero di personaggi machi per antonomasia alla Humphrey Bogart, come già avevamo potuto ammirare con uno straordinario strafottente Jean Paul Belmondo nel già citato A Bout De Souffle.
Al fianco di Constantine troviamo una costante del cinema godardiano della prima metà degli anni ’60, ovvero una affascinante Anna Karina che all’epoca delle riprese era anche moglie del regista. Purtroppo il suo ruolo non è così penetrante come fu in Vivre Sa Vie, ma il suo sguardo così vago e malinconico è quasi un unicum nel cinema contemporaneo, e i molti sguardi in macchina accentuano questo aspetto che, nell’occasione, valorizza alla grande anche la particolare figura di Lemmy Caution.
Malgrado questo sia un film fuori dagli schemi, non gli è preclusa la possibilità di influenzare il cinema a venire. L’aspetto sicuramente più interessante da evidenziare in questo senso è il ruolo giocato dalla macchina pensatrice in grado di controllare la società. Alfa 60 è un embrionale HAL 9000 come lo vedremo in 2001: Odissea Nello Spazio di Stanley Kubrick appena tre anni dopo. E non solo nell’idea, ma anche nella realizzazione. Una luce che fissa l’uomo in ogni momento e lo giudica e gli dice cosa deve e cosa non deve fare. Non male.

Agente Lemmy Caution, Missione Alphaville è un film pesante, senza una storia coinvolgente, eppure l’ironìa onnipresente, la critica alla società e i funambolismi tecnici di Godard hanno garantito al film un considerevole gruppo di sostenitori.

Danilo Cardone

Fonte: Cinefobie

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